Una nicchia di valore

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Fabio Massi

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Oltre 200 milioni di euro di fatture per operazioni inesistenti, più di 2.500 tonnellate di merce sequestrata in quanto falsamente biologica, oltre 700.000 tonnellate di prodotti alimentari dichiarati falsamente biologici commercializzate. Sono questi i numeri che la Guardia di Finanza di Verona ha reso noto lo scorso dicembre dopo il maxi sequestro del falso biologico, operazione che è stata denominata “Gatto con gli Stivali”. Un giro di affari che proseguiva da anni garantendo ai truffatori guadagni ingentissimi. Le merci, provenienti anche da paesi esteri dell'Unione Europea, venivano trasformate agli occhi della legge in prodotti biologici attraverso false fatture che contribuivano ad aggirare il sistema di tracciabilità che caratterizza la filiera. «Il successo dell’operazione denominata “Gatto con gli Stivali” che ha portato al sequestro di 2.700 tonnellate di cereali falsamente biologici e all’arresto di sette persone è la prova che il nostro sistema di controllo e certificazione funziona – commenta Fabrizio Piva, amministratore delegato dell'ente di certificazione del biologico CCPB – non va dimenticato che molto del falso bio proviene dall’estero, mentre i Paesi comunitari adottano sistemi di produzione e certificazione equivalenti ai nostri. Noi come altri organismi di certificazione abbiamo in questi ultimi mesi collaborato con gli organi di vigilanza per smascherare queste truffe che, per sete di facile denaro, rischiano di compromettere il lavoro e l'impegno di aziende serie che hanno fatto del biologico un'eccellenza italiana invidiata in tutto il mondo. Quest’ultimo episodio è comunque un segnale forte e un invito a una maggiore responsabilizzazione da parte di tutti gli anelli della filiera, a cominciare dal sistema produttivo. Una filiera efficiente parte da una scelta della materia prima non orientata solo su criteri di prezzo e finisce con la corretta gestione del prodotto da parte della distribuzione. Il secondo player importante è l’autorità pubblica rappresentata dall’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agro-alimentari e dalle Regioni: invece di concentrarsi solo sulle procedure e le virgole dovrebbero fare più controlli sui campi, nelle industrie di trasformazione e nei punti vendita, meno forma e più sostanza. Questo ultimo scandalo si poteva prevenire. Infine anche gli ispettori degli organismi di certificazione dovrebbero lavorare in modo più coordinato e non dovrebbero essere pagati a cottimo ma a giornata: questo li incoraggerebbe a fare controlli più lunghi e accurati». Paolo Carnemolla, Presidente di FederBio, ha ricordato ancora una volta la necessità di un miglioramento dei sistemi di scambio di informazioni e di banche dati perché tutte le informazioni utili a garantire la trasparenza del mercato siano disponibili in tempo reale a tutti i soggetti interessati.

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