Ma è un orrore edilizio, l’ennesimo esempio di un Comune che, mancando di liquidità, vende al migliore offerente i propri pezzi migliori, o è una realizzazione innovativa, destinata a migliorare ulteriormente, qualora fosse possibile, il decoro della splendida Venezia? Sono queste le domande che si pongono nei confronti del maxiprogetto di centro commerciale lanciato dal gruppo Benetton e autorizzato, in tempi record, dal Sindaco Giorgio Orsoni, classe 1946, avvocato, docente di Diritto Amministrativo all’Università Ca’ Foscari, Direttore scientifico del master in "Diritto dell'Ambiente" , candidato del centro-sinistra, vittorioso nell’aprile  2010 sul rivale di centro-destra, Renato Brunetta.

Certo a leggere il curriculum, Orsoni non sembra uno sprovveduto e nemmeno una persona poco attenta alle esigenze della propria amata città, dove è nato e vissuto. Ma in ogni caso si deve a lui il via libera alla costruzione di un mega centro commerciale di minimo 6.800 mq vicinissimo al Ponte di Rialto e collocato nell’antico Fondaco dei Tedeschi, edificio che risale al Cinquecento e che trova, guarda caso, proprio nell’attività economica (nasce praticamente come centro di scambi) le sue prime ragioni d’essere.

A portare la questione agli onori della cronaca nazionale è stato Salvatore Settis, ex Presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, che ha attaccato frontalmente il piano in un articolo al vetriolo comparso su “Repubblica” il 13 febbraio.

Settis fa presente che nel Fondaco furono attivi artisti del calibro di Tiziano e Giorgione e riferisce il risvolto finanziario della vicenda: l’autorizzazione ha visto l’esborso di  6 milioni di euro che Benetton verserà al Comune entro il 30 dicembre di quest’anno, come “beneficio pubblico”. La convenzione – lo dice sempre Settis – è  ferrea, in quanto, in mancanza di permessi rilasciati in soli 12 mesi e in assenza di una conclusione dei lavori entro 48 mesi, la somma dovrà essere restituita con tanto di interessi.

Del resto il gruppo Benetton non ha mai fatto troppi misteri sul futuro del Fondaco, comprato nel 2008 per 53 milioni e destinato fin dall’inizio a diventare un aggregato commerciale.

Di mezzo, prosegue Settis, è stata anche messa la firma di un archistar, come Rem Koolhas da Rotterdam, giornalista, designer, progettista, carico di prestigiose mostre nei migliori musei del mondo e di altrettanti premi fra i quali, nel 2010, un Leone d’oro alla carriera.

Quello che ha fatto particolarmente infuriare Settis è la “terrazza a vasca”, che andrà a sostituire l’antico lucernario. Tuttavia questo elemento è stato, dopo l’articolo e forse in parte in seguito ad esso, sostituito da un più modesto ed estetico Belvedere, che fa parte di una variante al progetto originario che sarà votata fra circa un mese dal Consiglio Comunale.

In tutta l’intricata vicenda c’è anche una denuncia di Italia Nostra alla Procura della Repubblica e al Ministero dei Beni culturali. Come riferisce sempre “Repubblica”, secondo l’associazione “alcuni degli interventi previsti violano le inderogabili prescrizioni conservative di legge, al punto che possono ricadere sotto le sanzioni non solo del Codice dei Beni Culturali, ma anche del Codice Penale”.

Per giunta, si stupisce l’articolista, questo scambio arriva da un gruppo (Benetton) che da anni, a Treviso, tramite la propria Fondazione, si è attivato per preservare i luoghi di valore.

Ma come rispondono Orsoni e il re del casual, travolti da questo mare di accuse? Il secondo, a quanto ci risulta, non ha preso posizioni, se non attraverso, come già detto, una riformulazione del piano originario. Il primo invece ha affidato sempre alla “Repubblica” la propria autodifesa, in un’intervista rilasciata a Fabio Tonacci il 15 febbraio.

Nel pezzo il Sindaco grida  il proprio disappunto (“non siamo selvaggi che vogliono distruggere la città”), accusa Settis di non conoscere a fondo i termini dell’accordo con il colosso di Ponzano Veneto, e giustifica i famosi 6 milioni come “risarcimento dovuto al Comune per il maggior valore acquisito dal Palazzo”. E si avvia alla conclusione ribadendo che il Fondaco nasce come edificio commerciale, che “negli anni Trenta è stato riempito di cemento armato” e che, per conseguenza, difenderlo a oltranza è solo una manifestazione di feticismo. Ciliegina sulla torta, nonché battuta di esordio: "Anche la Piramide del Louvre all'inizio è stata contestata, poi è diventata un simbolo".

Ammettiamolo: abbiamo soltanto riferito, è vero, ma in fondo abbiamo reso anche noi un servizio al nostro lettore, al quale potrebbe essere sfuggita una faccenda che, comunque vada a finire, rimane sempre una brutta faccenda, quasi indifendibile.

Ma i centri commerciali non si facevano nelle periferie delle città e nelle aree industriali dismesse? Pensiamoci e domandiamoci anche cosa sarebbe successo se, invece del munifico Benetton, ad aprire questa pratica azzardata fosse stato un operatore commerciale non intenzionato a spendere ben 6 milioni, siano essi un benefit, come vuole Settis, o un giusto indennizzo, come dice Orsoni. In ogni caso il 20 febbraio, in seguito alla denuncia di Italia Nostra, la Procura della Repubblica di Venezia ha aperto un'inchiesta conoscitiva, per verificare se il progetto non presenti violazioni della legge, in particolare delle norme sui beni culturali e dell'articolo 635 del Codice Penale (deterioramento di cose di interesse storico e artistico). Il progetto resta dunque bloccato in attesa della pronuncia della Magistratura.