Chissà se il nostro premier, Mario Monti, avrà parole di conforto e di elogio, con vaghi accenni a un venticello di ripresa – francamente lo avverte solo lui - anche in occasione del Cibus di Parma, come è accaduto sabato 21 aprile, quando ha parlato al Salone del Mobile di Milano?

Certo di coraggio per fare questo gliene servirebbe davvero molto, di fronte a un’industria alimentare che presenta indicazioni sempre più preoccupanti, sia dal lato dei consumi interni, sia da quello della produzione. Unica ancora di salvezza potrebbe essere quella dell’export, se non fosse che, dicono gli esperti, mettendo a confronto volumi e valori del made in Italy oltre frontiera, si scopre che i primi, i quantitativi, salgono molto poco rispetto ai secondi (i fatturati), e che dunque ad aumentare sono soprattutto i prezzi. Ma fino a quando gli stranieri, tra l’altro titolari di una bella fetta del settore, avranno voglia di stare al gioco? E poi, sospese come una scure sulle teste degli operatori, ci sono la food tax e il rincaro dell’Iva di ottobre, cosa che tutto il sistema, produttori, distributori e consumatori, finirà per pagare di tasca propria, con un impatto negativo fin troppo evidente su un carrello della spesa che in marzo faceva segnare ancora un +4,6% rispetto a un’inflazione del 3,3%.

Insomma Cibus 2012, che aprirà i battenti il 7 maggio a Parma, non nasce sotto i migliori auspici. In effetti c’è molta attesa: sarà, questa volta più che mai, un banco di prova per misurare trend e prospettive davanti a una platea internazionale. E che ci siano grandi aspettative lo confermano i numeri: 23.000 espositori, comprese le Regioni, tirate un po’ per i capelli dati i budget molto risicati (Lombardia e Sardegna però non hanno aderito); crescita esponenziale dei visitatori attesi, specie per quanto riguarda i buyer in arrivo dai Paesi emergenti, come Cina e Brasile, presenza delle grandi catene estere, con nomi come quelli di Metro, Rewe, Delhaize e via citando.

Filippo Ferrua, presidente di Federalimentare, non ha usato perifrasi, da uomo concreto quale è, uno che sa dire pane al pane, con un garbo pari alla sua determinazione. Durante la conferenza stampa di presentazione, svoltasi venerdì 20, ha ribadito i punti dai quali siamo partiti: “L’industria alimentare nazionale è la seconda realtà manifatturiera del Paese, con 127 miliardi di fatturato e 23 di export: una conferma del nostro modello nel mondo. A questo però non corrisponde un riconoscimento del ruolo da parte delle autorità: negli ultimi 5 anni abbiamo retto alla crisi dei consumi senza ricorrere alla Cig o a dolorosi piani di ristrutturazione. Ma il Governo ha deciso inopportuni aumenti dell’Iva, che potrebbero replicare a ottobre, con un aggravio per le famiglie di 3 miliardi”, quanti ne fattura praticamente una grande azienda. E’ come se l’Esecutivo, tanto per capirci, desse alle fiamme la Barilla, e poi girasse il conto dei danni agli italiani.

E che gli addetti ai lavori siano molto perplessi, lo dimostra il titolo dell’assemblea di Federalimentare che apre l’happening parmense: “Tornare a crescere”, il che vuole dire che finora, se si vuole vedere il bicchiere mezzo vuoto, il settore ha dovuto adottare una rigida cura dimagrante.

Certo quelli di Cibus ce la stanno mettendo davvero tutta, a partire da un ricco “fuori salone” “CibusInCittà” (4-10 maggio, dunque in anticipo sulla partenza della rassegna vera e propria), iniziativa che viene riconfermata per la terza volta: degustazioni di prodotti, eventi interattivi e formativi, attività ludiche e culturali, seminari nutrizionali e altro ancora nelle strade di Parma, per portare ai cittadini e ai turisti un pezzo della grande fiera, altrimenti riservata agli operatori professionali. Non solo: quest’anno “CibusInCittà” ha organizzato anche un evento speciale: un triangolare di calcio allo Stadio Tardini, con le squadre rappresentative dell’industria, della gdo e della formazione Mediaset Star.

Nutrito anche il carnet dei convegni, molti dei quali dedicati proprio al confronto su temi caldi del momento: l’efficienza energetica, il miglioramento dei rapporti cliente-fornitore, la sostenibilità, i modi per rilanciare al massimo le prestazioni dell’impresa.

In contemporanea torna Dolce Italia alla sua quinta edizione. Nel 2011, il dolciario ha confermato, almeno a grani linee, le proprie doti di anticiclicità, in un clima economico difficile che dopo l’estate si è aggravato, colpendo anche il comparto alimentare, i cui tassi di crescita hanno subito una frenata.

I dati di Symphony Iri sul canale moderno & discount relativi al 2011, elaborati per Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane) dicono che le vendite di prodotti da forno nel canale moderno e discount si sono mantenute, a volume, sui livelli dell’anno precedente. In linea con l’andamento dell’intero comparto i biscotti frollini e quelli secchi, tra i capisaldi di tutto il comparto. Crescono i biscotti all’uovo (+1,9%) e le fette biscottate (+0,3%), mentre la pasticceria industriale ha chiuso in flessione (-1,4%), come anche le ricorrenze (Natale e Pasqua): -2,3%.

Insomma una nota di dolcezza, ma con l’amaro in bocca.