“L’e-commerce è uno dei fenomeni più significativi degli ultimi anni e le previsioni di affermazione come una potente piattaforma per il consumo e la comunicazione vengono progressivamente confermate”, ha spiegato Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di Upa (utenti pubblicitari) nel corso della presentazione della ricerca commissionata dalla stessa Upa e da Google a Gfk Eurisko e dedicata alle opportunità che la rete offre e potrà offrire al mondo dei beni di largo consumo.

I segnali incoraggianti non mancano: “Prevediamo una progressione esponenziale dell’e-commerce da 10 a 50 miliardi nei prossimi 5 anni con almeno 1 miliardo di investimenti pubblicitari aggiuntivi – ha continuato Sassoli -. Se vogliamo far crescere il commercio elettronico dobbiamo attrarre le persone sulle piattaforme digitali investendo anche nei mezzi tradizionali. La ricerca conferma l’importanza della marca anche nel commercio digitale”.

E infatti il potenziale dell’e-commerce è davvero enorme: 13 milioni di persone allo stato attuale, in continua crescita. Nel largo consumo il trend è identico, anche se i numeri sono decisamente più piccoli: se oggi circa 400.000 persone sono solite comprare prodotti di largo consumo online, più di un quarto dei responsabili della spesa che utilizzano Internet è interessato ad acquistare beni di largo consumo sul web, pari a circa 2,7 milioni di persone.

Ci sono fattori incentivanti ed elementi frenanti. I primi riguardano, tutto sommato, l’inevitabile diffusione dell’informatica e il progressivo maturare delle generazioni cresciute sotto il segno della cultura digitale. Oggi la rete è davvero pervasiva: mezzi, come tablet e cellulari ne garantiscono l’uso anche in mobilità e attraverso le apps.

Tuttavia il 32% degli italiani si sente ancora poco o per nulla esperto nell’uso del pc, il 37% solo parzialmente esperto, e il 31% abituato o esperto. Dunque esiste uno zoccolo del 67% che va incentivato mediante il riscorso a strumenti di marketing classici. Non è un caso che gli operatori della vendita on line stiano cominciando a investire sulla televisione come elemento decisivo di visibilità: mentre scriviamo sono in corso le campagne di Zalando (scarpe, abiti, articoli sportivi di marca) e di Showrooomprive (moda a prezzi convenienti).

Ma i media della old economy sono in grado davvero di sviluppare una sinergia con la new economy? Se esaminiamo le risposte raccolte da Eurisko bisogna dire di sì, visto che sono la terza fonte di informazione e sensibilizzazione. La conoscenza delle piattaforme digitali per l’acquisto di beni proviene nel 60% dei casi dal passaparola di amici, parenti, colleghi; nel 49% dei casi dalla stessa navigazione sul web, infine, per il 40% dei casi dai media tradizionali (TV, giornali, riviste, radio).

Tutti i responsabili acquisti intervistati riconoscono vantaggi di non poco conto nell’acquistare online prodotti di largo consumo: più del 40% apprezza molto il risparmio di tempo e la facilità organizzativa (niente code, o parcheggi, niente pesi da portare, niente vincoli di orario); uno su tre riconosce la possibilità di risparmiare e di accedere a promozioni vantaggiose (37%); e una quota considerevole apprezza anche la possibilità di accedere ad assortimenti più ampi online (32%).

Ma c’è di più, il 60% dei responsabili acquisti che utilizza Internet si attende un rilevante ampliamento dei processi di acquisto online nel largo consumo nei prossimi dieci anni: il 50% del campione crede che si acquisteranno sul web diverse categorie di prodotto mentre il 10% è convinto che si arriverà a fare tutta la spesa online.

Allora cosa frena i soggetti rispetto alla possibilità di fare la propria spesa online? Innanzitutto un certo “disagio della smaterializzazione” degli acquisti (82%), in particolare per quel tipo di spesa alimentare per cui si preferisce scegliere personalmente e toccare con mano o avere la possibilità di confrontarsi con gli addetti alla vendita (72%). Per altri, fare la spesa online implica un cambiamento nell’abituale processo decisionale - bisogna decidere prima cosa comprare - (70%). Infine, la logistica della consegna della spesa, con la necessità della presenza in casa (63%) o della disponibilità di portieri, o il dover sopportare un costo aggiuntivo (67%).

Come abbattere queste barriere? I grandi dell’e-commerce, per ora attivi soprattutto nel non alimentare, insegnano, da Ibs, ad Amazon a Zalando, tanto per citare tre casi di rilievo. Consegne rapide e gratuite (in tutte le circostanze nel caso di Zalando), reso incondizionato per 30 giorni, assistenza clienti gratuita e  facile. Zalando ha risolto il problema della prova diretta dei capi incoraggiando i resi: il cliente, se indeciso, ordina anche più prodotti di diversi colori e/o taglie e trattiene solo quello adatto ai suoi gusti e alle sue misure.


I beni di consumo sono alla stregua dell’abbigliamento, dell’editoria e delle tecnologie? In larga parte sì, almeno per il non-food. Un detersivo dura per mesi, a volte per anni, senza alterarsi e lo stesso vale per un alimento in scatola, per un dolce confezionato, per una marmellata. Beni standardizzati con una lunga shelf life. Se mai il problema vero si pone per i deperibili. Ma non dimentichiamo che la distribuzione ha una capillarità notevole sul territorio. Basta ragionare in un’ottica di integrazione fra new e old economy per capire che chi ha acquistato dei freschi potrebbe benissimo essere autorizzato a renderli, in caso di problemi, al punto di vendita più vicino.

Torniamo ai dati. Chi compra on line cosa compra? Dalla ricerca emerge il ruolo trainante, almeno per ora, di viaggi, vacanze soggiorni e biglietti per il trasporto, poi di servizi telematici (abbonamenti telefonici, ricariche, abbonamenti internet), editoria in genere, elettrodomestici e telefonia, abbigliamento, calzature e accessori. Queste voci hanno incidenze che vanno, nell’ordine, dal 39% (almeno un citazione) sul totale del campione di 1.000 individui, fino al 15%, mentre alimentari e bevande precipitano al 2% insieme al grocery non food. Ma queste non sono che medie. Infatti, se si esaminano le singole voci, si comprende come i vari prodotti formino una curva che precipita in proporzione alla crescita di caratteristiche come freschezza e deperibilità. Dunque il lavoro da fare è ancora parecchio.

Per cogliere la sfida e le opportunità offerte dall’e-commerce nel settore del largo consumo, le aziende devono essere in grado di spiegare ai consumatori i vantaggi logistici, organizzativi ed economici legati a questa modalità di acquisto, comunicandoli in modo chiaro ed efficace. Il processo valutativo del consumatore passa, infatti, anche e soprattutto attraverso l’esperienza personale e i racconti di amici o di conoscenti che fungono da testimonial.

"Sebbene l’Italia sconti ancora un ritardo nell’adozione del digitale rispetto a Paesi più avanzati, la ricerca riconferma trend di crescita interessanti, anche per il largo consumo. Un quarto degli intervistati è interessato a comprare prodotti di largo consumo online e quasi la metà riconosce all’acquisto via web benefici funzionali indiscussi - conferma Carlo D'Asaro Biondo, presidente South East Europe, Middle East and Africa di Google -. Si aprono dunque opportunità rilevanti per le aziende italiane. E’ venuto il momento di mettersi in gioco e sperimentare nuove modalità di integrazione offline e online, al fine di valorizzare al meglio tutti gli asset della marca. Le aziende che meglio sapranno cogliere le sfide e le potenzialità dell’e-commerce oggi, saranno le vincitrici di domani”.