Limoni di nuovo in acque agitate. A quanto pare il matrimonio con La Gardenia non è servito ad arrestare il progressivo processo di caduta dell’insegna, che nel corso degli anni, è stata più volte salvata in corner dal proprietario, il fondo Bridgepoint. Ora i debiti accumulati hanno raggiunto i 400 milioni, una somma pari al fatturato, e prossimamente, ossia il 18 giugno, gli azionisti cercheranno una difficile soluzione.

Gli scenari che si profilano per la catena, che con circa 530 punti di vendita è comunque il leader assoluto in italia – le altre insegne, come Douglas, Sephora, Marionnaud, una volta sommate non vanno oltre i 350 negozi – sono due: salvataggio grazie all’intervento di un pool di banche, che convertiranno in capitale i debiti, oppure vendita pura e semplice. Il candidato, praticamente unico, è Coin, attraverso l’azionista di controllo Bc Partners.

Bisogna tenere conto che il gruppo guidato da Stefano Beraldo ospita già 80 store Limoni nelle proprie strutture, fra Coin, Upim e Oviesse. Il colosso veneto dei grandi magazzini dovrebbe rilevare una quota superiore al 51%, mentre Bridgepoint ha deciso di gettare la spugna e uscire di scena.

Non è chiaro per nulla che fine faranno in tutto questo i negozi La Gardenia, ben 161, acquistati un anno fa, tramite un deal milionario, che aveva visto Bridgepoint sborsare 190 milioni di euro, con una valorizzazione dell’Ebitda di 10,5 volte. Secondo i bene informati il marchio potrebbe essere messo in vendita solo in un secondo momento.

Se tutto andrà secondo la più probabile delle ipotesi, Coin diventerà il signore incontrastato nel canale della profumeria selettiva, con una quota di mercato a dir poco schiacciante.