“I consumi reali, per quanto riguarda il non alimentare, sono tornati ai valori di cinque anni fa. Le grandi superfici specializzate hanno visto un progressivo aumento sia della presenza sul territorio, sia della loro quota di mercato, a discapito sia del canale tradizionale, che del canale ipermercati. Questi ultimi in dieci anni crescono numericamente, mentre non crescono le quote sui comparti non-food con l’eccezione di poche categorie. Si smentisce quindi l’opinione secondo cui il non alimentare sarebbe dovuto essere, per i grandissimi punti di vendita, un’occasione importante per rispondere, ai diminuiti margini sul grocery. A dieci anni di distanza dall’enunciazione di questa ipotesi, l’occasione non è stata colta a pieno”.

Questo il primo risultato che emerge della decima edizione dell’Osservatorio non-food di GS1 Italy-Indicod-Ecr, svolta in collaborazione con TradeLab, Symphony Iri e GFK Eurisko.
Analizzando i trend dell’ultimo anno, i consumi delle famiglie sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente (+0,2% in termini reali), con una riduzione degli alimentari, del trasporto e dell’abbigliamento. Una dinamica questa che trova spiegazione in due fattori che hanno influenzato il comportamento delle famiglie: la progressiva perdita di potere d’acquisto e la migliorata propensione al risparmio.

I mercati indagati dall’Osservatorio hanno evidenziato una dinamica ancora più negativa rispetto ai consumi totali delle famiglie (-2,4% vs -0,6%, dati Istat in termini correnti), come effetto della crescita della spesa di servizi che caratterizza l’aggregato dei consumi totali Istat. In particolare, i comparti che hanno fatto registrare le performance più negative sono: elettronica di consumo, edutainment, abbigliamento e calzature. Tra i mercati che hanno registrato una dinamica positiva, seppur limitata, il bricolage e la profumeria.

Nel complesso la distribuzione moderna ha, comunque, sostanzialmente mantenuto le quote di mercato dell’anno precedente, facendo registrare in alcuni settori qualche ulteriore miglioramento (mobili e arredamento, edutainment). Al suo interno il canale degli ipermercati perde quote su quasi tutti i panieri monitorati (con l’eccezione di casalinghi, cancelleria e giocattoli), mentre il canale delle gss riesce a mantenere le posizioni (in alcuni casi anche migliorandole) grazie a processi di consolidamento delle reti di vendita e a politiche di razionalizzazione e di ricerca di una gestione più efficiente sul territorio.
Nel prossimo futuro, a fronte di probabili dinamiche dei consumi negative o comunque assai deboli, le imprese della distribuzione moderna si troveranno di fronte alla necessità di rivedere i propri modelli di business per adattarli al nuovo contesto di mercato e alle diverse esigenze dei consumatori.

Ma in che modo? La strada la indicano i dati elaborati da Symphony Iri e GFK Eurisko, secondo i quali le migliori performance nel non-food sono in quegli ipermercati che spingono verso assortimenti più snelli con focus su categorie “semplici” per complessità dei prodotti acquistati e livello di spesa, sostenuti da una gestione costante dell’in-out (inserimento ed esclusione dei prodotti dall’assortimento di un punto vendita) per soddisfare puntualmente le richieste del consumatore. Un consumatore che, in queste categorie, riconosce all’ipermercato un forte ruolo di saving, ma non vuole rinunciare “a scegliere” e, di fronte a un ottimo rapporto qualità-prezzo, ricerca anche prodotti più costosi.

In questa decima edizione dell’Osservatorio è stata censita nuovamente, in collaborazione con TradeLab la presenza su Facebook ed è stato aggiunto Twitter. Sotto la lente 260 insegne della distribuzione non alimentare (grandi superfici specializzate, catene e grandi magazzini), che rappresentano circa 30.000 punti vendita localizzati sul territorio nazionale.

Il fenomeno Facebook è in crescita rispetto al 2011: il 60% circa delle insegne è presente con una propria pagina ufficiale (+21% rispetto al 2011), a cui si aggiunge un ulteriore 25% che è attivo solo con pagine create da altri utenti. Il numero medio dei “fan” risulta addirittura quadruplicato nel corso di un anno, mentre la frequenza di aggiornamento dei contenuti aumenta (+12% le insegne che aggiornano 3-4 volte al giorno) così come il livello di interazione e coinvolgimento.

Su Twitter – che, ripetiamo, viene analizzato per la prima volta - le insegne presenti sono circa il 30% del totale. E sono diversi i fenomeni di particolare interesse: nell’arco degli ultimi due anni le insegne hanno pubblicato mediamente circa 850 contenuti, il 22% aggiorna il proprio profilo più di due volte al giorno e il livello di interazione, ossia le risposte alle domande dei propri follower, è molto rapido ed elevato.

Osservando i risultati dell’analisi si evidenziano a priori due aspetti: le insegne non-food più performanti su un social network (Facebook) lo sono anche sull’altro (Twitter); le insegne più dinamiche sono le stesse del censimento dell’anno scorso, nell’ordine: Ikea, Feltrinelli, Game Stop e Benetton a pari merito.

E il futuro? A breve i social network potrebbero diventare anche un nuovo canale di vendita, rafforzando ulteriormente la logica di multicanalità che già caratterizza il non-food. Basti dire che su 48 milioni di italiani tra gli 11 e i 74 anni, il 77% accede alla rete, anche in maniera occasionale, (+7% rispetto al 2010) e circa 27 milioni lo fanno almeno una volta alla settimana (+8% in un anno), per lavoro e per motivi più ludici. Un crescendo che riguarda in particolare l’utilizzo dei social network: negli ultimi anni il tempo dedicato a Internet in generale non è cresciuto di molto, mentre è addirittura raddoppiato quello dedicato ai social. Facebook presenta il maggior tasso di penetrazione (lo utilizza ben il 29% dei “naviganti”), mentre Twitter è quello in più rapida ascesa, seppure utilizzato solo dal 5% degli utenti web.