Difficile dire se ci sia, a parte forse il tentativo di attacco contro il monopolio delle farmacie, un punto del pacchetto liberalizzazioni che abbia sollevato tante polemiche e destato tante liti come l’ormai famigerato articolo 62, quello che prevede tempi di pagamento certi (30 giorni per i freschi e 60 per le altre derrate) nei confronti delle pmi agroalimentari, da parte del commercio.

Questa settimana il Ministro delle Politiche Agricole Mario Catania ha apertamente attaccato la gdo, dicendosi stupefatto che una realtà che incassa un fiume di denaro tutti i santi giorni abbia poi tanti problemi a pagare, strozzi i fornitori e neghi diritti fondamentali come quello di avere contratti scritti. Insomma: gettati via i mezzi termini,  Catania ha dichiarato guerra al fronte del “no” e a quei politici che finiranno per sposarne la filosofia.

La posizione della distribuzione moderna è netta. Il principio del rispetto dei termini di pagamento è stato digerito, si spera e pare, ma quello che si chiede è soprattutto che la legge non vada solo incontro agli interessi delle multinazionali. Riportiamo il commento congiunto di Federdistribuzione, Ancc (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) e Ancd (Associazione Nazionale Cooperative Dettaglianti): “Leggiamo con stupore le affermazioni del Ministro Catania a proposito dell’articolo 62 contenuto nel Decreto Liberalizzazioni. Pur ritenendo illegittima la norma, non abbiamo in alcun modo obiettato all’obbligatorietà del contratto scritto e dei termini di pagamento a tutela delle piccole imprese agricole e industriali. Non è questo il punto. L’art. 62, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere, così come impostato, fa piuttosto gli interessi dei grandi gruppi industriali. Siamo anzi favorevoli a tutele aggiuntive per sostenere le piccole imprese agricole e industriali, ma l’articolo 62 va in tutt’altra direzione e in realtà favorisce le grandi multinazionali, i grandi gruppi industriali, ovvero, contrariamente a quanto pensa il Ministro, fa gli interessi di una potente lobby che non si comprende perché debba avere una tutela legislativa”.

Ma come mai la norma sarebbe illegittima? I distributori hanno già precisato, nei giorni scorsi, che esisterebbe una contraddizione con quanto fissato dalla Costituzione (articolo 41) in materia di libertà di impresa e che persino a livello comunitario, dove i termini sono identici al nostro articolo 62, esiste un sistema di deroghe che lascia spazio alla negoziazione.

Chi ha torto e chi ha ragione?  La domanda non è questa. Il nostro intento, se mai, è di fotografare le posizioni degli schieramenti in campo e di fare capire quanto una legge, in sé lodevole, sia a rischio di morte prematura.

A dare sostegno al Ministro sono scese in campo, come era facile prevedere, le associazioni industriali e agricole, da Cia a Coldiretti, a Federalimentare. In particolare Filippo Ferrua, presidente della stessa Federalimentare, ha dichiarato: “Condivido pienamente le parole del Ministro per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali Mario Catania in difesa dei principi fissati nell’articolo 62 del Decreto Liberalizzazioni, norme che portano maggiore equità nei reciproci rapporti commerciali tra le 100.000 imprese agricole, le 6.500 industrie alimentari e i pochissimi attori della distribuzione moderna. Si tratta infatti di principi capaci di favorire la libera concorrenza e il mercato, a tutto vantaggio del consumatore, e di tutelare in particolare le migliaia di piccole e medie imprese, sempre più in difficoltà nei rapporti con la grande distribuzione moderna. Tra l’altro lo svuotamento dell’articolo 62 porterebbe vantaggi proprio a quelle catene multinazionali che in altri Paesi sono assai più rispettose dei termini di pagamento nei confronti dei propri fornitori. Auspico pertanto che la ferma presa di posizione del Ministro Catania e di tutte le rappresentanze della produzione agroalimentare possa trovare ascolto non solo in ambito governativo ma anche in sede di conversione parlamentare”.

Il presidente di Cia Giuseppe Politi, dal canto suo, ha fatto rilevare che “è indispensabile migliorare i rapporti tra mondo produttivo agricolo e grande distribuzione organizzata, rendendo più trasparenti i meccanismi di formazione dei prezzi, accelerare i pagamenti, evitare speculazioni ed eccesso di posizione dominante. Il provvedimento che riguarda i rapporti tra agricoltura e Gdo -ha affermato Politi- recepisce alcuni elementi contenuti nella proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Confederazione italiana agricoltori. E’ per noi importante che ci sia una maggiore trasparenza dei rapporti all’interno della filiera, come l’obbligo della forma scritta per i contratti di cessione di beni agricoli e alimentari, il divieto di comportamenti sleali e l’accelerazione dei termini di pagamento per le cessioni di prodotti”.

Anche Confcommercio ha espresso  la propria posizione, puntando più che altro su argomenti che hanno a che fare con il diritto internazionale: “La via maestra per affrontare la questione dei tempi di pagamento anche tra i privati è a nostro avviso il recepimento della direttiva europea in materia del 2011. Del resto, alla stregua di quanto previsto con la recente approvazione di un emendamento alla Legge Comunitaria per il 2011, tale recepimento nel nostro ordinamento dovrebbe avvenire in tempi molto celeri. Nell’approccio europeo al problema, resta infatti confermata la possibilità di determinare per via contrattuale il termine di pagamento tra le parti e soltanto in mancanza di tale previsione contrattuale scattano gli interessi di mora dopo trenta giorni. La disciplina recata dall’articolo 62 del decreto legge del 24 gennaio per i prodotti agricoli e agroalimentari cozza con questo impianto europeo, prevedendo invece l’inderogabilità contrattuale del termine di trenta giorni per le merci deteriorabili e del termine di sessanta giorni per le altre merci. Ne risulta, dunque, un intervento “a gamba tesa” sul terreno del libero svolgimento delle relazioni economiche che sa tanto di antiquato dirigismo e che non ha davvero nulla di quelle logiche di liberalizzatrice spinta alla competitività, che costituiscono l’insegna complessiva del decreto”. A pare la chiosa altamente polemica, in effetti - se non ricordiamo male le nostre scarse nozioni di diritto - dove vige un dettato comunitario le norme dello Stato possono essere disapplicate.

Difficile comprendere come andrà a finire. Se lo domanda Mario Catania e ce lo domandiamo noi. Lo scontro è davvero imponente e sarebbe meglio che si giocasse su un tavolo comune, piuttosto che a colpi di note, comunicati e locuzioni che rasentano l’insulto reciproco. Infatti gli interessi da tutelare sono molteplici e opposti, e la materia esplosiva. Il merito del Governo resta comunque quello di averci pensato e di avere provato a mettere ordine – anche se forse in modo un po’ troppo draconiano - in una materia decisamente scandalosa come quella delle dilazioni di pagamento imposte ai fornitori.