Inizio decisamente poco brillante per questi saldi invernali, che molti speravano avrebbero dato una boccata di ossigeno a un commercio fiaccato dalla lunga crisi strutturale e da una flessione congiunturale che ha dimostrato, in dicembre, ulteriori negatività, con una stagione natalizia decisamente in ribasso, un ribasso dovuto, fra l’altro, all’aggravio fiscale, a tutto il peso della nuova manovra “Salvaitalia”, all’inflazione galoppante legata ai molti rincari, tra i quali il più cospicuo è stato quello dei carburanti per autotrazione, voce che in ogni caso va a scaricarsi su tutta la catena logistica, visto che da noi i trasporti sono in gran parte “su gomma”.

I primi dati non lasciano troppi dubbi. Onf (Osservatorio Nazionale Federconsumatori) tramite il proprio campione dislocato in tutto il territorio nazionale, nelle piccole come nelle grandi città, sta ricevendo segnali di conferma delle previsioni in merito ai saldi invernali. Si ribadisce che, seppure il numero delle famiglie intenzionate a comprare a saldo rimane pressoché invariato rispetto allo scorso anno (circa il 44-45%, pari a 10,8 milioni di nuclei), la spesa sarà decisamente più bassa. Complessivamente ammonterà ad appena 2,4 miliardi di euro.

Questo vuol dire che ogni famiglia che acquisterà a saldo spenderà circa 223 euro, il 19% in meno rispetto allo scorso anno (quando il dato era stato di circa 277 euro a famiglia).

I negozi tradizionali perdono, durante la stagione scontistica, un secco 20%. Ad andare bene sono solo gli outlet, i villaggi del griffato low-cost, che mettono a segno una performance del +15% sul versante delle vendite.

In realtà c’è qualche altra isola felice, inaugurata dalla deregulation degli orari del commercio, provvedimento quanto mai controverso e che tuttavia, secondo quanto ha recentemente dichiarato Federdistribuzione, è ormai una legge dello Stato e dunque non servono più deroghe, concessioni e permessi. Sia chiaro: l’esercente può applicare la norma senza incorrere in sanzioni di sorta. Se il Comune di Milano, tanto per fare un esempio, ha ritenuto di rilasciare una deroga per l’apertura durante il giorno dell’Epifania e nella domenica dell’8 gennaio bisogna ricordarsi che questa deroga può anche essere gradita, ma è ormai del tutto inutile. Gli stessi concetti ha ribadito gruppo Esselunga, in una campagna passata sui giornali e all’interno dei punti di vendita, applaudendo al nuovo regime. Il patron Bernardo Caprotti è andato anche oltre, adottando, come è suo costume, una loquela tagliente, ma non priva di fondamento: “Molte migliaia di persone delle Regioni, dei Comuni e delle associazioni dovranno trovarsi una nuova, più produttiva occupazione” ha dichiarato al “Sole 24 Ore”, intendendo dire che il bizantino apparato dei permessi e delle autorizzazioni straordinarie è di fatto decaduto.

Certo la libertà totale di impresa comporta dei rischi: molti piccoli commercianti si sentono più che mai schiacciati dallo strapotere della gdo, mentre la gdo stessa sarà chiamata a ponderare bene il calendario delle proprie aperture, per non affrontare costi inutili. Ma la domanda è: è meglio essere liberi e darsi da soli le proprie regole, o essere prigionieri di circolari, regolamentazioni e pareri di enti locali, che volendo tutelare tutti, di fatto finiscono per non tutelare nessuno? E poi le aperture serali, domenicali e speciali esistevano anche prima, soltanto erano vigilate dall'apparato burocratico. Alcuni pretendono di confondere il nuovo regime con l’anarchia, ma siamo così sicuri che le nostre imprese non siano capaci di autoregolarsi? Siamo tanto convinti che i nostri commercianti siano talmente bambini da avere bisogno sempre di un “padre protettore” che dica loro cosa fare?

Intanto i primi casi di deregulation incominciano a dare qualche risultato. Macroscopico l’esempio di Orio Center, il centro commerciale bergamasco vicino alla zona aeroportuale, che ha applicato alla lettera il concetto di liberalizzazione, estendendo i propri orari dalle 22 alle 24 nei giorni dal 5 al 7 gennaio. Risultato. Nella prima notte si è registrata un’affluenza di circa 62.000 persone, di cui 4.300 nelle due ore serali. Un successone anche perché, nonostante le lamentele dei sindacati, tutti i negozi a quanto pare hanno alzato le saracinesche.

Tutto questo non vuol dire, ovviamente, che l’alternativa alla crisi sia la libertà più spinta. Significa soltanto che bisogna permettere alle imprese, quanto più possibile, di affrontare in modo adulto le proprie sfide, lasciando che sia il mercato a separare vinti e vincitori.