L’Italia è ancora nel tunnel della crisi e i bilanci delle famiglie sono sotto pressione. Il quadro complessivo non induce al facile e ingiustificato ottimismo: la diminuzione del reddito disponibile reale nell’arco di appena 6 anni ha superato il 10% (-10,2%) frutto della morsa contrapposta fra salari e stipendi fermi e fiscalità arrivata nel 2012 al valore massimo degli ultimi trent’anni, la disoccupazione è alle stelle (ha toccato il 12% nei primi mesi del 2013, ai massimi dal 1977) e sono soprattutto i più giovani sotto i 18 anni di età a rischiare l’esclusione sociale. Peggio di noi in Europa solo i coetanei bulgari, rumeni, ungheresi e le piccole repubbliche del Baltico, meglio di noi persino i greci e gli spagnoli.

Insomma il quadro che emerge dal Rapporto Coop 2013 “Consumi & distribuzione” non è certo confortante. E del resto come avrebbe potuto essere altrimenti? Proprio ieri, sabato 7 settembre, Cgia Mestre ha reso noto che nel 2013 la pressione fiscale raggiungerà il 44,2% del Pil: un record mai toccato in passato, ben 12,8 punti percentuali in più rispetto al 1980. Ciascun italiano verserà quest'anno un carico di imposte, tasse e contributi pari a 11.629 euro: ben il 120% in più del 1980.

La crisi ha intaccato la mente e non solo il portafoglio degli italiani e infatti anche in caso di miglioramento della situazione economica ci sono indicatori di risparmio ai quali si dichiara di non voler più rinunciare: tra le varie tendenze il 25% farà più spesso a meno dell’auto, il 23 farà a meno di abiti nuovi e il 16 ridurrà le vacanze (e nell’estate appena finita sono già partiti oltre 4 milioni di individui in meno rispetto al 2012). La stessa spesa alimentare, a valori reali, torna ai livelli degli anni Sessanta.

Alcuni esempi. Calano vistosamente le vendite di pannoloni, biberon, ciucci, alimenti, creme e prodotti per la cura dei più piccoli (complessivamente un -4% ma solo il comparto di biscotti e cereali flette di oltre l’11%). E sono soprattutto gli ambiti più privati dei comportamenti delle famiglie a essere interessati alla ricerca spasmodica del risparmio, tanto che persino il consumo di carta igienica è diminuito dal 2008 di circa il 9% con una particolare accelerazione proprio nell'ultimo anno. Ma allo stesso modo si riducono le spese per gli assorbenti femminili e i prodotti per la rasatura. Le lamette da barba hanno perso quasi un quarto dei consumi dall'inizio della crisi e non va meglio per i profilattici: negli ultimi due anni ne sono stati venduti circa 3,6 milioni in meno (al contrario, per puro amore di curiosità, sembra andare fortissimo il Viagra).

Si rinuncia persino ai vizi. Per i vini è una débâcle: -4% nell’ultimo anno; gli aperitivi superano il -5%, superalcolici amari e liquori flettono di oltre 3 punti. Non va meglio per il tabacco: il numero di sigarette fumate è del 14% in meno in 2 anni. Se c’è un terreno invece su cui purtroppo gli italiani non retrocedono è quello dei giochi: la spesa in scommesse, giochi e lotterie, al lordo delle vincite, sfiorerà i 100 miliardi di euro nel 2013 e circa 3 milioni di persone sono a rischio di ludopatia.

Nell’alimentare la spesa pro-capite in euro all’anno si attesta oramai sui 2400 euro (nel 1971 a parità di valore della moneta si spendeva di più) e il calo in quantità rispetto ai valori pre-crisi del 2007 raggiungerà il 14%.
Accanto all’alimentare crolla tutto: abbigliamento e calzature, libri e giornali, auto come già detto (-10% nel 2013 ma -50% rispetto al 2007) e viaggi aerei. E se alla fine qualcosa si deve pur mettere nel carrello sorprendentemente non sono i prodotti della dieta mediterranea a farla da padroni (il pane e i carboidrati hanno ceduto l’11% in quantità, l’olio d’oliva il 6%) ma è l’etnico, con uno spunto superiore ai 6 punti percentuali.

Il drammatico calo della spesa degli italiani ha avuto ripercussioni importanti sia sul commercio al dettaglio che sulla grande distribuzione, determinando in entrambi i settori riduzioni e cambiamenti strutturali delle rispettive reti di vendita. Il primo ha perso più di un punto e mezzo di rete di vendita dall’inizio della crisi; nella gdo più del 40% dell’area vendita ha subito cambiamenti sia imprenditoriali (di proprietà, di insegna ecc.) che strutturali. Il processo di cambiamento è stato di portata tale da mutare la configurazione del settore con in testa una crescita violenta del segmento discount (+50% di area di vendita dal 2007 al 2013).

“I dati in nostro possesso non autorizzano nessun ottimismo per il prossimo futuro - conferma Marco Pedroni, Presidente di Coop Italia -. Accanto a un piccolo allentamento della sfiducia di imprese e famiglie, restano i dati duri della riduzione del potere di acquisto, della contrazione dell'occupazione, di una distribuzione del reddito sfavorevole per i ceti popolari e per una parte importante delle classi medie. Infatti, nonostante veniamo da anni di flessioni molto elevate la ripresa dei consumi alimentari e non alimentari non ci sarà”. La stima di Coop per il prossimo anno è di un ulteriore -0,5 nel food e -6,1% nel non-food su una base 2013 già in significativa contrazione (la proiezione a fine anno è di -1,2% food e -7,5% non food).

“Senza un'azione del Governo a sostegno della domanda interna e un forte impegno degli operatori economici più importanti, a partire dalle banche, chiamati a sostenere le famiglie – ha concluso Pedroni - non ci sarà una ripresa significativa del Paese. Aumentare l'Iva, come realizzare qualsiasi altro provvedimento fiscale non selettivo, sarebbe un errore molto grave. Sostegno alla domanda interna, redistribuzione a favore delle parti deboli, taglio delle spese militari, lotta all'evasione e all'illegalità economica, rilancio delle liberalizzazioni a partire da quelle solo iniziate come per i farmaci e la benzina. Non è certo un caso se gli unici settori lambiti dalla parziale liberalizzazione degli anni passati siano quelli dove i prezzi sono scesi”.

Intanto gli risponde indirettamente, dal workshop Ambrosetti di Cernobbio, il Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni: ''Non faccio previsioni, raccolgo dati che arrivano dall'economia reale e dai conti pubblici e c’è un consenso condiviso che nel terzo trimestre ci sarà una stabilizzazione dell'economia e una crescita nel quarto trimestre; nel 2014 il Pil sarà integralmente positivo. Le manovre fatte dal governo sono alla base dei segnali di ripresa che stanno emergendo in questi mesi''. Se lo dice lui…