Con il 2013 le famiglie italiane dicono addio – si spera - alla peggiore crisi economica della storia recente. Se infatti il 2013 si chiude con una flessione del Pil quantificabile nell’1,8%, il 2014 segnala una prima timida inversione di tendenza (+0,7%) grazie anche a una lievissima ripresa dei redditi delle famiglie (+0,4%) e a un effetto di pari entità sui consumi. Sono i dati e le previsioni di Coop, all’indomani delle festività, desumibili dal Rapporto Coop “Consumi & Distribuzione”, redatto in collaborazione con Ref Ricerche e Nielsen.

E’ d’altronde vero che l’asprezza e la durata della crisi (usciamo da sei anni consecutivi di riduzione del reddito pro capite calato in media del 10%) hanno modificato in maniera irreversibile le scelte di consumo della famiglia italiana. Nel 2013 i nuovi acquisti di case sono stati di quasi il 60% inferiori a quelli del 2006. Le immatricolazioni di auto sono tornate ai livelli dei primi anni Settanta e addirittura il numero di auto per abitante circolante nelle città è sceso drammaticamente al dato di 10 anni fa.

Dal 2007 gli italiani hanno fatto oltre 30 milioni di viaggi in meno. Sono andati meno allo stadio (-1 milione nel 2013) e al cinema (-11% nell'ultimo anno). I nostri connazionali hanno rinunciato al cappotto e alle scarpe nuove (-3,4 miliardi di euro in due anni) e la crisi non ha risparmiato l'alimentare dove si sono ridotti gli acquisti di carne rossa e pesce (-13% e -11% dall'inizio della crisi) o dei vini (-5,6%). Le stesse voci di spesa che continuano a generare segni negativi nelle previsioni dell’anno appena arrivato: ancora meno case di proprietà, meno auto e, nell’alimentare, meno pesce, meno carne, meno bevande alcoliche. I consumi trovano un’isola felice sono negli oggetti legati a Internet o all’ultimo modello di smartphone. E proprio l’avvento di telefonini intelligenti e tablet (+10,6 milioni di pezzi venduti nell'ultimo anno) è l'unico elemento di dinamismo registrato nel 2013.

D’altronde l’intensità e la durata della ripresa è strettamente legata ad altri parametri, come l’andamento della disoccupazione, l’incertezza politica e la pressione fiscale. Non è un caso infatti, che un piccolo incremento almeno nella spesa alimentare si sia verificato solo nei giorni immediatamente precedenti al Natale e al Capodanno. Gli italiani, condizionati dalle incertezze sull’ultima legge di stabilità e dalle difficoltà a quantificare l’effettiva incidenza delle tasse di fine 2013, hanno allentato la tensione solo alla fine. Le prime stime parziali di Coop su dati Nielsen sull’ultima settimana dell’anno parlano di un +6% sull'anno precedente.

Ma una settimana non fa un anno e, ormai, neppure un mese. Infatti per le vendite della grande distribuzione dicembre si è chiuso con fatturati in calo dell'1,4. Il 2014, invece, dovrebbe segnare una leggera svolta positiva con un incremento a valore dello 0,4% nella gdo e un maggiore dinamismo nel largo consumo confezionato (+0,8%). Ma a voler decretare un vero vincitore il Natale 2013 è stato il primo Natale online degli italiani: gli acquisti su Internet dei regali natalizi hanno infatti sfiorato il +30% sull'anno precedente. Valga per tutti l’exploit di Amazon. Il colosso americano ha venduto oltre 36,8 milioni di prodotti in tutto il mondo nel giorno di picco. Il 16 dicembre, durante il cosiddetto cyber monday la dot.com più famosa del mondo ha totalizzato 426 prodotti al secondo. Per quanto riguarda l’Italia, sempre nella stessa giornata, i clienti hanno ordinato oltre 158.000 prodotti fra tutte le categorie disponibili sul sito, per un equivalente di 109 ordini al minuto.

Almeno in teoria, visto che in fondo le previsioni sono sempre abbastanza a rischio, cosa ci aspetta in una prospettiva più ampia? Secondo il Rapporto Club Consumo di Prometeia, elaborato in novembre ma reso noto il 18 dicembre, il percorso di risalita dai livelli di minimo dei consumi sarà lento e parziale, con volumi che nel 2015 potrebbero risultare ancora del 7% inferiori in termini reali a quelli del 2007. Una dinamica dei redditi attesa solo in contenuta ripresa a partire dal 2014 potrebbe infatti alimentare decisioni di spesa di natura precauzionale, con l’obiettivo di ricostituire parte dei risparmi e della ricchezza erosi in questi anni.

Nel biennio 2014-2015 si attende un limitato rilancio del food, che beneficerà anche dell’attenuazione della dinamica dei prezzi. I consumi non alimentari potrebbero invece evidenziare un nuovo calo nel 2014, con prospettive però più favorevoli per i servizi e i beni durevoli. All’interno di questa categoria, tuttavia, le necessità di rinnovo e la presenza di incentivi fiscali dreneranno le poche risorse disponibili verso i prodotti legati alla casa (mobili ed elettrodomestici), a discapito di quelli ritenuti in questa fase meno necessari e più voluttuari (soprattutto abbigliamento), per i quali si prevede un’ulteriore razionalizzazione dei comportamenti di acquisto.

Il peggioramento della domanda di beni di consumo ha di fatto azzerato la crescita del giro d’affari delle aziende della distribuzione commerciale al dettaglio, con effetti negativi intensi sui risultati reddituali. In particolare, i sacrifici sui margini e i ridotti volumi d’acquisto hanno ulteriormente aggravato le condizioni di reddito delle Pmi, già molto critiche in alcuni comparti.

L’analisi dei bilanci relativi al 2012 per oltre 7.000 imprese della distribuzione commerciale al dettaglio mette in luce anche le criticità per molte medie imprese, che avendo finora adottato strategie di crescita attraverso l’apertura di nuovi punti vendita, hanno sperimentato, a causa del rallentamento del fatturato e dei sacrifici sui margini, un forte aggravio dei costi fissi. Particolarmente colpite risultano quelle realtà che negli anni precedenti la crisi non sono state in grado di adeguare le strutture organizzative e di rendere efficienti i costi di struttura.

In un anno particolarmente critico per l’evoluzione dei consumi come il 2012, però, oltre il 15% delle imprese ha evidenziato variazioni positive del fatturato a doppia cifra e una percentuale ancora più alta, circa il 25%, una redditività superiore al 10%. Anche nei comparti della distribuzione di beni durevoli e per il tempo libero, maggiormente colpiti dal punto di vista del fatturato (oltre il 70% delle imprese ha mostrato variazioni negative), permane un nucleo forte di aziende (ancora un 15%) in grado di mantenere la redditività su livelli molto elevati.

Fra le leve strategiche adottate dalle realtà vincenti anche in questi anni di crisi, appare sempre più rilevante essere riusciti a spostare l’attenzione dal prezzo a fattori in grado di salvaguardare la creazione di valore, come la focalizzazione dell’assortimento e il miglioramento dei servizi pre e post vendita. Hanno inoltre avuto maggiore rilevanza i programmi di regionalizzazione delle politiche commerciali, differenziando assortimenti e comunicazione commerciale a seconda delle caratteristiche del bacino territoriale di utenza di ciascun punto vendita. Effetti positivi sono venuti inoltre dai programmi di fidelizzazione della clientela, in particolare quelli attuati anche attraverso il web, a segnalare una direzione sempre più obbligatoria per le strategie commerciali delle imprese della distribuzione al dettaglio nei prossimi anni.