I nostri connazionali sono sfiduciati e se la spesa è più piccola, è anche più attenta e comunque nelle scelte non si rinuncia a un certo livello qualitativo. A dirlo è Coldiretti in un’indagine condotta con Swg nell’ottobre 2011.

Se ben l’89 per cento degli italiani ritiene che la situazione economica del Paese sia negativa, oltre la metà (53 per cento) giudica positivamente il bilancio della propria famiglia. Una situazione che è confermata dal fatto che, se il 49 per cento dichiara di riuscire a pagare appena le spese senza permettersi ulteriori lussi e addirittura un 5-10 per cento non è in grado di garantirsi il minimo indispensabile, c’è un 42 per cento che afferma di vivere serenamente senza particolari affanni. Alla crisi economica si aggiunge una forte preoccupazione per il futuro, con il 62 per cento degli italiani che ritiene che la situazione dell’Italia sia destinata a peggiorare. Una mancanza di fiducia nel proprio Paese che emerge anche dal fatto che il 54 per cento degli italiani ritiene di aver dato all’Italia più di quanto ha ricevuto mentre solo il 12 per cento sostiene che ha ricevuto più di quanto ha dato.

Il 57 per cento degli italiani ha ridotto lo spreco di cibo per effetto della crisi. “Si tratta di una tendenza positiva in un Paese come l’Italia dove a causa degli sprechi dal campo alla tavola viene perso cibo per oltre 10  milioni di tonnellate” ha affermato il presidente di Coldiretti, Sergio Marini nel sottolineare che è importante un recupero di sensibilità nei confronti del cibo e del suo valore, soprattutto in un mondo dove “la globalizzazione dei mercati, a cui non ha fatto seguito quella della politica, ha portato a un deficit di responsabilità, di onestà e di trasparenza che ha generato la crisi internazionale e ha drammaticamente legittimato la derubricazione del tema cibo fino a farlo considerare una merce qualsiasi”.

In Italia gli sprechi alimentari equivalgono a un valore annuale di ben 37 miliardi di euro in grado di garantire l’alimentazione per ben 44 milioni di persone. Tra coloro che hanno ridotto lo spreco il 47 per cento lo ha fatto facendo la spesa in modo più oculato, il 31 per cento riducendo le dosi acquistate, il 24 per cento utilizzando quello che avanza per il pasto successivo e il 18 per cento guardando con più attenzione alla data di scadenza.

Dopo anni si inverte la tendenza e aumenta il tempo dedicato dalla maggioranza degli italiani (55 per cento) a fare la spesa, nei confronti della quale ben il 72 per cento dichiara di prestare una maggiore attenzione rispetto al passato. In Italia la tavola è una componente importante della spesa familiare con un valore per nucleo che è stato di 467 euro al mese nel 2010, pari al 19 per cento rispetto al 19,1 per cento destinato a trasporti, combustibili ed energia. Se è dunque verosimile che in tempo di crisi ben il 61 per cento confronti con più attenzione i prezzi e il 59 per cento guardi alle offerte 3x2, è interessante verificare che ben il 43 per cento si accerta della qualità dei prodotti e una percentuale analoga verifica la provenienza. Un risultato che mette in evidenza un trend alla ricerca del miglior rapporto prezzo qualità per l’alimentazione davanti alla vastità dell’offerta sugli scaffali. Non è un caso infatti che solo il 16 per cento degli italiani dichiari di aver ridotto la spesa o rimandato gli acquisti alimentari. La consapevolezza dell’importanza dell’alimentazione è evidente, se confrontata ad altri beni di consumo come l’abbigliamento, per il quale il cittadino medio ha ridotto la spesa del 51 per cento, o le vacanze (-50 per cento) o, ancora, i beni tecnologici (-34 per cento).

Il 25 per cento degli italiani ha aumentato nel 2011 la frequenza dei discount mentre, all’opposto, ben il 38 per cento ha ridotto la propria presenza nei negozi tradizionali, che rischiano un vero crack mentre tengono sostanzialmente i supermercati.
Quasi un italiano su tre (29 per cento) acquista regolarmente prodotti a denominazione di origine, il 14 per cento quelli biologici e il 15 per cento direttamente dal produttore. Resta alta, nonostante la crisi, l’opposizione agli organismi geneticamente modificati che sono considerati meno salutari da ben il 60 per cento degli italiani, con un 16 per cento che non risponde. Si assiste però ad una polarizzazione. Le percentuali degli italiani che acquistano prodotti a denominazione, bio o dagli agricoltori tengono rispetto allo scorso anno, a conferma del fatto che la crisi non incide sul bisogno di sicurezza alimentare dei cittadini che continuano a esprimere un forte interesse per le produzioni a elevato contenuto salutistico e ambientale. Chi ha disponibilità di reddito ed è un consumatore attento alla qualità e alla tipicità. consolida i propri stili, mentre chi si trova in difficoltà è spesso costretto a rinunciare.

Complessivamente i 229 prodotti a denominazione di origine Made in Italy protetti dal riconoscimento comunitario hanno sviluppato nel 2010 un fatturato al consumo superiore ai 9 miliardi di euro dei quali circa 1,5 miliardi realizzati sui mercati esteri attraverso l’esportazione. A crescere è anche il biologico, che ha fatto segnare un incremento record dell’11,6% nel 2010, e che continua anche quest’anno, con un aumento dei consumi dell’11,5% nei primi quattro mesi, dimostrandosi in controtendenza rispetto al resto dell’agroalimentare.