Con una franchezza inusuale in chi riveste incarichi rappresentativi Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, è stato esplicito nel richiedere a chi di dovere, cioè al Governo, di darci dentro con le liberalizzazioni. Non è che Bordoni si sia svegliato la mattina infastidito come tanti dall’accavallarsi di proclami e smentite sull’imminenza di elezioni anticipate. No, per lanciare il suo richiamo ha colto l’occasione della presentazione dei dati che permettono alle imprese grocery aderenti a Centromarca di dichiararsi relativamente soddisfatte di fronte alle difficoltà contingenti avendo esse registrato, tra gennaio e agosto 2010, un incremento dell’1% delle vendite.

E questo in controtendenza con il largo consumo confezionato che ha invece perso nello stesso periodo l’1,4%. «Per conseguire il risultato abbiamo finalizzato gli investimenti migliorando l’efficienza - spiega Bordoni - in maniera tale da aggiungere valore agli elementi distintivi apprezzati dal consumatore come la qualità, l’innovazione e la sicurezza. Ciò nonostante restano forti le preoccupazioni per la domanda che non esprime ancora sufficiente dinamicità».

Insomma, la nostra parte l’abbiamo fatta fa capire Bordoni, ma gli altri? Centromarca sottolinea il ruolo virtuoso che, nel complesso, le aziende industriali del largo consumo hanno avuto in questi anni nel contenimento dell’inflazione veicolando il 65% dei loro prodotti attraverso la distribuzione moderna. E snocciola dati: tra il 2002 e il 2009 i prezzi dei prodotti confezionati alimentari e no sono saliti del 6,9%, mentre le assicurazioni hanno compiuto un balzo del 25,3%, i servizi bancari sono cresciuti del 37,6%, il gasolio del 27,3% e i servizi professionali del 23,9%.

Da qui il richiamo, più che condivisibile, sulle liberalizzazioni: «Operiamo in un mercato pienamente concorrenziale, in cui il consumatore sceglie liberamente e nessuno può permettersi aumenti dei listini privi di motivazione - insiste Bordoni - ma la situazione è chiaramente diversa nei settori in cui la concorrenza non si esprime appieno. In quegli ambiti, come mostrano i numeri, gli aumenti sono forti e pesano sia sulle famiglie sia sulle aziende. Il varo di un piano di liberalizzazioni è più che mai una priorità per il nostro Paese».

Le industrie di marca considerano dunque altri settori economici protetti, con privilegi i cui costi si scaricano su chi si trova giorno per giorno esposto ai rischi dell’effettiva concorrenza ed è portato a comunicare anche più della media. Ancora Bordoni: «Nel primo semestre del 2010 le pianificazioni delle grandi marche hanno sostenuto il mercato pubblicitario con un +9% a fronte di un +5,5% espresso dal mercato».

Sul fronte del contenimento dei prezzi Centromarca vanta inoltre una crescita tendenziale del +0,1%, contro il +1% della media grocery e +1,7% dell’indice Istat del prezzi al consumo. Tagliare costi significa spesso rinunciare ai margini, ma a tutto c’è un limite: «Oltre certe soglie non possiamo spingerci. Significherebbe minare la tenuta delle imprese, i livelli occupazionali e frenare gli investimenti. E le conseguenze sarebbero dannose per l’economia nel suo insieme se consideriamo l’enorme indotto che gravita intorno alle grandi marche».