di Emanuele
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“Gli italiani hanno voglia di socialità e l’Horeca sta lavorando molto bene.
Riassorbendo
anche una parte della domanda trasferita alla Gdo durante la pandemia. Gli
eventi pubblici si stanno realizzando normalmente, compresi i grandi concerti, ma
il turismo estero è ritornato solo in parte e prevale ancora un tipo di turista
mordi e fuggi”. Questo il quadro tracciato, in un pomeriggio di caldo
asfissiante, da Michele Cason, manufacturing director di Birra Peroni ed ex
presidente di Assobirra.
Poi Cason aggiunge: “Con il mondo del retail avevamo programmi molto puntati,
ma ogni previsione è stata stravolta. Prevale un clima d’incertezza e incombe l’aumento
dei prezzi”. L’inflazione è stata innescata dal boom delle materie prime agricole
e dal balzo dell’energia e dei trasporti. Per esempio, in 12 mesi il prezzo
dell’orzo nazionale si è impennato del 63% e quello comunitario del 51%. L’Italia
importa il 60% del fabbisogno di orzo.
“Finora gli aumenti sono stati scaricati al consumo in misura molto limitata -
sottolinea Cason -, anche perché le multinazionali hanno contratti di fornitura
a lungo termine. Ma i nuovi contratti dei prodotti agricoli dovranno essere
sottoscritti entro l’estate e quindi, in autunno, i listini dovranno farsi
carico dell’evoluzione delle quotazioni internazionali”.
Si riduce la forbice
L’anno
scorso la grande distribuzione ha calamitato il 67,4% delle vendite di birra
contro il 32,6% del fuori casa. Quest’anno il divario si sta riducendo.
Nell’anno mobile giugno 2021/maggio 2022, Iri rileva che le vendite nella Gdo
sono calate a volume del 2,5% mentre a valore hanno sfiorato i 2 miliardi, con
una flessione dell’1%. Causa lockdown, nel 2020 il balzo era stato del +9,1% e
nel 2021 del +5,4% a valore.
Iri rileva che l’anno scorso è continuato il processo evolutivo della domanda
verso birre di fasce premium e superpremium a discapito dei segmenti mainstream
e, ancora di più, del saving. E’ quindi aumentato il valore delle vendite
nonostante nel mainstream la pressione promozionale rimanga elevata: il 54% a volume.
A conti fatti, le bionde chiare sotto e sopra i 5,5 gradi si ritagliano vendite
per 1,7 miliardi di euro (perdono il 2%), ma le birre speciali (bianche, rosse,
lambic, scure, aromatizzate) trainano la crescita, con una quota a valore di
circa il 30%.
Nonostante la ricerca della qualità, non va sottovalutato il peso del canale discount:
ha il 27% dei volumi e circa il 22% del fatturato della categoria. Oggi nella
distribuzione moderna, i primi tre produttori, Heineken, AbInBev e Peroni,
rappresentano, a valore, il 63% del mercato. Seguono le private label con il 10%.
Report Assobirra
Nonostante l’incertezza,
per quest’anno gli addetti ai lavori si aspettano un nuovo record dei consumi,
dopo quello della produzione del 2021. Infatti nel 2021, quasi tutti i big
della birra hanno portato la produzione oltre i livelli del 2019.
Il leader di mercato Heineken ha stabilito il record storico con oltre 7 milioni
di ettolitri, 357 mila in più del 2019. E ha arrotondato la quota di produzione
dal 31,5% al 33,7%. Il diretto concorrente Peroni ha fatto meglio del 2020, ma
la produzione di 3,6 milioni di ettolitri è inferiore di 212 mila ettolitri al
2019; la quota è del 17,3%. AbInBev è ritornata sui livelli di due anni prima
con una quota di produzione del 9,5%. Anche Carlsberg e Birra Castello hanno
arrotondato, rispettivamente al 5,6% e al 5,5%.