Che i consumi di vino abbiano subito, negli anni e per varie ragioni, una progressiva contrazione non è un mistero per nessuno. Per giunta, il mercato è stato appesantito da una vendemmia piuttosto scarsa e, soprattutto alla fine dello scorso anno e nel primo scorcio del 2012, anche da fattori che hanno inciso sui  prezzi, come per tutti gli altri beni: dall’aumento dell’Iva, al rincaro delle uve, all’impennata delle voci legate alla logistica, condizionata da una bolletta energetica resa distruttiva dalla rincorsa sfrenata dei carburanti.

Mentre domenica prossima, 25 marzo, apre i battenti a Verona, Vinitay, dove si attendono quasi 4.200 espositori e 156.000 visitatori da tutto il mondo (circa 100 Paesi), questa settimana ci si interroga sulle future strade della bevanda più amata dagli italiani, strade che sono sostanzialmente due: le esportazioni e la partnership sempre più stretta con gli operatori della grande distribuzione organizzata.

Parliamo intanto dei flussi diretti oltre confine, dove l’Italia, nonostante l’ingresso di nuovi concorrenti, conserva pur sempre un primato indiscusso.

Le vendite estere dell’enologia nazionale hanno superato – secondo gli ultimi dati Istat - i 4,4 miliardi di valore. Il dato cumulato sui 12 mesi esprime un incremento superiore al 12% rispetto al 2010 e del 9% in volume per un totale di 24 milioni di ettolitri.

Stati Uniti, Germania, Regno Unito restano i mercati più importatori, rispettivamente con 949 e 509 milioni di euro. La classifica cambia in termini di quantità, con Germania e Regno Unito davanti agli Stati Uniti, rispettivamente con quasi 716.000, oltre 338.600 e più di 297.300 ettolitri.

Una conferma, se ce ne fosse bisogno, che il vino italiano piace nel mondo, ma soprattutto che i nostri produttori meritano la leadership, con una quota di mercato internazionale nel 2010 del 22%.
«C’è stata negli ultimi anni una crescita della professionalità dei nostri operatori, anche di quelli di piccole dimensioni, che hanno imparato a rapportarsi con i trader  attivi su una pluralità di Paesi – dice Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere -. Così a fianco di grandi nomi è sempre più facile trovare piccoli brand che si fanno apprezzare nei ristoranti e nei wine bar di tutto il mondo. Ognuno trova il proprio canale o la sua nicchia di mercato, in base a quelle che sono le proprie potenzialità e questo è un altro dato positivo perché dimostra una generalizzata propensione all’export».

Cia, Confederazione italiana degli agricoltori, pur accodandosi al coro entusiastico di fronte alle cifre delle vendite estere, osserva dal canto suo, lo sgretolarsi del mercato interno. “Poco entusiasmante è il risultato dentro i confini nazionali, dove continua il trend in ribasso dei consumi che va avanti dagli anni Settanta, quando la quantità pro capite si aggirava intorno ai 100 litri e che solo negli ultimi 15 anni è calata di 12 litri, passando da 55 a 43. In compenso, gli italiani stanno affinando i propri gusti, dimostrando di ricercare sempre più la qualità: le uniche bottiglie a fare un passo avanti nei dodici mesi del 2011, infatti, sono quelle di fascia alta, in particolare quelle a denominazione d’origine, che registrano un aumento dell’11,1% cento in volume”.

La Confederazione prosegue sottolineando che gli effetti di questa crisi si osservano anche nella gdo. Una puntualizzazione vera, ma che va attentamente scomposta e analizzata.

Le anticipazioni di una ricerca condotta da Simphony Iri per conto di Vinitaly confermano che le vendite in gdo risentono ancora della recessione, ma con segnali interessanti come la crescita dei prodotti nella fascia superiore ai 5 euro che registra un +11,1% a volume sull’anno 2010, confermando che i nostri connazionali, anche al supermercato, comprano meno, ma cercano qualità.

Se le vendite globali di vino confezionato fanno segnare nel 2011 un - 0,9%, quelle delle bottiglie da 75cl, al contrario, sono in crescita in due fasce di prezzo, quella bassa e quella alta: quella inferiore ai 3 euro, con un moderato aumento dello 0,6% a volume, e quella superiore ai 5 euro con un +11,1% a volume, come già detto.

Le vendite di vino in brik, dal canto loro, sono stazionarie, nonostante le promozioni crescenti, e i bottiglioni da un litro e mezzo sono in forte calo. Si conferma invece la crescita del vino a marca commerciale delle catene distributive (+11% a volume), in linea con la tendenza degli ultimi tre anni, come dimostrano gli eccezionali risultati messi a segno da uno specialista di questo settore, ossia Caldirola .

Interessanti anche le classifiche dei vini più venduti in assoluto nei supermercati: ai primi posti, nell’ordine, Lambrusco, Sangiovese e Montepulciano d’Abruzzo, mentre tra i vini “emergenti”, cioè con il maggiore tasso di crescita, troviamo al primo posto il Pignoletto dall’Emilia (+29,6%) e al secondo una new entry, il Pecorino da Marche e Abruzzo (+26,5%). Va notata anche la crescita notevole di un vino nobile come il Brunello di Montalcino che aumenta del 14,8% e di vini di qualità come il Gavi (+ 14,4%) e il Rosso di Montalcino (+11,1%).

Virgilio Romano, client service director di Symphony Iri , commenta e tira le somme: “Le vendite di vino nella gdo nel 2011 sono in linea con l’andamento dei consumi di vino nel Paese, con volumi in leggera contrazione e valori in crescita, confermando il trend in atto legato alla ricerca della qualità. Due gli aspetti da sottolineare: l’importanza che hanno i vini con prezzo a bottiglia inferiore ai 3 euro e la conferma della volata dei vini con prezzo medio-alto (sopra i 5 euro). Si può parlare dunque di polarizzazione nelle scelte dei consumatori, fenomeno osservato nel 2011 in altre categorie, che andrà valutata nei prossimi mesi per misurare l’effetto derivante dal superamento della soglia dei 5 euro nel corso del 2011 ad opera di alcuni attori importanti che potrebbero avere accentuato un trend in ogni caso positivo”.

La formula magica, ovviamente, non esiste, ma la soluzione dei problemi è abbastanza netta, come dimostra il caso di Giv, che ha conseguito ottimi risultati di bilancio, grazie soprattutto all’acqusizione di Cavicchioli, leader del Lambrusco nel canale gdo, e al potenziamento della propria presenza estera. Gruppo Italiano Vini, oltre ad avere consolidato i propri classici mercati di sbocco, ha avviato importanti rapporti commerciali in Paesi nuovi, come, citiamo a caso, Brasile e Shangai. Aree che avendo scoperto di recente l’economia di mercato, aprono sicuramente la strada a grandissime opportunità.