L’agricoltura e l’allevamento italiani rischiano grosso a causa della crisi ucraina. A fare i conti è rapporto del Crea politiche e bioeconomia.

Per le 6 voci di costo considerate - fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi/piantine, fitosanitari, noleggi passivi - l’impatto medio aziendale supererà i 15.700 euro. E la cifra salirà a 99mila euro per quei soggetti che allevano animali granivori.

A essere più penalizzati, dunque con i maggiori incrementi percentuali dei costi correnti (tra il 65 e il 70%), saranno i seminativi, la cerealicoltura e l’ortofloricoltura per l’effetto congiunto dell’aumento dei costi energetici e dei fertilizzanti, seguiti dai bovini da latte (+57%).

Più contenute le impennate per le colture arboree agrarie e per la zootecnia estensiva. A livello medio nazionale l'ampliamento dei costi si attesterebbe al 54%, ma con effetti molto rilevanti sulla sostenibilità economica delle società agricole, in particolare per quelle marginali.

In definitiva, l’attuale crisi internazionale potrebbe determinare, in un caso su dieci, l’incapacità di fare fronte alle spese dirette necessarie a realizzare un processo produttivo, estromettendo molti operatori dalla filiera. Tale quota era, prima della guerra, del tutto irrilevante, pari a uno su cento.

Nello scenario ipotizzato dall’analisi si stima che il 30% delle imprese, su base nazionale, potrebbe avere un reddito netto negativo, rispetto al 7% registrato in precedenza.

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