L’italianità fa la differenza negli acquisti

L’italianità fa la differenza negli acquisti - Distribuzione Moderna

L’italianità fa la differenza negli acquisti

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redazione

Quando si tratta di scegliere i prodotti al supermercato, gli italiani hanno pochi dubbi, l’italianità fa la differenza e molti sono convinti che il comportamento d’acquisto aiuti anche a far sentire la propria voce. Questa è una delle principali evidenze che emergono dal Behavior Change Report di YouGov, il rapporto semestrale che illustra in dettaglio come si evolvono le esigenze, le scelte e le preferenze di oltre 15.000 acquirenti in 21 paesi d’Europa giunto alla nona edizione.

Entrando nello specifico, le rilevazioni appaiono sorprendenti perché in parte in controtendenza con la spensieratezza e la scarsa attenzione alla responsabilità che spesso si attribuiscono ai consumatori del nostro Paese: infatti quasi due italiani su tre (64%) credono di influenzare la società con le proprie scelte quotidiane di acquisto, una percentuale ben al di sopra della media europea (44%). In un contesto generale di timore per la stabilità politica ed economica globale (79%), in Italia i consumatori si dichiarano preoccupati soprattutto per il cambiamento climatico (45% a fronte del 33% dei paesi Ue) ancor più che per il bilancio famigliare (40% vs. 48%) o la salute fisica (41% vs. 36%). Depone ulteriormente a vantaggio delle famiglie del Belpaese il fatto che il loro attivismo si declini attraverso un atteggiamento positivo: rispetto alla media europea prevale il supporto, attraverso l’acquisto di prodotti locali (50% contro il 45%) o nazionali (46% vs. 40%) a discapito di scelte come il boicottaggio (che, per ragioni diverse, sta tornando in auge in altri paesi del vecchio continente come la Danimarca o la Serbia) che in Italia raccoglie adesioni molto basse (19%).

Identità forte nel carrello della spesa
Il 47% degli italiani afferma che rafforzerà il proprio sostegno ai produttori locali nei prossimi sei mesi, un dato che migliora la percentuale già alta (39%) registrata lo scorso anno: non è un caso quindi che il 75% dei consumatori preferisca acquistare marchi locali e l’83% prodotti made in Italy, testimoniando un sentimento comunitario di appartenenza che, nel paese dei mille campanili, è particolarmente forte nel sud dove si identificano con la propria regione il 33% degli intervistati (la media nazionale si attesta al 15%).

Questo legame emotivo, unito a una solida strategia di distribuzione e promozione ancorata alla narrazione regionale, è alla base del successo commerciale di alcuni brand fortemente radicati nel territorio: i marchi di pasta La Molisana e Rummo, per esempio, hanno visto la loro penetrazione crescere significativamente (rispettivamente dal 40,1% al 44,4% e dal 27,5% al 39,3%) tra il 2022 e il 2024.  In un altro settore, la birra pugliese Raffo ha cavalcato con successo l’appeal locale scalando 53 posizioni nell’ultima classifica YouGov Brand Footprint per le bevande, con un valore aumentato del 170% e la penetrazione balzata dall’1,8% al 10,2% nell’ultimo anno.

Se la preferenza per i prodotti locali è la caratteristica più tipica degli italiani, soprattutto con la funzione “sociale”, i principali fattori che influenzano il comportamento d’acquisto sono la qualità (41%), gli sconti e le promozioni (40%) ed evitare gli sprechi (38%). Un italiano su cinque (21%) si dichiari aperto alle novità, con picchi per le referenze per la cura della persona (38%), i detersivi e i detergenti (37%), i dolciumi e i biscotti (37%), i prodotti lattiero-caseari (34%) e il pane e i prodotti da forno (28%). L’applicazione dell’intelligenza artificiale all’esperienza d’acquisto incontra ancora un certo scetticismo: la maggioranza dei consumatori (40%) chiede maggiori informazioni ma la quota di chi vorrebbe si fermasse (32%) prevale rispetto a quella che ne vede i benefici (28%).

Europa più prudente
Prudenza e tradizione sembrano le parole d’ordine degli italiani per far fronte a uno scenario diffuso di incertezza globale e difficoltà economiche, in cui gli acquirenti europei continuano a adattare il proprio comportamento a un diffuso pessimismo. Fortemente preoccupati per la stabilità globale (71%), gli intervistati indicano le difficoltà economiche e la sicurezza personale e della propria famiglia come i principali timori, seguiti dal benessere fisico, il cambiamento climatico e l’immigrazione. Risultano in crescita i principali indicatori a salvaguardia del potere d’acquisto, come il controllo dei prezzi dei prodotti, l’attenzione alle promozioni, il tentativo di contenere il costo del carrello della spesa, cucinare in casa e abbandonare i marchi premium a favore di altri meno costosi.

Tutto questo si riflette inevitabilmente anche nella scelta dei canali, a beneficio degli hard discounter: gli unici a presentare un saldo positivo nel confronto tra il numero dei rispondenti che dichiara l’intenzione di utilizzare più spesso quel canale d’acquisto e quello di chi invece intende ridurre le occasioni di spesa lì.

Quality first 
Solo la qualità del prodotto risulta indirizzare gli acquisti più delle scelte a salvaguardia del risparmio. Gli acquirenti sono facilmente divisibili tra quelli che faticano a far quadrare il bilancio famigliare e quelli invece che ci riescono più comodamente, con comportamenti d’acquisto che naturalmente evidenziano priorità e necessità differenti: i primi si aspettano un peggioramento della propria situazione (65%) rivolgendosi volentieri verso la private label (62%) probabilmente in funzione di risparmio, poiché quasi tre su cinque (59%) fanno attenzione al prezzo della spesa quotidiana. Viceversa, i consumatori più tranquilli dal punto di vista economico mostrano una grande predisposizione nei confronti delle novità (70%) e fiducia che la loro capacità di risparmio rimarrà invariata (62%).

La polarizzazione in corso tra la popolazione europea e quanto l’aumento dei prezzi impatti in maniera differente sono evidenti anche dall’analisi di quanto incidano i generi alimentari nella distribuzione totale del bilancio famigliare, che varia dalle basse percentuali dei paesi più benestanti (14% in Austria e 15% in Germania, Danimarca, Svezia e Olanda) al 44% dell’Ucraina, passando per il 35% della Romania e il 41% della Serbia. L’attenzione verso il green sembra risentire di questo ridotto differente potere d’acquisto e sorprende che perfino i solitamente ecologici danesi si aggiungano a bulgari, croati e serbi nella lista di coloro che si dichiarano meno disponibili a pagare per caratteristiche di sostenibilità.

Benessere, interesse comune
C’è però una tendenza che unifica davvero gli europei: l’attenzione al benessere. Superano il 30% i consumatori che dichiarano di fare abbastanza esercizio fisico quotidiano e di rinunciare all’alcol, inoltre tra le principali tendenze emerge quella sugar free. Le bevande energetiche o funzionali rappresentano la categoria con la crescita più veloce in Bulgaria, Polonia e Romania ma anche in Belgio e in Austria, mentre si trovano al secondo posto in Olanda e Germania. La crescita di penetrazione negli ultimi due anni del marchio Le Naturelle in Italia (dal 34% al 40,7%) è praticamente sovrapponibile a quella di OnlyBio (dall’11,9% al 18,7%) in Polonia. In un anno il segmento della salute in Germania ha registrato un incremento del 10,3% con picchi per le polveri dimagranti e i frullati proteici (+25,1%) e gli sports/energy drinks (+12,9%). Essere “in forma” è quindi un obiettivo primario per molti europei e i consumatori indirizzano sempre di più le proprie scelte allo star bene individuale, probabilmente in risposta al concomitante clima di incertezza sul futuro.

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