L’area studi di Mediobanca presenta l’aggiornamento annuale dell’indagine sul settore vinicolo italiano e internazionale. Sotto la lente 136 società produttrici con fatturato superiore a 25 milioni di euro, comprese 14 tra le maggiori società internazionali quotate, con giro d’affari oltre i 150 milioni di euro. “La crescita del fatturato 2015 dei maggiori produttori italiani (+4,8%) proviene dall’export (+6,5%) e dagli spumanti (+10%) che hanno venduto oltre confine il 15,2% in più – spiega il documento -. Meno dinamici i vini non spumanti (+3,7% complessivo, +5,1% l’estero). L’insieme dell’industry mostra comunque importati segnali di tenuta anche sul mercato domestico (+3,1%)”.

Gli spumanti cavalcano l’onda spingendo gli investimenti (+37,2% nel 2015), ma in generale tutto il settore rimane vivace, con investimenti in crescita del 18 per cento.

Nel 2015 Cantine Riunite-Giv, con 547 milioni di fatturato (+2,7% sul 2014) si conferma il maggiore gruppo italiano. Sul secondo gradino rimane la cooperativa emiliana Caviro, con 300 milioni (nonostante una perdita del 4,4%), mentre prosegue la crescita di Antinori (+8,7%), che conquista la terza posizione (202 milioni), primo gruppo italiano non cooperativo.

Ancora meglio fa Zonin, che diventa il quarto gruppo nazionale, con vendite per 183 milioni (+14,3% sul 2014). Poi di nuovo una cooperativa, la trentina Mezzacorona, quinta a 175 milioni (+2,1%). La divisione vini di Campari paga la crisi russa e, dalla terza posizione, scivola alla sesta, con 171 milioni (-18,2%).

Il record di crescita nel 2015 va alla cooperativa trevigiana La Marca, che passa da 60 a 76 milioni (+25,1%), seguita da Ruffino che sale da 81 a 94 milioni (+17%). Gli altri campioni di crescita sono la trevigiana La Gioiosa (+16,7%), le venete Zonin (+14,3%) e Botter (+12,5%), Frescobaldi (+10,7%) e la cooperativa veronese Collis (+10,2%).

Se invece si considera la proiezione estera la medaglia d’oro va a Botter, che realizza all’estero il 94,5% del fatturato 2015, seguita da Ruffino (93,1%), Fratelli Martini (88,8%) e Masi Agricola (88,4%).

I top performer di redditività 2015 sono Antinori (utile su fatturato al 18,8%), Frescobaldi (17,5%), Santa Margherita (12,1%), Botter (10,9%), Ruffino e Masi (10,2%).

La classifica dei produttori in base alla forza dei loro bilanci - basata su un indicatore di sintesi delle performance economiche e patrimoniali del 2014 - vede in testa le venete Botter e Contri. Seguono la piemontese Fratelli Martini, la veneta Masi Agricola e ancora la toscana Frescobaldi. Veneto e Toscana sono le regioni più virtuose, con roe (11,6% e 6,2%) e roi (9,9% e 7,5%) elevati, forte propensione all’export (58,2% e 65,8%) e alta produttività (100.000 e 79.000 euro per dipendente).

Il capitale netto delle 87 Spa vinicole italiane ammonta a circa 2,4 miliardi di euro. In base ai multipli di Borsa delle società quotate sui mercati internazionali se ne può stimare indicativamente il valore di mercato in 3,3 miliardi, con un “premio” sul valore contabile pari a circa il 40%.

Il 2015 ha portato con sé una novità importante: la prima quotazione di due società vinicole italiane: Italian Wine Brands (Giordano Vini e Provinco) nel mese di gennaio e Masi Agricola, della famiglia Boscaini, nel mese di giugno.

Investire nel vino quotato in Borsa sembra essere un ottimo affare: da gennaio 2001 l’indice di Borsa mondiale del settore vinicolo è cresciuto del 449% (moltiplicando di 4,5 volte il suo valore da gennaio 2001), ben al di sopra delle Borse mondiali che hanno segnato un più modesto progresso dell’86%. Ma bisogna scegliere Paesi (e società) giusti: in Nord America il vino ha reso 7 volte la Borsa nazionale, quasi il doppio in Francia, il 65% in più in Australia e il 35% in Spagna. In controtendenza invece Cina e Cile, che, sempre rispetto alla Borsa nazionale, hanno registrato performance fino al 50% inferiori.


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