Un settore dell’immobiliare commerciale in grande cambiamento, ma non certo vinto dalla crisi, quello che si è presentato all’ultimo Mapic di Cannes, che ha chiuso i battenti il 15 novembre. Le cattedrali del commercio continuano a piacere e anzi tendono a posizionarsi su livelli di eccellenza proprio nelle nazioni della vecchia Europa Occidentale, nazioni che, solo in apparenza, possono sembrare mercati troppo maturi per rimanere sotto i riflettori.

Lo testimoniano, fra le altre cose, due ricerche, una sugli shopping center, firmata da Dtz, e l’altra sui factory outlet, realizzata da Ecostra.

Secondo Dtz, leader mondiale nei servizi di property, il livello di investimento nel settore imprese a livello europeo ha fatto segnare, nei primi 10 mesi, un dato tendenziale del +18% per toccare 89,9 miliardi di euro. “Business Immo”, il sito dedicato all’industria immobiliare, riferisce che 21 miliardi sono andati al commercio e di questa cifra poco meno della metà, precisamente il 45%, è dovuto ai centri commerciali. In questo segmento il livello delle transazioni è molto robusto e ha sfiorato i 9,5 miliardi di euro, rispetto ai 7,5 del 2012.

Una forte accentuazione dell’impegno degli operatori - soprattutto fondi di investimento - si osserva in Gran Bretagna e Germania, ma anche in Francia.  Si nota pure un buon ritmo degli investimenti intra europei (20%), che convergono soprattutto sulla Polonia. I player extra europei, dal canto loro, si dimostrano particolarmente interessati alla parte meridionale del nostro Continente.

A livello progettuale gli shopping center sono ormai modulati su valori molto precisi: abbinata fra acquisti e divertimento, collocazione in prossimità dei grandi centri urbani, superfici importanti - tali da suscitare una forte attrazione -, particolare cura posta nel design e nelle scelte architettoniche. Un mix di fascia alta, che esclude dal gioco chi non ha solidissime basi finanziarie e manageriali. A gettare il seme di questa vera selezione naturale è stata la recessione, e, fuori dal Vecchio Continente, un approccio ai mercati emergenti ancora difficilissimo, per non dire impossibile, se non si è dei professionisti consumati e super capitalizzati.

“Factory outlet centre performance report Europe 2013”, analisi condotta dalla tedesca Ecostra, leader nella consulenza strategica, e da Magdus, osservatorio europeo sui Foc, conferma l’importanza, nello scenario continentale, dello scacchiere delle grandi nazioni industrializzate.

Nella classifica annuale il Bicester Village (Oxfordshire), del gruppo Value Retail, ritorna al primo posto, come era accaduto nel 2008 e nel 2010, occupando la posizione che era stata, nel 2012, de La Vallé Village di Marne-la-Vallée (Parigi), sempre di Value retail.

Alle spalle Roermond Designer Outlet Centre (Paesi Bassi) di McArthurGlen. Vicino al confine con la Germania è chiuso solo a Natale e il Primo dell’anno e registra da sempre un flusso rimarchevole di clientela tedesca. Del resto McArthurGlen si qualifica sempre come il gruppo leader del settore, seguito, nell’ordine, da Neinver e da Value Retail.

Se questa edizione dello studio registra un certo appannamento degli outlet tedeschi, che non figurano più nella top ten, i risultati dei Foc germanici permangono molto positivi, sopra le medie continentali, come sopra la media è l’andamento di questa tipologia in rapporto alle altre cattedrali del commercio: ogni gestore delle diverse insegne di moda, tessile & C. ha in programma 3 o 4 aperture nei factory outlet nel 2014. Mercato centrale rimane sempre la Germania, nonostante la lieve flessione segnalata, seguita da Francia, Italia, Svizzera, Paesi Bassi e Regno Unito. La rincorsa è dovuta dagli alti livelli di redditività garantita dai Foc alle firme presenti, rispetto ai monomarca, ma anche al commercio elettronico.

Insomma ritorniamo al punto di partenza: diverse, più qualificate, più aggressive nel marketing, ma più morbide nell’accoglienza del consumatore, le due maggiori tipologie commerciali sono ben lontane dal tramonto. Al contrario vivono una trasformazione epocale, che trova le sue ragioni profonde nella stessa evoluzione sociale ed economica del nostro continente e anche del mondo intero. I tempi cambiano, le aziende pure. Chi non cambia esce dal mercato.