Fnac, il colosso francese dell'editoria multimediale e dell'elettronica, soffre e annuncia un piano di downsizing che prevede forti risparmi - almeno 80 milioni di euro - e tagli del personale, ovvero 510 persone, di cui 310 nella patria francese e altre 200 nelle filiali estere, su un organico totale di 17.000 addetti. Ai contenimenti dovrebbe anche contribuire una rinegoziazione completa dei canoni di locazione.

Un vero rebus è la questione italiana, dove il mercato è presidiato da una rete di 8 punti di vendita (Torino, Milano, Genova, Verona, Roma, Firenze e Napoli) e dove l'organico sfiora il migliaio di dipendenti. In realtà, da quanto trapela, la forza dell'insegna nella Penisola è troppo scarsa per garantire successi davvero significativi, ma insieme è quanto basta per creare notevoli disagi e problematiche con i sindacati. 

Se fra gli impiegati della catena serpeggiano ormai la preoccupazione e il malcontento, i vertici francesi cercano di sdrammatizzare e, pur non negando la possibilità di chiusure tout court, ventilano ipotesi più tranquillizzanti: trovare un alleato per continuare nel business, o intraprendere la strada del franchising.

Nei fatti la rete dei negozi Fnac perde vendite per quasi 5 punti e mezzo, con un'impennata del 15% per il solo reparto di elettronica, dati compensati soltanto in modo parziale dal buon andamento del canale e-commerce, mediante il quale si riesce a contenere la perdita di fatturato nell'ordine del 3,2%.

Con tutto questo la proprietà, il gruppo internazionale Ppr, non ha intenzione di vendere la catena e, se da un lato promuove tagli dei costi, dall'altro mette in cantiere anche investimenti e inaugurazioni (una decina nel 2012) in luoghi strategici, come scali ferroviari e aeroporti. Infine è previsto lo sviluppo di un format di prossimità (massimo 300 mq) e un ulteriore impulso per il commercio elettronico.