Perché un’impresa del largo consumo, oggigiorno, dovrebbe essere interessata a prendere in considerazione il trasporto su rotaia per la movimentazione delle proprie merci? Apparentemente, non c’è una sola buona ragione per farlo. La tendenza del settore, anzi, sembra procedere in direzione opposta. Tanto che dei tre miliardi di colli che annualmente transitano per i punti vendita della Gdo (equivalenti a 200 milioni di tonnellate di merci), ben il 95 per cento si avvale del trasporto su gomma.

Le infrastrutture e le linee ferroviarie del Belpaese, del resto, non sono sempre un modello di efficienza e di capillarità. La soluzione del trasporto intermodale, inoltre, complica non poco le cose sul piano logistico, in termini di rapidità e fluidità delle spedizioni. Come se non bastasse, i costi per questo tipo di trasporto risultano poco competitivi, se non addirittura più cari, rispetto al modello dominante. Perché, allora, un gruppo di lavoro promosso da ECR Italia e composto da una quarantina di primarie industrie di marca e della distribuzione, unitamente ad alcune società specializzate nel settore logistico e ferroviario, si sarebbe fatto carico, da un paio d’anni a questa parte, di sviluppare un progetto per valutare benefici e opportunità del trasporto intermodale? Evidentemente, perché ci credono.

«Non è solo una questione di sostenibilità ambientale – ha dichiarato a questo proposito Vincenzo Tassinari, vice presidente GS1 Italy Indicod-Ecr e presidente del consiglio di gestione Coop Italia – ma anche di sostenibilità economica. I paradigmi che hanno contraddistinto fin qui la supply chain nel largo consumo mostrano ormai tutta la loro inadeguatezza rispetto alla attuale congiuntura di mercato, e non saranno sostenibili ancora a lungo. Le potenzialità del settore, per un trasferimento almeno parziale della movimentazione delle merci su rotaia, ci sono tutte. Così come evidenti appaiono i vantaggi in termini di minori emissioni inquinanti e di recupero di efficienza della catena logistica».

Che le condizioni per una inversione di tendenza nelle modalità di trasporto delle merci nel largo consumo vi siano, del resto, non è solo questione di sensazioni. Uno dei primi obiettivi del suddetto gruppo di lavoro di ECR era proprio quello di raccogliere dati. E di valutarli. La scorsa settimana, in occasione di un seminario sul tema organizzato da GS1 Italy Indicod-Ecr, queste evidenze sono state illustrate nell’ambito della presentazione di un’indagine, intitolata “Intermodability - Il settore del largo consumo e la sfida del trasporto ferroviario”, realizzata da Ecr Italia in collaborazione con il Politecnico di Milano e il C-LOG, il Centro di Ricerca sulla Logistica dell'Università Carlo Cattaneo – LIUC. Una ricerca che ha in effetti evidenziato dei risultati sorprendenti.

Partendo da un campione di oltre 160 mila viaggi stradali per distanze superiori ai 200 km realmente effettuati nel 2011 dalle aziende del gruppo di lavoro (viaggi che corrispondono al 10 per cento circa dei trasporti del largo consumo confezionato), il team di ricercatori ha sviluppato un modello di simulazione che ha consentito di convertire il traffico stradale in un set di treni realizzabili lungo le diverse direttrici nazionali. Una estensione su base nazionale ha quindi permesso di stimare una domanda potenziale per il settore del largo consumo di 450 mila unità di carico. Quasi mezzo milione di consegne che, attraverso la rete ferroviaria che connette il sistema nazionale degli interporti, potrebbero viaggiare non più su strada ma su ferrovia. Si tratta di quasi un terzo del totale movimentato in un anno. L’effetto più immediato lo si avrebbe indubbiamente sul piano della salvaguardia ambientale. E’ stato calcolato infatti che trasferire su rotaia un terzo delle merci attualmente movimentate su gomma, di cui buona parte su mezzi pesanti, equivarrebbe a ridurre di oltre 70 mila tonnellate le emissioni di co2.

Ma, come si diceva, l’obiettivo non riguarda soltanto questioni di sostenibilità ambientale. Il vero scopo è il raggiungimento di maggiori efficienze nella supply chain, efficienze che si traducano presto in concreti risparmi di costi. «Ecr Italia e le aziende aderenti al progetto – ha commentato il direttore generale di GS1 Italy Indicod-Ecr Bruno Aceto, hanno voluto attivare un gruppo di lavoro dedicato al trasporto intermodale con un approccio squisitamente pragmatico, nella convinzione che possano nascere concrete possibilità affinché il trasporto ferroviario diventi una reale alternativa al modello all road».

Alla fase iniziale del progetto
, ne seguirà a breve una seconda, consistente in sei mesi di test pilota effettuato da alcune aziende del panel. Il percorso non sarà facile. In prospettiva, presuppone sicuramente un rinnovamento delle infrastrutture ferroviarie e logistiche. Così come un cambiamento di cultura e di mentalità da parte degli attori in gioco, al fine di rivedere processi abitualmente caratterizzati da frenesie di consegna e da una spasmodica ricerca di riduzione dei tempi distributivi. Soprattutto, si dovrà superare lo scoglio della ancora scarsa convenienza economica del trasporto su rotaia rispetto a quello su gomma. Anche se su questo fronte è facile immaginare che nel momento in cui si affacceranno sul mercato i primi soggetti aggregatori e si inizierà a fare sistema i prezzi del trasporto intermodale diventeranno competitivi. A questo punto, si tratta solo di crederci e di cominciare a lavorarci con convinzione.