La notizia: Simply sbarca per la prima volta sul piccolo schermo e lo fa con un investimento di quelli che pesano, ossia 5 milioni di euro con due spot da 30 secondi che vengono trasmessi sulle principali emittenti nazionali (Rai, Mediaset, La7, 8 digitali e 9 satellitari) per circa un mese a partire da domenica 28 ottobre. 

Sebbene la comunicazione sia di tipo istituzionale, lo scontro competitivo tra le diverse catene distributive, con questo ingresso in grande stile nell’arena pubblicitaria, non può che risentirne, accentuando ulteriormente la concorrenza tra i principali attori del mondo retail.

«Dopo aver completato la conversione degli oltre 1.500 supermercati presenti capillarmente sul territorio nazionale – ha commentato il direttore generale di Simply Italia, Antonello Sinigaglia – siamo pronti per presentarci sul canale televisivo con l’originalità che ci contraddistingue e continueremo a presidiarlo per i nostri clienti e i nostri imprenditori, come leva di differenziazione rispetto alla concorrenza».

Simply è attualmente presente in 19 regioni su tutto il territorio nazionale e conta su oltre 1.500 punti di vendita. E’ dunque un competitor piuttosto “pesante”.

Ma come si comportano le altre catene? E’ vero che da anni il grosso dei budget destinati all’adv è stato ricollocato sulle promozioni e sul volantinaggio, che tiene banco con gli annunci continui delle offerte speciali in corso e dei ribassi di prezzo. Come è anche vero che le iniziative “in strore” rivestono un ruolo centrale, tanto che il punto di vendita è ormai un mezzo di comunicazione a tutti gli effetti. Ma il marchio, ogni tanto, è bene che si presenti direttamente nelle case dei consumatori.

E infatti, alla fine del 2011, la spesa totale, di circa 70 milioni, vedeva coinvolti una decina di nomi, con Conad (24,4 milioni) a guidare la classifica, seguita da Lidl (19,4 milioni) e da Coop (13,1 milioni). Una situazione, insomma super concentrata, con 57 milioni in mano ai primi tre, e gli altri a dividersi i restanti 13 milioni. Le insegne di casa Auchan raggiungevano appena i 2,4 milioni. Ma evidentemente la musica è cambiata in seno al gruppo francese.

Altro fatto notevole: il media mix era praticamente monopolizzato dalla Tv, con quote intorno al 70% o anche superiori. Dunque il piccolo schermo funziona ancora. Ma quanto durerà il monopolio? Non molto, a giudicare dai dati più recenti.

Secondo il rapporto “Nielsen economic and media outlook”, riferito ai primi 6 mesi e presentato l’8 di ottobre è in atto un travaso imponente di risorse verso il digitale. Un processo scontato, si dirà, in atto da anni e inevitabile. Quello che dà da pensare è che il web ha ormai raggiunto, fra i mezzi, un rilevante 13,1%, in crescita dell’11%. Il tasso di spostamento dei budget verso Internet è particolarmente rilevante nel caso della gdo, il cui livello di spesa in questo canale è cresciuto del 69,6%, il tutto in un mercato decisamente in crisi che andrà a chiudere con un inglorioso -10% su quasi tutti gli altri canali, anche se la Tv detiene ancora un robustissimo 57% di incidenza, dato che però subisce un’erosione di anno in anno, anche se in modo meno marcato della carta stampata, la quale paga le molteplici conseguenze della propria scarsa capacità di innovazione.


Siamo destinati a una sorta di bipolarismo pubblicitario, almeno a medio termine, dove Tv classica e Web sono destinati a uno scontro frontale. Ma visto che i due media si stanno sempre più integrando – le tv nazionali girano ormai praticamente tutte anche in live streaming, e apparati come le smart tv praticamente fondono emittenza tradizionale e web – si potrebbe parlare, più che di un duopolio di un nuovo monopolio. Certo sarà la sospirata fine della recessione a chiarire gli assetti: ma la direzione è già tracciata. In fondo, ancora oggi, la pubblicità ha molto da dare al marketing.