Promozioni sì, promozioni no? C’è chi dice che siano dannose in quanto, alla lunga, finiscono per abbassare la soglia di prezzo percepita dal consumatore e dunque comportano una specie di effetto domino: da uno sconto si passa a un altro, sempre più forte, sempre più drastico, sempre più banalizzato e indiscriminato. I margini si erodono in modo costante, finché non si riesce più a reggere la competizione e si esce dal mercato. C’è anche chi dice che l’every day low price sia molto meglio dell’alternanza high-low, meno stressante, più corretto e trasparente. La realtà è invece che l’edlp, salvo in rari casi, fa cilecca, in quanto il cliente si abitua facilmente, e altrettanto facilmente dimentica le condizioni di favore delle quali ha beneficiato. Ma pare che questo fenomeno riguardi anche l’high-low, anche con cicli di vita più lenti.

Di fatto in tempo di recessione le promo sono indispensabili, oltre ogni logica. E così mentre i volumi delle vendite a valore nella grande distribuzione sono in calo (-2,2%, a.t. a febbraio 2013) cresce il numero di articoli offerti in promozione (+0,4). L'esigenza di risparmio inizia a manifestarsi anche attraverso tagli di quantità sui beni di largo consumo e le promozioni non sono più sufficienti ad arginare l'ondata di difficoltà che si è abbattuta sulle famiglie. Le scelte messe in atto dai consumatori risultano razionali: il 30%, infatti, compra di meno in assoluto, mentre il 54% compra limitandosi all'essenziale e taglia il superfluo. E' questo quanto è emerso da un recente convegno "Promozioni efficaci? Le nuove frontiere del volantino", promosso da Nielsen e dall'Università degli Studi di Parma.

La domanda di convenienza è molto forte (l'82% dei consumatori dichiara di fare un grande sforzo per comprare i prodotti al prezzo più basso), ma si intercettano i primi segnali di stanchezza (sono in calo di 3 punti percentuali coloro che cercano attivamente prodotti in promozione).

"C'è la necessità di reinventare le promozioni, cogliendo la forte propensione al cambiamento espressa dai consumatori - puntualizza Romolo de Camillis, direttore divisione retail di Nielsen - Le promozioni devono essere ripensate strategicamente come possibile vantaggio competitivo e non come semplice leva per mantenere i volumi. Nonostante perdurino forti elementi di indifferenziazione si intercettano i primi segnali di cambiamento, come le nuove tipologie di promozione rivolte a segmenti specifici di consumatori". Insomma si andrebbe in sostanza verso una scontistica più intelligente, meno massificata, più mirata.

In ogni caso il fatto rimane: nel corso di un decennio è cambiata radicalmente l'offerta promozionale, crescendo sia in termini di pressione (+ 9 punti) che di profondità dello sconto (più che quintuplicati i tagli di prezzo superiori al 40%).  E così, a oggi, il 50% delle aziende del largo consumo ha ridotto gli investimenti in comunicazione e aumentato le promo.

C'è da chiedersi anche se tutte le promozioni siano percepite come tali da parte dei consumatori, che sembrano preferire sempre più quelle legate agli sconti (82%) rispetto a quelle legate alle quantità di articoli acquistati (10%). Non solo: chi in mezzo alla gdo ci vive, come fa la stampa di settore, sa benissimo che premi, gadget, concorsi, non funzionano praticamente più, fatta eccezione per il segmento bambini e per il licensing. In questo caso la responsabile degli acquisti è disposta a fare uno strappo alla regola, pur di accontentare i figli e procurare loro un certo personaggio abbinato, per esempio, a una raccolta di punti. E infatti alcuni segmenti del food, pensiamo alle merendine o ai cereali per prima colazione, sono letteralmente colonizzati da prodotti che fanno leva su un determinato character.

Il fenomeno licensing, evidentissimo nell’alimentare, è dirompente anche nel non-food, comparto ancora più provato dalla recessione. Il dato è emerso durante la recente edizione di Bologna Licensing Trade Fair. Qualche dato tratto da una ricerca di Value Lab per la stessa Bltf: in Italia i prodotti in licensing nei settori abbigliamento, accessori e home décor hanno fatto registrare nel 2012 un fatturato complessivo di 1,6 miliardi di euro nella gdo e nei retailer specializzati. Nel 2013, nonostante la crisi economica, il giro d’affari di tali prodotti vedrà un aumento di circa il 3-5%, pari a oltre 60 milioni di euro.

Ma torniamo all’analisi di Nielsen, che ha evidenziato la bassa differenziazione di offerta promozionale nelle diverse tipologie di punti vendita, sia in termini di percentuale di articoli promozionati che di crescita avvenuta nel corso dell'ultimo anno. Negli iper con superficie superiore ai 4.500 mq le referenze promozionate equivalgono al 15,7% (+1,1 punti vs 2011); nei supermercati 2.500-4.499 mq al 16,2% (+0,7 punti vs 2011); nei supermercati 1.500-2.499 mq al 15% (+0,8 vs 2011); nei supermercati 800-1.499 mq al 14,7% (+0,5 punti), infine nei super 400-799 al 13,9% (+0,1). E’ abbastanza sconvolgente apprendere che un super di prossimità è oggi praticamente costretto a tenere il ritmo di un iper e di un superstore.

"E' necessario arrestare la spirale del declino innestata dall'aumento della pressione promozionale a fronte di una contrazione delle vendite e un volantino che continua a manifestare continue carenze di contenuto e distribuzione - ha dichiarato Gianpiero Lugli, professore di marketing distributivo all'Università di Parma -. E' per questo motivo che abbiamo creato un modello di ottimizzazione che consente, attraverso dati e la georeferenziazione dei clienti, di individuare le zone geografiche ottimali di distribuzione del volantino. Ma ciò non è sufficiente perché dobbiamo riuscire a trasformare il volantino in un canale di comunicazione che, al pari di altri media, consenta di misurare il ritorno sugli investimenti, inserendolo in un contesto in cambiamento in cui il digitale sta amplificando la possibilità di veicolare le promozioni”.

Mettendo in rapporto promozione e tipologia di brand, è emersa una scarsa differenziazione tra leader e follower: si osserva infatti che l'intensità delle promozioni sul prezzo si aggira intorno al 20% per tutte le tipologie di marchi. La differenziazione non è una necessità solo per la distribuzione ma anche per l'industria, dal momento che oggi le promo stanno diminuendo il livello di fedeltà dei clienti verso le insegne: il 38% cambia negozio per ricercare l’opportunità migliore (+2% vs 2011) e il 13% compra in offerta solo le marche gradite (-2 punti rispetto al 2011). Insomma: lo sconto, così com’è, decisamente non paga.