Infobip ha condotto un’indagine globale sui brand operanti nei settori finance, healthcare, retail e telco, che rivela che solo un'azienda su tre è preparata per una vera CX conversazionale.
Analisi dei dati
Grazie a un’indagine globale, che ha coinvolto i dirigenti di aziende con più di 500 dipendenti che operano nei settori finance, healthcare, retail e telco, Infobip, piattaforma globale di comunicazione cloud, analizza come i brand stanno adottando la Conversational CX e qual è il loro livello di maturità.
Investimenti e tecnologie
Nonostante l’aumento degli investimenti in tecnologie digitali e l’apparente diffusione di strategie omnichannel, molte aziende non riescono ancora a offrire una conversational CX all’altezza delle aspettative dei clienti. In media oggi i brand utilizzano circa sei canali di comunicazione – sms, live chat, in-app messaging , social media (Instagram, Messenger), WhatsApp ed e.mail, ma solo il 33% riesce a integrarli pienamente e appena il 36% dispone di sistemi interconnessi in grado di supportare customer journey automatizzati e coerenti.
Criticità strutturali
Alla base di questo divario ci sono alcune criticità strutturali. Spesso i diversi reparti, come marketing, vendite, assistenza, utilizzano piattaforme separate, che non comunicano tra loro con conseguenti customer journey discontinui, difficili da automatizzare e impossibili da personalizzare su larga scala. Un altro ostacolo è rappresentato dalla limitata adozione di strumenti tecnologici avanzati: solo il 30% delle aziende utilizza dei journey builder per progettare e gestire i flussi conversazionali, e poco più della metà ha integrato una Customer Data Platform (CDP) in grado di centralizzare e attivare i dati dei clienti in tempo reale. Queste lacune impediscono di sviluppare una visione unificata del cliente e di implementare un’automazione realmente efficace con interazioni poco fluide, risposte generiche, clienti frustrati e opportunità perse in termini di conversione, fidelizzazione e soddisfazione.
Maturità del brand
Per poter definire la maturità di un brand in termini di Conversational CX è importante analizzare il percorso, cioè quanto i customer journey garantiscono un'esperienza fluida e coinvolgente, e la sofisticazione, ossia quanto sono avanzati gli strumenti e i sistemi.
“Molti brand pensano di essere maturi sul piano conversazionale solo perché utilizzano chatbot o hanno attivato più canali digitali, ma senza una reale orchestrazione e un uso strategico dei dati si rischia di creare più confusione che valore per il cliente”, ha dichiarato Vittorio D’Alessio, Country Manager Italy di Infobip. “Per questo abbiamo creato il benchmark Conversational CX Maturity, per aiutare i brand a capire in che misura comunicano efficacemente con i clienti e in quali aree possono migliorare”.
Dall’indagine di Infobip emerge che i brand coinvolti sono leggermente al di sopra del livello medio di maturità, ma devono intraprendere percorsi per poter far crescere la propria Conversation CX. Grazie ad agentic AI, automazione, app di chat, large language model e soprattutto alla grande quantità di dati, le aziende possono raggiungere un livello di CX Maturity adeguato per offrire la coversational experience altamente personalizzata, richiesta dai consumatori di oggi.
Visione a 360° del cliente
Il primo passo è sicuramente la visione a 360° del cliente attraverso i dati provenienti da tutte le fonti – sito web, app, social media, punti vendita e assistenza – che una volta uniti grazie a strumenti integrati permottono di costruire un profilo completo per capire le preferenze e le esigenze e persino prevedere ciò che vorrà visualizzare.
Automazione nelle interazioni
L’automazione nelle interazioni con i clienti è un secondo passo e nonostante l’89% dei brand l’abbia implementata, questo non è sinonimo di maturità. Dipende, infatti, dal modo in cui viene utilizzata: l'automazione di base segue regole fisse per gestire compiti semplici, mentre l'agentic AI, imparando da ogni interazione, adattandosi a situazioni diverse e migliorando nel tempo, è considerata la forma più avanzata, che offre customer experience più intelligenti e personalizzate.
Automazione sull'assistenza
Inoltre, la maggior parte (82%) concentra l'automazione sull'assistenza, ma risulta essere in difficoltà nel marketing e nelle vendite. Il 70% utilizza i chatbot per accelerare le risposte e gestire le richieste di base, evidenziando un buon livello di maturità, ma molti brand fanno ancora grande affidamento sull’operatore, rallentando il percorso verso la Converational CX, e solo il 17% dispone di chatbot GenAI , che agiscono in modo più indipendente, gestendo i flussi di lavoro e migliorando nel tempo in modo da ridurre la pressione sugli operatori umani e aumentare la soddisfazione dei clienti.
Inoltre, la metà dei brand lamenta che i call center sono sovraccarichi poiché gli operatori gestiscono quasi tutte le richieste ma grazie all'agentic AI, che può occuparsi delle attività di routine, quest’ultimi potrebbero concentrarsi su attività complesse che richiedono pensiero critico e problem solving, e potenziare sia il marketing che le vendite con insight predittivi e offerte personalizzate. Ad esempio, può vagliare i lead in arrivo, analizzare il comportamento e i modelli di engagement e qualificarli automaticamente in base alla probabilità di conversione, così da permettere ai team sales di concentrano solo su lead di alta qualità, rendendo il processo di vendita più rapido ed efficiente.
“Per crescere nel digitale, i brand devono puntare alla Conversational CX Maturity: significa integrare i canali, usare l’AI in modo strategico e conoscere a fondo i clienti. Dobbiamo andare oltre i chatbot tradizionali, verso sistemi intelligenti e proattivi che offrano esperienze personalizzate. L’Agentic AI è la chiave per raggiungere questo livello. Ma la vera maturità si misura nel mettere il cliente davvero al centro. Chi lo fa ottiene risultati concreti: più soddisfazione, fidelizzazione e vantaggio competitivo”, ha concluso D’Alessio.