L’operazione porterà anche in dote molti brand locali di vodka e gin, oltre al raki, un liquore di anice molto diffuso in Turchia e noto anche come “latte di leone”. Secondo le previsioni di Diageo giocano a favore di uno sviluppo del mercato degli alcolici in Turchia sia la rapida crescita di una classe media a discreto reddito sia l’invidiabile tasso di natalità.
Costituisce invece un’incognita l’orientamento politico del Paese nel quale la religione musulmana è molto radicata e capace di influire sulla normativa nazionale. Come noto l’Islam vieta il consumo d’alcol e il governo turco, spesso altalenante nel suo orientamento laico fino a un certo punto, potrebbe emanare provvedimenti restrittivi in questo senso. A gennaio, ad esempio, dopo aver incrementato del 30% le tasse sugli alcolici ha vietato che le marche del settore sponsorizzassero squadre sportive, ha imposto regole limitanti la pubblicità e confinato le vendite in locali specializzati.
Diageo, che realizza i due terzi del suo fatturato nei paesi sviluppati, mira ad ampliare la sua presenza nelle nazioni in via di sviluppo, dove i consumi di alcolici sono ancora contenuti. Da qui la recente decisione di rilevare anche il 24% di una fabbrica di liquori vietnamita per 39 milioni di euro e di avviare una joint venture in Cina per la produzione dello Shui Jing Fang, un’etichetta di baijiu, un white spirit locale.