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Drug Italia, data sharing motore per la crescita

Drug Italia, data sharing motore per la crescita

Drug Italia, data sharing motore per la crescita

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Veronica Fumarola

Una realtà giovane, ma con un forte desiderio di migliorare e crescere. Si può sintetizzare così lo spirito di Drug Italia, l’unico consorzio italiano interamente dedicato al canale drug che vuole mettere a fattor comune le esigenze del comparto, creando una piattaforma capace di aggregare bisogni e obiettivi condivisi, fungendo da catalizzatore anche per altri operatori.

Il Consorzio, di cui fanno parte Risparmio Casa, Più Me, Caddy’s, Pilato e Vitulano, è nato a inizio 2023. Oggi vanta una quota di mercato del 24,53% (fonte: NIQ). Ma il piano di sviluppo va ben oltre e prevede una crescita del fatturato, un aumento dei punti vendita e una migliore gestione dell’offerta grazie a una visione dettagliata sia dei dati aggregati di Drug Italia, sia alla collaborazione strategica avviata con NIQ per il data sharing. Di questi obiettivi e delle sfide del comparto abbiamo parlato con Rosanna Ungaro, direttore generale del Consorzio Drug Italia.

Qual è il bilancio a due anni dalla nascita di Drug Italia?
Oggi Drug Italia riunisce oltre 1.000 punti vendita per un fatturato complessivo alle casse di circa 1,4 miliardi di euro. L’obiettivo che ci poniamo per il 2025 è proseguire nel percorso di crescita, puntando a un incremento del fatturato tra il +10% e il +15% con l’attuale compagine associativa. Ovviamente, prevediamo anche l'evoluzione strutturale del canale, quindi nuove aperture.

Il Consorzio ha lanciato di recente la sua prima marca privata: Kingar, un brand dedicato al pet food e pet care. Quali sono i prossimi step?
È una categoria sulla quale avevano già iniziato a lavorare i miei predecessori, ma che da maggio è ufficialmente presente a scaffale in tutti i punti vendita affiliati. A partire da giugno prenderà il via anche un piano di comunicazione strutturato, che coinvolgerà sia il punto vendita, con materiali tradizionali e attività di restyling dello scaffale, sia i canali digitali, grazie all’apertura di una pagina social dedicata al brand Kingar. Quest’ultima sarà concepita come una vera e propria vetrina del marchio, con collegamenti alle diverse insegne aderenti al consorzio, trattandosi appunto di una private label condivisa. Questo è solo uno dei tanti progetti aperti sul fronte della marca del distributore. Un ambito su cui stiamo investendo con decisione, convinti che possa rappresentare un importante driver di differenziazione e valore per l’intero canale.

Avete in programma il lancio di nuove linee?
L’idea di costruire insieme un marchio trasversale risulta particolarmente interessante. Non solo per le economie di scala che ne deriverebbero, e dunque per la possibilità di proporre al pubblico prezzi più competitivi rispetto ai marchi d’insegna o a quelli premium delle singole catene, ma anche per il valore simbolico dell’operazione. Un marchio condiviso rappresenterebbe infatti un impegno concreto del Consorzio a lavorare in modo coeso su progettualità comuni, non solo in ottica di acquisto, ma anche in termini di marketing e posizionamento strategico. Dal mio punto di vista, le categorie con maggiore potenziale, sia per l’interesse dei soci, sia per la risposta del mercato sono quelle degli integratori alimentari, del make-up e del personal care, in particolare nella skincare.

Perché proprio queste categorie?
Nel caso degli integratori, il consumatore tende ancora a rivolgersi prevalentemente al canale farmaceutico o parafarmaceutico, accettando anche punti prezzo elevati. Il canale drug, invece, si caratterizza per un posizionamento più competitivo e per una maggiore rotazione, attirando un target a reddito medio-basso. In questo scenario, una private label in grado di offrire prodotti efficaci a un prezzo accessibile potrebbe fare davvero la differenza, anche in linea con la crescente tendenza alla “democratizzazione del prezzo”. Lo stesso ragionamento si può applicare al make-up, una categoria da sempre molto “forte” per il canale drug, sia a volume sia a valore. Tuttavia, oggi sta subendo una flessione a causa della presenza di un player che sta lavorando in maniera efficace sia sul piano della comunicazione sia su quello del posizionamento prezzo. In questo contesto, una linea make-up a marchio del distributore, ben posizionata in termini di prezzo ma senza rinunciare a elementi di stile, rotazione e aderenza ai trend potrebbe rappresentare una proposta vincente. Naturalmente, la sostenibilità del progetto dipenderà dai prezzi di vendita che riusciremo a garantire al consumatore e dai margini che potremo assicurare agli imprenditori.

Con il recente accordo firmato con NIQ avete dimostrato di credere molto nel data sharing. Che valore aggiunto offre dal suo punto di vista?
Il data sharing non è certo una novità: da sempre i retailer, con modalità diverse, vi si sono approcciati. È una pratica consolidata a livello globale, funziona molto bene negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in diversi Paesi europei, ma in Italia il suo potenziale è ancora largamente inespresso, probabilmente perché non si è ancora compiuto un vero passo avanti verso la valorizzazione profonda del dato. Spesso ci si limita a vendere dati aggregati di gruppo o dati d’insegna, senza entrare nel dettaglio dei kpi o senza costruire insight realmente azionabili. Il dato, in questi casi, viene venduto solo per monetizzare, senza un’effettiva strategia di attivazione. Oggi, gli imprenditori del canale stanno comprendendo che è necessario stringere rapporti più profondi con l’industria, in una logica di vera partnership e non solo di scambio commerciale. Questo perché l’industria, in molti casi, possiede un know-how più avanzato su temi come il category management, il posizionamento a scaffale e l’analisi delle promozioni. La condivisione del dato può quindi favorire una crescita reciproca, contribuendo a colmare lacune che nel canale drug sono ancora presenti.

Come funziona nel dettaglio il tool di NIQ?
Ogni fornitore avrà accesso personalizzato al tool online che restituirà una serie completa di statistiche, con una vista dettagliata sia sul dato aggregato di Drug Italia, sia sulle singole insegne consorziate. Ed è questo il vero punto di forza del Consorzio Drug Italia, rispetto ad altri consorzi che propongono strumenti analoghi. Per ciascuno di questi player sarà possibile analizzare nel dettaglio tutto ciò che passa alle casse nelle categorie in cui il fornitore opera, con una risalita strutturata dal codice Ean fino ai livelli superiori. Questa profondità di dati sarà disponibile anche per i competitor. Perché per valutare correttamente l’efficacia di una promozione è fondamentale confrontarsi con l’intero contesto competitivo e non solo con le proprie performance. I kpi a disposizione saranno quelli classici e indispensabili per questo tipo di analisi: vendite a valore con relativi trend, vendite a volume espresse sia in litri sia in confezioni, e naturalmente i dati di pricing. In particolare, il sistema restituirà informazioni dettagliate su prezzo medio, minimo, massimo, prezzo promozionale e prezzo fuori promo. Attraverso questi indicatori sarà possibile, ad esempio, calcolare il venduto in promozione e, per differenza, stimare la baseline. In sintesi, il tool fornisce tutti i kpi necessari per effettuare valutazioni approfondite sia in termini di dinamiche assortimentali sia nell’analisi dei risultati promozionali. Il consorzio può indicare linee guida strategiche e promozioni nazionali, ma la gestione concreta degli assortimenti e di molte iniziative promozionali resta in capo ai singoli soci. Ed è proprio per questo che avere un dato leggibile e attivabile a livello di insegna fa la differenza: permette di calibrare le azioni in modo puntuale, rispondendo meglio alle dinamiche del mercato locale e valorizzando davvero la collaborazione tra industria e distribuzione.

Il progetto è già attivo?
Il database è pronto e funzionante. Tutte le insegne trasmettono settimanalmente a NIQ i dati di sell-out provenienti dagli scanner di cassa e NIQ li aggrega e armonizza. La “storicità” parte da giugno 2023. I rilasci dei dati saranno effettuati su base mensile. Il primo è previsto proprio a giugno. La banca dati, quindi, è già completa e strutturata. Man mano che i fornitori ottengono le credenziali di accesso, stiamo attivando le singole utenze. Il servizio, interamente online, è pensato per essere facilmente accessibile: ciascun utente può connettersi e consultare i dati in autonomia. La piattaforma è stata progettata per essere estremamente user friendly: i dati sono interrogabili in modo intuitivo e facilmente esportabili.

Quali passi in avanti vi permetterà di compiere questo nuovo modello e quali vantaggi pensate possa garantirvi rispetto alla concorrenza?
Il progetto ci consente di essere più efficaci nelle negoziazioni con l’industria di marca, e il vantaggio è reciproco. Così come si parla sempre più spesso di democratizzazione dei prezzi, oggi si parla anche, giustamente, di democratizzazione dei dati. Il dato deve essere accessibile a tutti, non solo a chi lavora nei dipartimenti di shopper marketing o di ricerca di mercato. È fondamentale che le informazioni siano a disposizione soprattutto delle aree commerciali dell’industria di marca, ovvero di coloro che si confrontano direttamente con i buyer e gestiscono le trattative. Democratizzazione significa anche questo: arrivare agli incontri preparati, da entrambe le parti, con una base dati condivisa e oggettiva, che consenta di costruire proposte concrete e coerenti. Prima, spesso, le negoziazioni si riducevano a dinamiche un po’ meccaniche, senza un’adeguata base analitica a supporto. Oggi, invece, possiamo affrontare i meeting con cognizione di causa, perché abbiamo a nostra disposizione i numeri. Il vero valore aggiunto, per noi, è la possibilità di affrontare le trattative non più come un semplice braccio di ferro, ma come un confronto fondato su dati concreti. Inoltre, come Consorzio, disponiamo di un dato con un livello di dettaglio superiore rispetto a quello della concorrenza. Questo ci permette non solo di analizzare con precisione le performance delle singole insegne, ma anche di valutare il contributo specifico di ciascuna al totale consortile, elemento essenziale per pianificare strategie comuni e coerenti.

Quali sono le sfide che il settore drugstore dovrà affrontare nel prossimo futuro?
Secondo me, è fondamentale osservare cosa accade all’estero. In Italia, gli specialisti drug stanno sicuramente guadagnando quote di mercato, ma a discapito delle altre insegne specialiste. La vera sfida, invece, è riuscire a conquistare quote non solo all’interno del canale drug, ma soprattutto sottrarle al mondo food. Il consumatore deve essere messo nella condizione di riconoscere il valore distintivo dei drugstore quando si tratta di categorie come cura casa e personal care. Deve capire che questi acquisti vanno fatti nei negozi specialisti, perché qui trova assortimenti più ampi e profondi, più novità, e un’offerta commerciale generalmente più vantaggiosa. Questa consapevolezza, all’estero, è già radicata. In Italia, invece, il canale drug deve ancora ritagliarsi questo spazio.

Su cosa è necessario lavorare per garantire anche nei prossimi anni la crescita del canale?
Il canale drug è in espansione, ma come spesso accade, dopo una fase iniziale di forte crescita, arriva il momento in cui il ritmo rallenta fisiologicamente. È fondamentale, quindi, non farsi trovare impreparati quando questo accadrà. Bisogna abbandonare una logica puramente tattica – apro il negozio, faccio la promozione – e iniziare a ragionare in termini strutturali, andando più a fondo nell’analisi dei comportamenti e delle aspettative del cliente. La vera sfida, oggi, è iniziare a costruire veri e propri piani industriali, ragionando sul medio-lungo periodo, dotandosi degli strumenti analitici necessari per affrontare questa evoluzione. Il canale drug è ancora giovane, e in molti casi mancano procedure strutturate, flussi organizzativi consolidati, visione strategica. Ed è proprio qui che può entrare in gioco una partnership più solida con l’industria, che anche attraverso il data sharing può farsi promotrice di progettualità e facilitare lo scambio di know-how. Infine, c’è una caratteristica tutta italiana da considerare: il mercato è estremamente frammentato, con tantissime insegne e quote molto suddivise. Prima ancora di pensare a operazioni di acquisizione, credo sia più utile promuovere forme di associazionismo, modalità concrete per mettere a fattor comune esigenze, strumenti e risorse. Questo, secondo me, è il vero valore di un Consorzio specializzato come Drag Italia: creare sinergie dove il singolo, da solo, farebbe più fatica.

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