“La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite hanno prevalenza sul diritto degli Stati membri» (Convenzione di Bruxelles, art. 10-Diritto dell'Unione Europea, comma 1). Il principio dovrebbe essere noto a tutti e non serve essere dei fini avvocati: basta qualche sommaria nozione di diritto internazionale.


Eppure queste nozioni vengono sottovalutate persino a livello governativo e qui la cosa diventa abbastanza grave, anche perché la mannaia di Bruxelles, prima o poi, scatta regolarmente, come è avvenuto per la legge sugli eco shopper, che dopo avere sconvolto aziende e consumatori, ha dovuto finalmente adeguarsi alla norma armonizzata Uni En 13432, con decreto interministeriale 18 marzo 2013, pubblicato il 27 marzo. Il risultato è che, fra continui stop and go, purtroppo si sono bruciati milioni di euro, in modi diretti e indiretti.


Anche la legge 24 marzo 2012, n. 27, che all’articolo 62 regola la cessione dei prodotti agricoli e alimentari e il relativo pagamento (30 giorni per i deperibili e 60 per i non deperibili) è costata a quanto pare una montagna di soldi. Intervistato dall’agenzia quotidiana Prima Pagina News e da Agricolae il direttore generale di Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, Marcello Fiore, ha quantificato, probabilmente per primo, il danno. I pubblici esercenti si trovano a dover pagare subito le derrate “per poi essere pagati dalla Pubblica amministrazione in tempi biblici. Abbiamo stimato un danno economico di circa 5 miliardi di euro l’anno per tutta la filiera agroalimentare. Il che vuol dire che, se la filiera nel suo insieme, stando ai dati Inea, vale 267 miliardi di euro l’anno, l’articolo 62 sottrae ogni anno quasi il 2% del valore totale”.


Ma veniamo ai fatti. Il Ministero dello Sviluppo economico, rispondendo a Confindustria ha constatato/ammesso come "la disciplina in materia di ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali afferenti alla cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, di cui al citato art. 62, sia stata tacitamente abrogata da quella successiva più generale, di derivazione europea, introdotta dal decreto legislativo 192 del 2012 di attuazione della direttiva 2011/7/Ue in materia di ritardi di pagamento in tutte le transazioni commerciali". E cosa prevede l’Unione? Non certo che gli agricoltori e gli industriali dell’agroalimentare vengano taglieggiati dai commercianti, ma semplicemente che, su consenso delle parti, venga salvato un margine di contrattazione privata.


Il difetto del dettato dei Ministri Mario Catania (Mipaaf) e Corrado Passera (Sviluppo economico) non sta tanto nella sostanza, ma nella forma e anche nell’ipercorrettismo, nella volontà di andare oltre a sistemi da tempo vigenti e collaudati in altre nazioni, come la Francia, nonché approvati dall’Unione. Non è un mistero che parecchi commercianti imponessero ai fornitori tempi inaccettabili, causando loro pericolose crisi di liquidità. E non è nemmeno un mistero che alcuni grandi gruppi, seri e dignitosi, pagassero, anche prima delle restrizioni, già in tempi brevi, ossia a 65 giorni.


Commenti. Partiamo da Federdistribuzione: “Con la recente applicazione nella normativa italiana della direttiva Late Payment, decreto legislativo 9/11/2012 di attuazione della direttiva 2011/7/UE, Federdistribuzione era convinta della incompatibilità dei termini di pagamento per merce deperibile e alimentare prevista dall'art. 62 con la direttiva stessa, apparendo i due provvedimenti incoerenti tra loro, e aveva avviato una serie di contatti nelle sedi competenti. Invero, il principio del primato del diritto comunitario su quello nazionale vuole che la norma interna sia disapplicata ogniqualvolta essa è confliggente con quella comunitaria.


“Federdistribuzione prende atto con soddisfazione nell'apprendere che il Ministero dello Sviluppo Economico condivida questa impostazione, ossia che i termini di pagamento per le transazioni agroalimentari devono essere interpretati alla stregua della direttiva Late Payment sopra citata che, ridando il giusto spazio all'autonomia negoziale, permette alle parti di concordare legittimamente pagamenti fino a 60 giorni, salvo accordi diversi, non gravemente iniqui per una delle parti e si auspica che il Governo e l’Agcm prendano atto, con urgenza e formalmente, di questa posizione”.


Praticamente identica la posizione di Confcommercio, che dopo avere ribadito il principio di prevalenza del diritto comunitario ha salutato positivamente l’adeguamento da parte delle nostre istituzioni.


Ovviamente di diverso sapore il commento di Cia, Confederazione italiana agricoltori, che definisce assurdo il parere del Ministero: “Cia è sorpresa e allibita da un comportamento del genere, peraltro avvenuto in un difficile momento politico e alla fine di un governo tecnico, di cui due ministri hanno sempre sbandierato l'articolo 62 come una grande conquista per regolare i termini di pagamento dei prodotti alimentari. Siamo, quindi, in presenza di una posizione arbitraria e completamente fuori luogo. Per questo motivo è indispensabile l'immediato intervento chiarificatore dei responsabili (Passera e Catania) dei Ministeri dello Sviluppo economico e delle Politiche agricole. Cia ricorda che l'importante e innovativa norma relativa all'articolo 62 è stata frutto di una lunga e complessa concertazione. Con essa si è, infatti, corrisposto a una richiesta avanzata da tempo da tutto il mondo agricolo per riequilibrare i rapporti commerciali e contrattuali all'interno delle filiere agroalimentari. E certo non può essere il parere tecnico a rimettere tutto in discussione. E' vero che oggi nel nostro Paese può succedere di tutto, ma questo ci sembrerebbe veramente troppo”.


Taglia corto Sergio Marini, presidente di Coldiretti: “Per amor patrio non intendo aggiungere commenti a una vicenda che per gravità si commenta da sola. Una situazione come questa per come si è sviluppata sembra, più che altro, una parodia di quei bei film di Totò”.
Parodia e dramma, ma il principio della prevalenza del diritto comunitario rimane. Se non che, magari, bisognava ricordarselo a tempo debito, prima di aggiungere altri costi inutili. E tutto questo in un’Italia già malata, dove, a 15 giorni dalle Elezioni politiche, nessuno sa ancora chi governa o governerà, anche se questa mattina almeno il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha dato finalmente un segnale forte, rigettando l’ipotesi delle dimissioni anticipate.