Credit crunch, prestiti e mutui impossibili, fidi concessi prima e sempre più spesso ritirati, costo del denaro alle stelle: in molti casi il sistema Italia non può più contare sul sistema bancario, il quale d’altra parte ha raggiunto ben 115 miliardi di euro di sofferenze.
Il grosso dello sforzo, però, è sopportato dai consumatori e dalle piccole e medie imprese, come ha recentemente denunciato la Banca centrale europea. Una ricerca svolta su 7.510 pmi dell’Unione nel periodo tra ottobre e marzo ha dimostrato che il 5% delle aziende denuncia un forte bisogno di liquidità, mentre l'11% lamenta un totale rifiuto della medesima. Tuttavia per fortuna questo dato è in aumento rispetto al 15% rilevato sei mesi fa e i tassi presentano una discesa di 2 punti, ossia dal 18 al 16%.

E l’Italia? La situazione è fortemente sbilanciata, da noi forse più che altrove, verso le grandi imprese, come denuncia Cgia Mestre, secondo la quale l’81% circa degli oltre 1.335 miliardi di prestiti erogati dalle banche agli italiani è concesso al primo 10% degli affidati, ovvero alla migliore clientela. Il rimanete 19% è distribuito alle famiglie, alle piccole imprese e ai lavoratori autonomi che, di fatto, costituiscono la quasi totalità, vale a dire il 90%, dei clienti dei nostri istituti di credito.
Giuseppe Bortolussi, segretario di Cgia spiega: “In linea gerale non ci sarebbe nulla da obbiettare se questo 10% fosse costituito da soggetti solvibili. Invece, dall’analisi della distribuzione del tasso di insolvenza emerge che il 78,3% è concentrato nelle mani del 10% dei migliori affidati. In buona sostanza, nei rapporti tra banche e imprese tutto è clamorosamente rovesciato: chi riceve la quasi totalità dei prestiti evidenzia livelli di affidabilità bassissimi, mentre chi dimostra di essere un buon pagatore ottiene il denaro con il contagocce”.

Come uscirne o, per meglio dire, come sostenere quel tessuto di fornitori e distributori locali che è garanzia di capillarità del settore del largo consumo? Un’alternativa possono essere le iniziative private nel campo del factoring.

Assifact, l’associazione di categoria, sottolinea che questo settore nel 2012 ha proseguito il suo percorso di crescita, ormai in atto da diversi anni, anche in un contesto difficile e nonostante la recessione in corso, sostenendo la liquidità delle imprese in questo momento di particolare criticità e contrazione dei prestiti bancari.
Alla fine dell’anno, il turnover complessivo degli Associati Assifact (che misura il volume di affari) ha superato i 175 miliardi di euro. La crescita dell’anno 2012 si attesta intorno al 3,8-4,3% a seconda del campione di riferimento (totale mercato o campione costante) rispetto all’anno precedente.
La crescita del factoring non si è però tradotta nell’assunzione di rischi maggiori da parte delle società erogatrici: i dati provvisori relativi al 31 dicembre 2012 evidenziano una quota di sofferenze pari al 2,16%. Diversamente le banche, secondo i dati Abi hanno toccato un rapporto impieghi/sofferenze del 6,4% a gennaio 2013, in aumento di un punto sul corrispondente.

Certo anche il factoring non è la panacea ma almeno dà qualche speranza in più. Tant’è vero che, nel giro di una settimana, due grandi gruppi distributivi si sono mossi su questo fronte, ossia Crai e Conad. La strada è stata di ottenere, mediante accordi collettivi, condizioni migliori sia per i punti di vendita, sia per i fornitori.

Gruppo Crai – in collaborazione con Confidi 107 – ha fondato Crai Fidi, un nuovo servizio che assicura diversi vantaggi a tutti gli aderenti. Il progetto ha l’obiettivo primario di offrire a banche e istituti di credito sicure garanzie mutualistiche istituendo un soggetto di garanzia collettiva che favorisce l’ottenimento di finanziamenti per le imprese del sistema Crai.
Crai Fidi, inoltre, stipula convenzioni che consentono agli iscritti di ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle praticate alla normale clientela quali tassi passivi, attivi ed extra fido, valute, commissioni di massimo scoperto e così via.

Grazie al proprio ruolo di “interprete” tra banca e impresa, Crai Fidi migliora e facilita i rapporti, concorda tassi di interesse e oneri accessori direttamente, ottenendo condizioni di gran lunga più convenienti.

E veniamo a Conad, che ha siglato un accordo con Unicredit Factoring al servizio degli attori della filiera dell’insegna distributiva, che consentirà alle imprese coinvolte di disporre di un polmone finanziario non trascurabile, nel panorama attuale degli affidamenti.
Il contenuto dell’accordo è innovativo perché concepito in un’ottica di filiera, per offrire - mediante la fattorizzazione dei crediti e l’allungamento delle dilazioni in flooring - vantaggi rispettivi e reciproci a operatori con caratteristiche e ruoli complementari.

Ai fornitori di Conad accreditati, l’accordo concede la fattorizzazione dei crediti offrendo certezza e puntualità nei pagamenti e l’anticipazione dei corrispettivi delle forniture al di sotto dei tempi previsti dalle nuove scadenze di legge (secondo quanto previsto dall’art. 62 Dl 01/2012) a tassi particolarmente vantaggiosi. Lo stesso accordo offre all'azienda distributrice una dilazione dei pagamenti rispetto alle stesse scadenze, quindi una maggiore flessibilità finanziaria.

In sostanza, UniCredit Factoring interviene nei rapporti tra produttore e distributore attraverso il meccanismo del cosiddetto “reverse factoring”, tramite il quale il Factor si sostituisce al distributore, pagando le forniture e offrendo servizi finanziari e amministrativi che semplificano, centralizzandola, la contabilità incassi-pagamenti per tutti gli attori coinvolti.

L'accordo coinvolgerà inizialmente 100 fornitori della catena distributiva, per poi estendersi successivamente. Si stima che, a regime, la partnership produrrà un turnover quantificabile in quasi 1,5 miliardi di euro su base annuale.