La “foto” scattata dall’istituto di statistica ritrae effettivamente una situazione generale che evidenzia ancora oggettive difficoltà dei consumi a imboccare la via della ripresa. Il consumatore - come rileva anche un'indagine Ismea sulle tendenze agroalimentari - continua a essere cauto negli acquisti e, viste le difficoltà, punta al prezzo più basso, cercando di evitare di spendere per il superfluo.
Da qui a drammatizzare la situazione, però, ce ne corre. Cosa che invece è stata puntualmente fatta – ciascuno tirando l’acqua al suo mulino – da molte associazioni: dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori al Codacons, da Confcommercio a Confeserecenti. Dimenticando però che l’Istat rileva i dati basandosi sul valore delle vendite, e non sui loro volumi.
Come mai non si fa cenno, nei commenti catastrofisti delle suddette associazioni, al fatto che il livello della pressione promozionale ha da tempo ingranato la quarta e ormai un quarto degli scontrini riguarda prodotti in promozione? Non solo. A volere leggere secondo un’altra prospettiva quegli stessi dati dell’Istat, la tendenza delle vendite al dettaglio non è poi così negativa.
Negli ultimi dodici mesi, secondo l’Istat, tanto i consumi non food quanto quelli dei generi alimentari hanno subìto una flessione del 2%. Se però si guarda il dato tendenziale relativo ai primi cinque mesi di quest’anno i suddetti valori si riducono rispettivamente al -1,2% e al -0,2%. Scendendo nel particolare, il risultato negativo accusato dalla grande distribuzione dal maggio 2009 al maggio 2010 (-0,5%) si è trasformato in un +0,4% da gennaio a maggio di quest’anno.
Ancora in difficoltà, invece, le piccoli superfici. Che però migliorano sensibilmente la loro performance passando dal -2,9% al -1,1%. Anche volendo analazzire l’andamento delle vendite per format distributivo le cose (continuando nel suddetto confronto), non cambiano. Gli ipermercati dimezzano il dato negativo (da -1% a -0,5%), lo stesso accade per i supermercati (da -0,5% a -0,3%). Persino meglio fanno i discount (da -0,8% a -0,2%), mentre i punti vendita non specializzati a prevalenza non alimentare invertono addirittura la tendenza, passando da -0,8% a +1,7%. E gli specializzati spiccano il volo, mettendo a segno un balzo che li porta dal +0,7% al +2,3%.