Consumi alimentari in ripresa: cavalchiamo l’onda. Questo il titolo, ma anche l’invito, della presentazione che Marco Limonta, business insight director di Iri, ha tenuto davanti al pubblico della recente edizione di Tuttofood.

Come devono orientare le proprie strategie le imprese del settore? Focalizzandosi sul core business, recuperando efficienza negli investimenti, prestando attenzione ai trend emergenti, facendo innovazione e poi sostenendola in termini distributivi e di comunicazione. E in tutto questo si delineano opportunità soprattutto per le Pmi, mentre sono i big a incassare i colpi più forti.

Ma andiamo con ordine. Il 2014 è stato un anno ancora molto difficile e la variazione rispetto al 2011 non ha nemmeno consentito di recuperare l’inflazione. A soffrire maggiormente è stato il Sud, mentre il Nord-Ovest si è mantenuto in cima alla classifica degli acquisti (il differenziale tra le due aree, a fine anno, era addirittura di 6 punti).

Ponendo uguale a 100 il 2011, si osserva che le merceologie più penalizzate sono state quelle del reparto freddo-surgelati (97). Le bevande sono ferme, su un indice pari a 100, mentre la maggiore spinta si osserva per i petfood (106) e l’alimentare fresco (104).

Alcune categorie si distinguono per dinamismo, sia nel lungo sia nel breve periodo, e si tratta sempre di beni particolari: yogurt greco (+264% in valore nei quattro anni), seitan-tofu-soia (+215), ma anche la carne suina (+79), favorita da un giusto rapporto tra gusto e convenienza. E poi dessert a base vegetale (+78), specialità etniche (+72), e, con variazioni meno consistenti, ma pur sempre di tutto rispetto, carni avicunicole, bevande a base di riso e soia, caffè in capsule e cialde, senza glutine...Etnico, salutismo e servizio, sono i veri “trendsetter” sullo scaffale.

A questi nuovi stili di acquisto si è aggiunta la ripresa di inizio 2015. Nel primo bimestre i valori hanno fatto segnare un +2,5% e i volumi un +2,8, segnali amplificati nel mese di marzo (+3,7 e +3,2 rispettivamente). E questo anche grazie a un’incidenza delle vendite in promo che si mantiene forte: 28,7% nel primo bimestre.

Nel quadriennio, mentre la Gdo ha vissuto un processo di concentrazione, gli assortimenti sono andati di continuo arricchendosi e i beni promozionati sono passati da un fatturato di 10,6 miliardi (2011) a 12,3 (2014).

A risentire del difficile equilibrio tra ricchezza di offerta e convenienza sono state soprattutto le top 25 dell’alimentare, aziende che hanno lasciato sul terreno 772 milioni di incassi, mentre i cosiddetti “altri produttori” hanno guadagnato una cifra speculare, pari a 780 milioni. Altri 533 milioni in più sono andati alle private label. Dai dati Iri emerge, addirittura, che le Pmi - fra le quali si notano molti casi di eccellenza - crescono aumentando le promozioni e senza intaccare le vendite regolari.

La ritrovata effervescenza e i nuovi stili di acquisto devono essere, ovviamente, incoraggiati. Il corroborante è l’innovazione “vera”, quella capace di assecondare le occasioni di consumo e i bisogni emergenti e di arricchire il vissuto della marca. L’82% dei nostri connazionali, infatti, è propenso a sperimentare novità e il 46% si lamenta che non ci siano più spesso nuovi prodotti.