Dal 2003 a seguire, i tuoni della stagnazione dei consumi e del calo generalizzato delle vendite si sono abbattuti sulla Gdo, investendo con particolare vigore il comparto grocery. L’assillante ricerca di convenienza ha poi dominato i consumatori ed orientato ogni politica delle aziende commerciali. Scaturisce con ovvietà che la Gdo, per incoraggiare una domanda debole, abbia dovuto agire prevalentemente sui prezzi, muovendosi in modo abituale sul fronte delle offerte promozionali. Essa si è però resa conto che nel breve periodo si tratta di una tattica praticabile, alla lunga diventa una strategia duramente sostenibile.

In periodi di congiuntura negativa è impensabile azzardarsi a sostenere i consumi soltanto attraverso riduzioni dei prezzi, inoltre sul mercato le operazioni di “pricing” e di “pressione promozionale” sono facilmente imitabili dalla concorrenza, motivo per cui diventa poi indispensabile acquisire vantaggi competitivi differenti. Sovente in questa prospettiva si sente discorrere di differenziazione dell’offerta, di proposte di nuovi servizi, di rimodulazione degli assortimenti, di qualche ingrediente davvero innovativo che possa intercettare convenientemente l’interesse della clientela senza essere omologabile con facilità.

Non è pertanto affatto ingenuo domandarsi se il cross marketing sia mai stata un’opportunità adeguatamente considerata, quanto è effettivamente praticata, quali sono i reali vantaggi per la clientela, quali le positive ripercussioni sui conti economici dei “retailers”, quali le difficoltà tecniche e di organizzazione interna che ne ostacolano l’applicazione. Se esiste nel concreto un’insegna effettivamente capace di contraddistinguersi per la capacità di applicare il cross marketing, traendone vantaggio e offrendo spunti interessanti ai propri clienti, servendo loro assist riconoscibili per una potenziale fidelizzazione.

Adibire spazi del negozio alla vendita di prodotti differenti per categoria merceologica, ma ben capaci di completare una prestazione di consumo è operazione riconducibile all’attività di cross marketing: come nel gergo calcistico il “cross” fa attraversare il pallone da una parte all’altra del campo, nel corso della stessa azione di gioco, così l’attenzione del cliente è sospinta intelligentemente da una merceologia all’altra, nel corso dello stesso tentativo di dare soddisfazione a una medesima prestazione. Prodotti con diverse caratteristiche partecipano alla stessa azione, si mostrano complementari ad esaudire uno stesso bisogno. Tutto avviene rigorosamente nella stessa porzione di spazio.

Ma vediamo più spicciamente come funziona… Si va ad acquistare il latte, si vedono i biscotti e si comprano entrambi; si va alla ricerca della pasta, si vedono i sughi preconfezionati in vari gusti e si fa una scelta combinata; si cerca un taglio particolare di carne presso il banco del “take away” al reparto macelleria, si vedono le spezie aromatiche e nel carrello ci si mette entrambi. Gli esempi possono essere davvero numerosi… i vantaggi anche, sia per il retailer che per il cliente che gli si rivolge.

Evidentemente un tale meccanismo innesca una spinta all’acquisto di più prodotti nello stesso ambiente, seguendo la logica della soddisfazione di un unico bisogno che necessita di più articoli reperibili in brevissimo tempo, dove il comportamento d’acquisto è sensibilmente indotto dall’impulso. Dovessimo pensare al principale vantaggio per il cliente diremmo proprio il risparmio di tempo nel ricorrere ad un unico movimento che ne risparmierebbe vari, oltre allo stimolo verso nuove idee utili a colorare la sua spesa. Per il retailer le opportunità sono ancora più significative. Il rivenditore sfrutta degli spazi in grado di generare vendite plurime e di battuta di cassa globale elevata, senza richiedere movimenti tortuosi (la resa dello spazio si moltiplica con grande efficacia); nella felice posizione di applicare in modo apprezzabile un tale strumento si ritrova a godere benefici sostanziali di marginalità e di immagine (legando agli articoli di punta delle proprie promozioni i complementari naturali a marchio proprio o primo prezzo, notoriamente profittevoli e capaci di dare risalto al nome dell’insegna).

Ciononostante visitando le catene maggiormente rappresentative della Gdo in Italia, non si assiste a fenomeni abituali di questa pratica. Le motivazioni essenzialmente risiedono nella struttura in cui sono organizzate le funzioni commerciali interne ai vari format, dove ogni reparto ha i propri spazi e li gestisce in modo autarchico, senza ricorso a contributi merceologici di diversa derivazione: solo sporadici casi di estro combinato informalmente tra responsabili di reparto promuove attività complementari e spesso in virtù di immagini ormai consolidate (le spezie sul banco della macelleria servita sono presenti pressoché dappertutto, così le bottiglie di vino che enfatizzano i banchi della gastronomia in corrispondenza di salumi o formaggi di provenienza e tipicità particolari).

Il quesito rimane quindi apertissimo: il cross marketing potrebbe essere utilizzato di più e meglio?