Nonostante la recessione, che la stessa Coop ha sottolineato durante la presentazione del suo rapporto annuale sui consumi, il gruppo guidato da Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione, non intende fare retromarcia sullo sviluppo della rete, sviluppo diretto a presidiare, in un’ottica di servizio al cliente, anche le aree normalmente non coperte dai competitor.

Il piano di investimenti formulato per il biennio 2011-2013, prevede uno stanziamento di 500 milioni e l’inaugurazione di ben 55 nuove strutture, di cui 44 supermercati e 10 ipermercati, per 125.000 mq di superficie. La stima di fatturato a regime si attesta sui 950 milioni di euro.

Ma l’iper, come formato non era in crisi? “E’ una crisi del tutto relativa – risponde Tassinari -. Per gli ipermercati bisogna sapere scegliere la formula  giusta e la location opportuna”.

E prosegue: “Il nostro piano di sviluppo pone una certa enfasi sulle private label”.  In effetti, andando a confrontare, nell’arco cronologico 2007-2011 i dati Nielsen sulla diffusione del marchio privato in Italia con quelli inerenti al peso del prodotto Coop sul largo consumo confezionato, si scoprono cose molto interessanti. Nel 2007 la quota del gigante cooperativo era sul 20,6%, contro una media nazionale delle pl di appena il 13,2%. Nel 2008 i dati passavano rispettivamente a 22,3 e 14,2%. E nel primo semestre del 2011 la situazione è la seguente: Coop 24,6%, marchio privato in genere 16,5%.

L’analisi, oltre a testimoniare la crescente affezione degli italiani per la marca del distributore, testimonia ovviamente l’impegno del colosso cooperativo in questa particolare area di business.

“Con le nostre aperture genereremo altri posti di lavoro – chiosa Ernesto Dalle Rive, presidente del Consiglio di sorveglianza di Coop Italia -. A fronte di tale impegno e di una storica continuità nel duplice obiettivo di salvaguardare qualità e potere di acquisto delle famiglie, oltre che occupazione stabile, risulta francamente incomprensibile l’accanimento fiscale nei confronti delle cooperative di consumo, che rappresentano già la forma cooperativa che ha una maggiore imposizione rispetto alle altre”.