Domenica di Vinitaly e dunque come non parlare di vino? Si dice che le aziende soffrano, per via della crisi e della disaffezione da parte dei giovani che optano per un bere più soft, tant’è vero che a questa edizione della rassegna veronese partecipa per la prima volta anche il mondo della birra.

E poi indubbiamente incidono i continui e giustificati allarmi alla morigeratezza nel bere, specialmente quando si è troppo giovani, o quando bisogna guidare. Un fatto sacrosanto, ma che in sostanza, senza volere, mette il vino in una luce vagamente sinistra.

Ma è proprio vero che il nostro calice è diventato sempre più aspro? A sentire Mediobanca la risposta è no, e tutti gli indicatori lo dimostrano.

L’INDAGINE E IL CAMPIONE

Molto tempestivamente è uscita il 4 aprile la consueta indagine annuale sul settore condotta dall’Ufficio studi del famoso istituto finanziario milanese. Il documento si articola in due sezioni. La prima riguarda 108 principali società di capitali italiane operanti nel comparto vinicolo che nel 2011 hanno fatturato più di 25 milioni di euro, i cui bilanci sono stati aggregati per il periodo 2007-2011. Si tratta di aziende specializzate, spesso operanti su più Regioni. Sono state escluse le imprese che, pur gestendo attività vinicole rilevanti a livello nazionale, realizzano il proprio volume d’affari prevalentemente con altri prodotti. Ove disponibile è stato privilegiato il dato consolidato. Compongono l’aggregato 30 cooperative (incluse 4 società per azioni controllate da una o più cooperative), 72 spa e srl a controllo italiano e sei a controllo estero.

L’aggregato – si legge sul sito di MbR&S - ha espresso nel 2011 un fatturato pari a 4,9 miliardi, per un tasso di rappresentatività stimato al 61% in termini di produzione (valutata nel 2011 in circa 8,1 miliardi di euro) e al 55% in termini di export (pari a 4,4 miliardi di euro). Le evidenze economico-finanziarie sono state integrate con interviste alle imprese, volte a valutare i dati preconsuntivi del 2012, le attese sulle vendite per il 2013 e alcuni aspetti della struttura commerciale.

La seconda sezione contiene due capitoli. Il primo analizza l’aggregato 2002-2011 delle 13 maggiori imprese internazionali quotate con fatturato superiore a 150 milioni di euro, che ha segnato nel 2011 ricavi pari a 7,9 miliardi di euro. Il secondo capitolo illustra la dinamica tra 2011 e 2013 (metà marzo) dell’indice mondiale di Borsa delle imprese vinicole quotate; esso comprende 46 società con titoli trattati in 20 Borse, la cui capitalizzazione, alla data terminale, era pari a 20,2 miliardi di euro.

Insomma di tutto e di più. Ci limiteremo alle principali evidenze in quanto è praticamente impossibile esaurire la marea di dati in questa sede.

LE CIFRE CHIAVE

Partiamo dal fatturato, che aumenta, rispetto al 2011, del 6,9%, trainato dalle vendite estere, che fanno segnare un +9,4%, mentre sul  mercato nazionale la variazione si attesta comunque in positivo, ovvero sul 4,5%. Il dato complessivo, scrive Mediobanca, “si porta del 17,1% sopra il livello pre-crisi (2008), quello all’export del 28,9%, quello nazionale del 7,1%; il 2011 si è chiuso in crescita dell’8,9% sul 2010, più di quanto segnato dall’industria manifatturiera italiana (+7%), dal settore alimentare nel suo insieme (+6,7%) e
dall’industria delle bevande (+5,5%)”.

Una boccata di ossigeno che ha permesso una ripresa degli investimenti tecnici del 10%, dopo l’impressionante -30% di due anni fa, e dei budget pubblicitari che, a fronte di una caduta nazionale di oltre il 14%, hanno dato in questo settore uno spunto del +6,5%.

In miglioramento anche l’occupazione (+2,6%), a fronte della flessione di quella dell’industria in senso stretto (-1,8%); “l’aggregato vinicolo – si legge - ha cumulato tra 2007 e 2011 un incremento dei dipendenti (+1,9%) che contrasta con il downsizing segnato dalle società del settore beverage (-3,6%) e dall’industria manifatturiera italiana nel suo insieme (-5,5%)”.

La ripartizione delle vendite oltre confine vede in testa il bacino Ue, con una quota del 50,6% e un +10,5% sul versante dei valori, incalzata dal Nord America, che apprezza il made in Italy tanto da assorbire il 33,2% dei flussi (+7,2% sul 2011). Premiano i nostri marchi anche “Asia ed Australia sono in aumento del 26,1% rispetto al 2011, anche se con peso limitato (4,7% dell’export complessivo); marginale il contributo dell’America Latina (1,3%), mentre il resto del mondo (Africa, Medio Oriente e Paesi Europei non UE) si attesta al 10,2% (in calo dell’1,4%)”.

AZIENDE IN CLASSIFICA

Riportiamo fedelmente il ranking sintetico della ricerca.

“Top seller si confermano tre gruppi al vertice della graduatoria per fatturato, Cantine Riunite-GIV (514 milioni di fatturato, +3,2% sul 2011), Caviro (283,6 milioni, +14,9%) e la divisione vini di Campari (196,4 milioni, +6,1%); Fratelli Martini Secondo Luigi a 162,2 milioni (+12,3% sul 2011) si colloca in quarta posizione (era settima nel 2011), sale in quinta posizione (dalla sesta) la cooperativa Mezzacorona a 160,3 milioni (+7,9%); i modesti incrementi di fatturato (tra l’uno ed il due per cento) fanno scendere Cavit dalla quarta (2011) alla sesta (2012) posizione e Antinori dalla quinta alla settima; tra i primi 25 produttori, la maggiore crescita nel 2012 è segnata da Collis Veneto Wine Group (+22,2% sul 2011), seguita da Casa Vinicola Botter Carlo & C. (+20,7%) e da Cantina Sociale Cooperativa di Soave (+20,2%).

“Altri otto produttori hanno aumentato le vendite del 2012 di oltre il 10%; la maggiore presenza sui mercati esteri è di Casa Vinicola Botter Carlo & C. che vi realizza il 96,4% del proprio fatturato, seguita da Fratelli Martini Secondo Luigi al 92,1%, da Ruffino al 91,2% e da Masi Agricola al 90,8%; altre 11 società realizzano all’estero oltre il 60% del proprio fatturato; Masi Agricola ha segnato nel 2012 la migliore incidenza del risultato netto sul fatturato (16%), davanti al Gruppo Santa Margherita (14,6%) e ad Antinori (14%).

“Attese per il 2013: l’87% degli intervistati prevede di non subire un calo delle vendite, ma gli ottimisti (crescita delle vendite superiori al 10%) cadono al 14,5% (erano il 43,8% nel 2012), quota superiore solo al 2009 (8%); solo l’1,4% ha aspettative marcatamente ribassiste (oltre il 5%) per il 2013, contro il 9,3% del 2012; ancor più positive le attese per l’export: il 94% degli intervistati lo prevede in crescita o al più stabile nel 2013 (è stato l’85,6% nel 2012), ma l’intonazione del 2013 permane meno ottimistica di quella del 2012 se si considera che le attese di crescita superiore al 10% cadono dal 47,8% al 28,4% (ancora il valore più basso dopo quello del 2009); per contro, nessun operatore paventa per il 2013 cadute di vendite superiori al 10% (4,5% nel 2012)”.

 

Per chi vuole saperne di più: http://www.mbres.it/sites/default/files/resources/download_it/indagine_vini_2013.pdf