Quali sono i maggiori driver tecnologici nel mondo del retail? Qual è il livello di conoscenza di soluzioni avanzate da parte dei responsabili delle diverse catene? E che intenzione hanno le grandi insegne di implementare o non implementare particolari mezzi informatici nel tempo a venire?

A queste e altre domande risponde 5T5 retail, un rapporto realizzato dall’unità di ricerca di Loft Media Publishing (Lmp), sponsorizzato da TCpos e Ibm e parte della collana 5T5 reports (www.5T5reports.com ). Sono state condotte oltre 100 interviste a manager del settore, interviste messe a confronto con dati analitici italiani ed esteri. Lmp ha realizzato una previsione a 5 anni, tracciando lo scenario del futuro.

Intanto i nostri retailer appaiono cauti, ma non disinformati, dimostrano un alto livello di attenzione sul versante delle novità, anche se questo atteggiamento aperto si scontra con budget ancora limitati. “Il retail italiano – si legge - non è né più avanti né più indietro, tecnologicamente parlando, della media degli analoghi mercati esteri. Esistono Paesi, come la Corea, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, dove il livello di sperimentazione e di roll-out dei trend individuati è maggiore, ma si tratta, per il momento, di casi isolati. Al di là degli appelli delle istituzioni, dal punto di vista degli imprenditori la crisi economica che stiamo  attraversando non rappresenta certo un incentivo a investire in innovazione. Ma l’analisi dei 5 trend oggetto di questo rapporto ci porta a concludere che un uso più strategico e soprattutto sinergico delle tecnologie disponibili è in grado di produrre un incremento nei consumi (e di conseguenza nei fatturati dei retailer) senza la necessità di prevedere ingenti investimenti. Ciò che ancora persiste, e che ci auguriamo si riduca presto, è una generale difficoltà nella comunicazione e collaborazione interna fra aree aziendali che dovranno necessariamente agire di concerto affinché le potenzialità consentite dai 5 trend identificati si sviluppino al di là delle nostre previsioni”.

Ma quali sono i 5 driver evolutivi di cui si parla?

Il primo è l’Extended shop, già in parte adottato, anche se in modo troppo timido, da un buon 50% dei soggetti campionati. Si tratta, in pratica, di impiegare, oltre al classico canale fisico,  tutta una serie di alternative di vendita e di comunicazione che possono ampliare le occasioni di contatto fra distribuzione e consumatore: digital signage, e-commerce, social media e vending machine. Anche se molti prevedono di farvi ricorso, queste soluzioni non prenderanno quota in modo particolarmente marcato nell’arco di un lustro: troppo spesso la gestione  compete “nell’organigramma dei retailer italiani (non solo italiani, comunque) da figure professionali diverse e ricadono su budget differenti. Ciò ne rende l’integrazione particolarmente ardua” e la recessione non è certo un incentivo.

Il secondo elemento importante è costituito dagli Invisible payments, ossia le modalità di pagamento senza contanti: carte di credito, credito telefonico, fidelity card e pos evoluti. Qui il livello di evoluzione del nostro retail è già elevato, grazie all’impegno su questo fronte del sistema bancario, delle società emittenti di carte, degli operatori cellulari. Lo scenario tracciato da Lmp pronostica un balzo del 78% e, fatto molto interessante, un’integrazione spinta delle diverse soluzioni. Le fidelity, per esempio, saranno, per così dire “risucchiate” all’interno delle sim card dei clienti.

Il Dynamic warehouse è il terzo trend preso in esame. Allo stato attuale sono in corso, da parte delle catene più evolute, seri progetti pilota. La sfida è quella di creare un vero sistema nervoso informatico, dalla logistica alla vendita. “Magazzini sempre più intelligenti, chioschi in-store capaci di assistere i clienti, pos collegati direttamente con sistemi informativi e software di supporto decisionale. Il Dynamic warehouse è un trend capace di cambiare nel profondo l’attività dei retailer italiani. E lo sfruttamento delle sue potenzialità passerà nei prossimi 5 anni dal 36% al 78 percento”.

Interactive sales: sono una tendenza vincente, ma anche qui la crisi esercita un peso notevole sugli investimenti. Molte insegne sono già al lavoro. Però, avverte, Lmp, “rendere interattivo il processo di vendita è più facile da raccontare che da mettere in pratica. Le tecnologie da utilizzare sono diverse e per di più, affinché il ciclo sia davvero efficace (e non un semplice sfoggio di high-tech), devono essere usate in modo sinergico –  si legge -. Per il momento, sebbene siano a conoscenza delle loro potenzialità e si dimostrino ben informati, anche rispetto ai casi d’uso internazionali (il 97% dei componenti del panel dichiara di conoscere bene l’insieme delle tecnologie che rientrano nel trend), l’uso di queste tecnologie da parte dei retailer italiani è assai disomogeneo: si va da un 73,8% per le carte fedeltà a un 33,3% per i chioschi in-store. I sistemi di pagamento contactless sono poco usati (dal 23,8% degli intervistati), ma soprattutto per via della mancanza di uno standard”.

Infine il Proximity engagment, ossia il coinvolgimento della clientela in un’ottica di prossimità: il digitale ha allargato a dismisura il concetto di bacino di utenza, basti pensare al commercio elettronico. “Se digital signage, qr code e analisi dei flussi della clientela sono usati tutte da più del 50% dei retailer intervistati, la realtà aumentata e i sistemi di pagamento contactless navigano appena al di sopra del 20 percento.
Considerato nel suo complesso, il trend del Proximity engagement risulta usato dal 55% dei retailer intervistati. Tuttavia emergono dall’indagine profonde disparità fra le singole tecnologie, il che ci porta a pensare che l’integrazione di queste ultime sia ancora in uno stadio prototipale nella maggior parte dei casi”.

Insomma il futuro mette a disposizione molte interessanti metodiche per moltiplicare i fatturati, e le occasioni di incontro fra prodotto e consumatore, anche perché l’uso massiccio della tecnologia consente, già a medio termine, di rendere i margini più interessanti. Perché l’opportunità sia colta fino in fondo è tuttavia necessario che le imprese escano dai gorghi della recessione e trovino la speranza e soprattutto i mezzi per investire. In questa sfida indubbiamente il sistema bancario giocherà un ruolo fondamentale.