Come si esce dall'impasse economica e dei consumi in cui il nostro Paese (e non solo il nostro) si dibatte da alcuni anni a questa parte? La risposta sempre più unanime di sociologi, economisti, politici e, ormai, anche della gente comune sembra indicare la strada di un rinnovato e pragmatico spirito di collaborazione collettivo. Una strada che è diventata indispensabile in vari ambiti del vivere comune, a cominciare da quello politico. Una necessità che, in particolare in Italia, implica però un forte cambiamento di mentalità e di cultura e che fa leva sulla consapevolezza del "noi" contrapposta a quella dominante dell'"io".

"Il valore del noi, la nuova frontiera del cambiamento"
E' anche stato - non a caso - il tema al centro della 29° edizione de Linkontro, il tradizionale appuntamento organizzato da Nielsen per mettere a confronto il mondo della distribuzione moderna, dell’industria di marca e della comunicazione grazie al contributo di rappresentanti accademici, istituzionali ed economici, conclusosi ieri dopo una tre giorni di dibattiti, confronti di opinioni e tavole rotonde. Un'edizione ricca di spunti e di idee alla quale hanno partecipato oltre 500 top manager e 250 aziende, numeri che hanno indotto Roberto Pedretti, amministratore delegato di Nielsen Italia a considerarli "un bel segnale, che ci dimostra come nei periodi di crisi i rappresentanti della business community sentano la necessità, più che in altri momenti, di confrontarsi, di esporsi e infine di fare squadra, per trovare una risposta condivisa per il rilancio del Paese".

Perrone: collaborare conviene
Già, appunto. Come rilanciare il Paese, quale ricetta adottare e da dove cominciare? Tutti d'accordo, i numerosi relatori delle tre giornate di dibattito, sull’importanza della collaborazione. Per Vincenzo Perrone, professore di Organizzazione Aziendale dell’Università Bocconi, “le sfide della crescita non si possono che vincere insieme: collaborare, insomma, conviene a tutti. Il problema, semmai, è riuscire a trovare il giusto "bilanciamento tra collettivismo e individualismo".

Il rischio del tutti contro tutti

"Una parte cospicua della popolazione - ha osservato Perrone - vede messi a rischio sia la soddisfazione dei propri bisogni primari che la propria sicurezza. In queste condizioni i bisogni di appartenenza cessano di essere motivanti e ciascun individuo lotta per la sopravvivenza isolatamente e cercando di sopraffare gli altri. Bisogna impegnarsi a correggere queste distorsioni figlie della disuguaglianza, trovando un equilibrio tra l’io e il noi”.

Finito il ciclo dell’io
Cosa, purtroppo, più facile a dirsi che a farsi. Come ha evidenziato l’analisi chiara e disincantata del presidente del Censis, Giuseppe De Rita, il quale ha posto l'accento proprio sulle difficoltà di ritrovare una dimensione del "noi" nel nostro Paese. "La storia d’Italia - ha ammesso - racconta di una preponderanza dell’io, esplosa negli ultimi 50 anni, come reazione alle difficoltà. La strategia di sopravvivenza degli italiani ha fatto leva su tre fattori: la restanza, ovvero il proprio patrimonio (economico o di conoscenze), la diversificazione, quindi la capacità di cambiare e cambiarsi, e il riposizionamento.

La responsabilità della prossima generazione
Ora è finito il ciclo dell’io, privo ormai di tutta la forza esplosiva della seconda metà del secolo scorso. Il passaggio a un’identità del noi, però, non è facile perché in Italia i processi e i comportamenti quotidiani delle persone sono ancora legati a una dimensione di ego e animati dall’individualismo”. “Si tratta di processi lenti e che richiedono tempo – ha concluso De Rita -: probabilmente dovremo aspettare la prossima generazione.

Un Paese “verde”
Certo, sul piano politico e di politica economica, qualcosa si potrebbe fare. Questo è almeno il pensiero di Francesco Daveri, ordinario di Economia all’Università di Parma. Secondo il professore “l’Italia è un Paese che non cresce perché è «verde»” (acronimo che sta per vecchio, ricco e densamente popolato). Il 21 per cento della popolazione, infatti, ha più di 64 anni. Malgrado tutto, gli italiani sono due volte più ricchi che nel 1970. Inoltre, in Italia ci sono 201 abitanti per kmq contro i 37 della media dei Paesi Ocse ad alto reddito. Questo, secondo Daveri, rende il nostro Paese conservatore e refrattario all’innovazione.

Il compito della politica

Un’innovazione che comunque appare ineluttabile e che per Daveri dovrebbe tradursi in soluzioni da tempo auspicate. Per esempio, spostando il finanziamento della sanità dall’Irap alla tassazione generale, oppure facendo diventare lo Stato più amico delle imprese, mediante una semplificazione delle procedure che riducono le differenze tra amministrazione pubblica e imprese-cittadini, senza dimenticare l’aumento della concorrenza nei servizi per rigenerare il potere d’acquisto”.

Lezione di educazione civica
Per riscoprire il “valore del noi” vi è tuttavia una condizione di base essenziale: il rispetto delle regole, l’eticità dei comportamenti. Un tema spinoso e delicato su cui è intervenuto Gherardo Colombo, ex magistrato e attuale consigliere d’amministrazione Rai. Colombo si è soffermato sulla necessità di cambiare l’organizzazione sociale in modo che ciascuno possa essere libero, rispettando le regole della Costituzione.

Il rispetto delle regole

Le regole, infatti, sono lo strumento per raggiungere uno scopo, ma devono essere messe in pratica e rispettate. “Libertà – ha sottolineato Colombo - non va confusa con arbitrarietà, ma va coniugata con la responsabilità e con l’esigenza di stare insieme: il senso della parola libertà non può slegarsi dal significato di appartenenza che si richiama sempre al «noi», da cui proprio la nostra Costituzione è nata”.