Quando c’è la salute, c’è tutto. Ma è proprio vero? In linea di massima sì, ma, dovremmo aggiungere, ci vogliono almeno un po' di soldi. Infatti, anche nel 2024, il risparmio delle nostre famiglie si è ampliato. Le due cose, come vedremo, si incontrano, specie quando si parla di prezzi.
Sul risparmio, appunto, verte un recentissimo rapporto di Fabi (Federazione dei bancari italiani), il quale dimostra che, durante lo scorso anno, il patrimonio finanziario dei nostri connazionali è di nuovo cresciuto, superando, per la prima, volta la soglia dei 6mila miliardi di euro. Parliamo, per la precisione, di 6.030 miliardi, in aumento di oltre 249 miliardi sul 2023 e con un delta positivo del 4,3 per cento.
Prezzi migliori, etichette più chiare
L’osservazione sarà pure un po’ cinica, ma si riflette sui consumi: si risparmia per prudenza, ma anche per ciò che ha veramente un valore e che ha un prezzo equo, penalizzando beni giudicati, a torto o a ragione, costosi in confronto a una determinata soglia psicologica che, per quanto soggettiva, diventa legge.
E questo vale anche per il salutismo. Secondo NielsenIQ, che ha appena diffuso la ricerca internazionale (19 Paesi) Global State of Health & Wellness 2025: navigating the shift from health trends to lifestyle choices, se, da un lato, il benessere resta un importante driver di acquisto, aumentano comunque le preoccupazioni legate a una categoria vissuta, ceteris paribus, come un piccolo lusso e, questo anche perché l’inflazione non demorde. Per inciso si nota che a maggio, secondo l’Istat, passato l’effetto della Pasqua, il carrello della spesa si è di nuovo appesantito, facendo segnare un +3,1% (+2,6 in aprile), rispetto a un indice Nic in calo tendenziale di 0,2 punti, fino all’1,7 per cento.
Il focus, condotto sull’Italia dalla major delle ricerche di mercato, conferma che, nonostante la centralità della tematica, non mancano gli ostacoli ed è quello economico a spiccare: la metà dei consumatori tricolore (51% contro una media europea del 53%) afferma che è il costo delle alternative più salutari, rispetto alle opzioni standard, a fungere, spesso, da deterrente.
Si aggiunge, a molta distanza, la complessità delle etichette, indicata come barriera dal 16 per cento dei nostri connazionali. Una questione, quella delle etichette trasparenti e di facile e immediata lettura, che emerge come un vero un bisogno dei consumatori: il 41% di loro reputa che le scelte orientate a uno stile di vita salutare debbano iniziare proprio da qui.
Non solamente le diciture sulle confezioni assumono un ruolo importante nella salvaguardia della salute, ma anche aziende e governi sono chiamati a svolgere la propria parte, per fare sì che gli alimenti benefici non diventino poco accessibili.
Alle imprese si chiede proprio questo: mettere alla portata di tutti la comprensione di quel repertorio di segni che accompagna ogni prodotto e che, se complesso, finisce per avvantaggiare gli equivalenti classici (40% delle risposte). Dalle autorità ci si aspetta un giro di vite, ossia una più stretta regolamentazione che porti i produttori a livellare, o semplificare, l'etichettatura, contribuendo a diffondere scelte maggiormente orientate al benessere (31%).
Una tendenza inossidabile
Questa la parte negativa. Poi, chiaramente, al di là delle remore, il salutismo è sempre uno dei maggiori trend, visto che il 68% degli italiani dichiara di adottare un atteggiamento proattivo nel mantenimento della propria condizione psicofisica (+4% rispetto alla media europea) e, in aggiunta, il 35% è alla ricerca incessante di novità di mercato, che consentano di realizzare questo obiettivo.
Il budget destinato a tali spese è considerevole: quasi la metà dei soggetti nazionali, infatti, è disposto a sborsare dagli 88 ai 400 euro al mese per assicurarsi uno stile di vita orientato al benessere, dicendosi preparato a investire un po’ di più.
E fra le priorità dei cittadini del Bel Paese, rispetto a 5 anni fa, emerge il bisogno di dormire bene, indicato dal 59% del campione, una richiesta solo parzialmente legata al cibo, ma comunque indicativa del sentiment generale. Il 58%, poi, sottolinea che è importante invecchiare bene: anche qui la tavola svolge il proprio ruolo, ma non è certamente il solo fattore, visto che, probabilmente sono ancora più importanti lo sport e il movimento, lo svago, le cure mediche, la rinuncia ad abitudini nocive, come il fumo, più una serie di fattori imponderabili, come l’ereditarietà di alcune patologie.
Attenti ai cattivi consiglieri
Con la salute non si scherza: detto molto saggio e da applicare altrettanto saggiamente. E infatti i consigli si accettano, eccome, ma non da tutti. Essi devono provenire da persone qualificate: medico, farmacista, nutrizionista, allenatore...
Gli italiani, in questo, sono molto più ‘furbi’ di altri, visto che la scelta scrupolosa delle fonti riguarda il 63% della popolazione, contro una media europea del 44 per cento. Di più: solo il 12% dei nostri concittadini si lascia influenzare da pareri provenienti dalle piattaforme social e da comunicatori digitali che, non sempre, hanno la giusta competenza.
Questa esigenza di cultura vera deve importare anche alle imprese, e molte già si sono mobilitate, dotandosi di uno staff di esperti della nutrizione sia umana, sia animale (pensiamo ai produttori di pet food).
«Oggi i marchi operanti nel settore devono andare oltre l’innovazione di prodotto e offrire chiarezza, accessibilità economica e ispirare fiducia – osserva Alessandra Gaudino, Senior consultant Fmcg customer success Italy di NielsenIQ –. I consumatori sono pronti a investire nel proprio benessere, ma hanno bisogno di essere orientati. E per le aziende è possibile conquistare la lealtà – anche nei segmenti premium – assicurandosi che l’intero portafoglio prodotti abbia un focus sul benessere, ma sia anche realizzato eticamente, sia sostenibile e socialmente responsabile».
Ultaprocessati? No, grazie
Una scelta obbligata, per assicurarsi un mercato che continuerà a crescere, nel mondo e in Italia, dove il 41% ha indicato di voler incrementare, anche nel 2025-2026, l’acquisto di alimenti ad alto contenuto di fibre, come frutta, verdura, cereali integrali, fagioli, noci e semi. Sembra, inoltre, aumentare l’attenzione alle diete vegetali con alto contenuto proteico e con basso contenuto di grassi: il 32% è intenzionato a consumare più quinoa, lenticchie, tofu e ceci.
Al contrario no ai cibi ultra-processati, ovvero quelli contenenti ingredienti, o additivi, lavorati industrialmente. Questi prodotti non solo non rientreranno nel carrello degli italiani nei prossimi 12 mesi – solo il 2% dichiara di volerne acquistare di più – ma godono, per giunta, di una cattiva reputazione, almeno a detta del 51% degli intervistati.
E visto che la sostenibilità e l’equità rientrano a pieno titolo nel benessere della società, il 61% degli italiani sarebbe disposto a pagare di più sia per beni prodotti eticamente (commercio solidale, processi cruelty-free con un migliore trattamento degli animali), sia per prodotti responsabili, cioè che sostengano le comunità e le popolazioni vulnerabili.
Infine, stando alle rilevazioni di NielsenIQ e GfK, il 74% degli italiani vorrebbe avvalersi di tecnologie – leggi elettrodomestici - in grado di aggiungere un po’ di salute. Nell’ultimo anno, dunque, molti acquisti si sono concentrati su articoli come le friggitrici ad aria, indicate dal 19% del campione. Viene evidenziata anche la propensione a utilizzare dispositivi digitali, o app, capaci di monitorare la salute quotidiana, un’opzione scelta da oltre la metà (52%) dei consumatori nostrani.
Nota metodologica: Il report Global Health & Wellness 2025 di NIQ è stato condotto nel gennaio e febbraio 2025. Quasi 19mila consumatori sono stati intervistati online nei seguenti 19 Paesi: Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Messico, Paesi Bassi, Polonia, Sudafrica, Spagna, Turchia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito e Stati Uniti. I dati riflettono la popolazione adulta e i responsabili di acquisto per ogni Paese.