Si presentano come decisamente in crescita i conti dell’esercizio chiuso ad agosto della giapponese Fast retailing, il conglomerato che controlla, fra l’altro, al 55%, l’insegna di grandi magazzini Uniqlo.
Le vendite sono state, in euro equivalenti, di 7,1 miliardi, in salita di quasi 19 punti percentuali, mentre gli utili hanno messo a segno 540 milioni, con uno sviluppo del 24% circa. Ma si temono risultati meno brillanti per l’anno fiscale in corso, quando il fatturato metterà a segno “solo” un +5,1% e i profitti, si reputa, cederanno circa il 17%.

Uniqlo fungerà da salvagente - mentre nel 2010 ha accusato un settembre difficile, in quanto la calura ha rallentato la vendita di capi autunnali, con una flessione della domanda del 25% in Giappone – e macinerà un fatturato internazionale di 100 miliardi di yen (+37,4)%.

Uniqlo, il cui arrivo in Italia – e precisamente a Milano - dovrebbe essere imminente (fine 2010-inizio 2011), anche se la data viene di continuo spostata in avanti, ha un fitto programma di opening: 60 magazzini diretti in Patria. Ci saranno però anche 24 chiusure dovute a una razionalizzazione della rete.
L’insegna, nel corso del 2010 si è espansa in Malesia, mentre in autunno ha lanciato una campagna di inaugurazioni su Taiwan, Sud Corea, Cina, Hong Kong.
Da segnalare anche la presenza di Uniqlo a New York, Parigi e Londra.

Attualmente Uniqlo rappresenta la posta più importante del giro d’affari di Fast Retailing, con una fetta dell’85%, anche se la holding nipponica possiede altri marchi del calibro di Comptoir des Cotonniers e Princesse Tam Tam.

Uniqlo vanta nel mondo quasi 1.000 negozi e vende 400 milioni di articoli. Il magazzino di Soho, a New York, totalizza 24.000 clienti al sabato. Un bel competitor, quando arriverà nella Penisola, per le nostre catene locali e per i colossi Zara e H&M.