Domani saldi: la data del 5 gennaio, in realtà non è stata valida in tutta Italia, in quanto il calendario ha previsto qualche sconto per Basilicata e Sicilia (2 gennaio) e qualche inasprimento, comunque nel rispetto della tradizione locale, in Valle D'Aosta (10 gennaio) e Provincia di Bolzano (7 gennaio). Liberi di fissare invece il periodo preferito gli esercenti della Provincia di Trento.

Non sono mancate lamentele e qualche velata accusa per svendite incominciate ufficiosamente e sotto banco prima del tempo. Quello che stupisce è che tutti gli anni, secondo un copione ben preciso, il commercio sia costretto ad arrivare sempre nudo alla meta, sempre fra mille lamentele e querimonie. 

Nega che ci siano stati conflitti, Renato Borghi, Presidente di Federazione Moda Italia (Fmi) e vice presidente di Confcommercio: "La fruttuosa collaborazione tra Fmi e Regioni ha portato all'adozione, su quasi tutto il territorio nazionale della data del 5 gennaio, evitando, da un lato, spiacevoli diatribe e competizioni interregionali e, dall'altro, disordine, incertezze e un'anacronistica anarchia territoriale".

Per ora non si hanno ancora i primi dati dalle città partite in anticipo, anche se ovviamente da un lato si teme un nuovo flop e dall'altro si spera in una piccola boccata di ossigeno.

Le stime dell'Ufficio studi di Confcommercio valutano in 403 euro la spesa per famiglia nel campo dell'abbigliamento-accessori, pari a un gran totale di 6,1 miliardi di euro, ossia il 18% del fatturato annuo di settore. Dovrebbe giocare positivamente il fatto che, a Natale, gli italiani hanno risparmiato parecchio per la voce "vestiti".

Un'ultima nota: il clima distributivo è al momento complesso e disordinato. Non che questo rischi di turbare particolarmente i consumatori. Se mai a essere con la mente altrove sono i commercianti. 

Dopo il varo della deregulation degli orari il 2 dicembre, l'unica città realmente "aperta" è Roma. Toscana e Veneto annunciano ricorsi alla Corte Costituzionale. Il Lazio, diversamente dalla Capitale, giura di volere impugnare il decreto, mentre la Lombardia si sta prendendo una pausa di riflessione grazie ai 90 giorni previsti dalla legge stessa per approntare le misure necessarie al varo della deregolamentazione.