Aumenta anche nel 2024 la vendita di prodotti di seconda mano. Perché?
Il fenomeno è stimolato da varie ragioni, anche di offerta, come lo sviluppo di piattaforme destinate ai privati - Vinted e la spagnola Wallapop per esempio -, nonché all’impegno di moltissime aziende le quali hanno aggiunto, alla proposta, il second hand: Zalando, Kiabi, Decathlon, H&M, Zara, MediaWorld… tanto per citare.
Il solo gruppo lituano Vinted – che, lo dice il nome, è sinonimo di usato - ha raggiunto un giro d'affari, 2024, di 813,4 milioni di euro, con una crescita del 36%, mentre gli utili sono esplosi del 330 per cento. Guadagni che sono serviti, fra l’altro, a creare una nuova compagnia di investimento (Vinted Ventures) che darà impulso alle start up del settore.
Ventisette miliardi in Italia
Detto questo non sorprendono i dati – diffusi nei giorni scorsi - dall’undicesimo Osservatorio Second Hand di Bva Doxa per Subito.it (2mila italiani intervistati).
Nel 2024 i nostri connazionali che hanno fatto compravendita di prodotti usati sono saliti al 63 per cento (+3% sul 2023). Il fenomeno ha coinvolto 27,2 milioni di persone e movimentato 27 miliardi di euro.
Per la prima volta l'online ha superato l'offline, anche a valore: 14,4 miliardi di euro, pari al 54% del totale, con una crescita di 1,4 miliardi sull’anno scorso.
La domanda chiave riguarda, però, le categorie merceologiche.
Cosa si compra e cosa si vende
Guardando ai valori svettano - consideriamo l’alto prezzo unitario – i veicoli, con 10,8 miliardi di euro, ma una tendenza stabile rispetto al 2023. Seguono, sempre in valore, i prodotti per la casa e la persona, con 7,3 miliardi di euro e una costante crescita.
L’elettronica usata muove altri 5,2 miliardi, in salita del 6%, mentre chiudono la classifica sport e hobby, con 3,1 miliardi.
Se ci si concentra sul numero di atti di acquisto (online), si trovano, in cima, la casa e persona (76%, +4 punti percentuali rispetto al 2023), sport e hobby (57%, +2%), elettronica (43%) e veicoli (23%).
Sono categorie molto ampie e dunque, per singola merceologia entrano poi, nella top 3, abbigliamento e accessori moda, che salgono dal 22% al 43% in cinque anni, libri e riviste (31%) e arredamento e casalinghi (25%).
Atti di vendita. Dal momento che il venduto corrisponde sempre alla domanda a tenere banco sono di nuovo casa e persona, al primo posto con il 79%, seguite da sport e hobby (41%), elettronica (32%) e veicoli (14%).
Al vertice per prodotto, tornano abbigliamento e accessori al primo posto (49% dal 28% di cinque anni), arredamento e casalinghi (25%) e libri e riviste (21%).
La ricerca fotografa anche le motivazioni di acquirenti e venditori.
Risparmio prima di tutto
Per i primi il risparmio, ormai un’antonomasia in tutti i canali e in tutte le occasioni di shopping, si ponte in testa, con il 61% delle risposte, seguito da due ragioni fra loro piuttosto simili: dare un contributo alla sostenibilità (41%) e nutrire la convinzione che il riuso degli oggetti sia sempre una buona cosa (38 per cento).
Gli scopi di chi vende dipendono dal desiderio di liberarsi del superfluo, 75%, e, di nuovo, dalla voglia di riciclare beni ancora in buono stato (42%), ma anche da un sincero desiderio di guadagnare (37 per cento).
Se poniamo attenzione ai soli aspetti morali associati all’acquisto di prodotti di seconda mano, “dare valore alle cose” e non sprecare emergono al primo posto (55%). Segue la generica “sostenibilità” (54%) che storicamente, durante gli scorsi anni, si trovava al primo.
Cresce poi anche il numero di intervistati che reputa l’usato una “scelta attuale e intelligente” (49%) e chi lo vede come un’opportunità di “guadagno/risparmio” (42%). Quest’ultimo non è solo un driver in crescita, ma diventa un valore intrinseco anche per individui che non fanno parte nella cosiddetta Generazione Z (fino a 28 anni).
Il 58% degli italiani dichiara che acquistare usato ha contribuito alla salute del bilancio familiare, con un risparmio medio percepito, rispetto al nuovo, del 42 per cento.
Sul fronte dei venditori, solo il 14% ha registrato un impatto significativo sulle proprie entrate annuali: parliamo di una media annua di 820 euro, che tuttavia, in 52 casi su cento, viene messa da parte per sostenere concretamente le finanze di casa.
Per regione vince la Lombardia (con un totale di 4,6 miliardi di euro generati), seguita da Lazio e Campania, a pari merito con 2,9 miliardi.
Al terzo posto la Puglia che è la regione che mostra la crescita più marcata fra il 2023 e 2024, passando da 2,1 a 2,8 miliardi di euro.
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