Il Decreto n. 1/2012 ha fatto vibrare prepotentemente le corde che trattengono i rapporti tra industriali e distributori: gli uni si dichiarano soddisfatti di una normativa dirigista che migliora la concorrenza e tutela di fatto il patrimonio finanziario delle imprese, specialmente se piccole e indifese, gli altri rimangono perplessi sull’aggressione arrecata al principio liberale secondo cui ogni negoziazione tra le parti deve restare scevra da condizionamenti.

Tra il dire e il fare

Auspicio generale è che nel medio e lungo termine l’avere dettato condizioni categoriche sulle relazioni commerciali possa aumentare la concorrenza, abbattere i costi all’origine e favorire la discesa dei prezzi, ma certamente l’effetto immediato è che vengono ridotti sensibilmente i benefici finanziari che la distribuzione era riuscita a collezionare, pagando comodamente le forniture immesse istantaneamente sul mercato.

Guai certo per la Gdo, ma anche per l’Idm
Adesso dovrà inventarsi qualcosa che compensi i mancati introiti, dovrà acuire le tensioni per comprare meglio o vendere più a caro prezzo, nella perenne acrobazia di restare competitiva. Gli articoli a bassa rotazione e senza caratteristiche di unicità prodotti dalle Pmi verranno inevitabilmente penalizzati e ci si immagina una crescente crisi di liquidità tesa a destabilizzare ulteriormente bilanci indeboliti dai costi e dalle sofferenze indotte da una difficile congiuntura economica globale.

La normativa precedente
Prima del Decreto n. 1/2012 la materia era regolamentata dal Decreto Legislativo n. 231 del 9/10/2002, le novità principali introdotte, oggetto della polemica, fanno capo all’art. 62 della nuova normativa, il quale riequilibra in modo categorico la posizione di predominanza contrattuale della distribuzione verso le imprese industriali di piccolo e medio peso, esercitata già abbondantemente attraverso condizioni onerose e miriadi di “balzelli”, quali listing fee, sconti incondizionati di fine anno, contributi per rinnovo locali, nuove aperture e migliorie tecniche, applicazioni di penali per presunti difetti della merce, addirittura sconti per il rispetto dei termini di pagamento.

Cosa cambia
La nuova disciplina impone una restrizione consistente dei tempi di pagamento sui generi deteriorabili (le referenze dei reparti ortofrutta, macelleria, pescheria, gastronomia salumi e formaggi, deperibile a libero servizio, ossia larga maggioranza di quei prodotti espressione dei localismi legati alle Pmi agro alimentari): da sessanta a trenta giorni, decorrenti l’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura. Viene altresì stabilita la limitazione a contrattare liberamente, a dispetto del principio della libertà di iniziativa economica privata.

Le possibili sanzioni
Non è da sottovalutare neanche la taglientissima mannaia delle sanzioni in caso di violazioni, irrogate dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, prospettiva oscura non contemplata dal D. Lgs 231. Le novità introdotte sono particolarmente rivoluzionarie ed il legislatore, consapevole di ciò, ha consentito una moratoria di sette mesi necessaria ad adattare le procedure ed i piani finanziari della Gdo: da giovedì 25 ottobre 2012, però tutto sarà regolarmente operativo.

Per visionare il testo dell’articolo 62 del Decreto Legge n. 1/2012 ed a seguire i commi 3 e 4 dell’articolo 4 del Decreto Legislativo n. 231/2002, poi abrogati, per gli opportuni raffronti tecnici, giuridici e conoscitivi, cliccare qui .

Antonello Vilardi
Docente Centro Studi Alta Formazione