di Luca Salomone

Chi, nel 2023, ha comprato prodotti biologici è stato premiato e non solo per motivi salutistici, ma anche nel portafoglio, visto che il settore ha mantenuto un trend inflattivo molto moderato in confronto al dato medio: di ben tre punti sotto la media nel carrello, media che, secondo le elaborazioni Censis su dati Istat, ha totalizzato un +8,3% per cento.

I volumi, si legge in recentissimo (26 marzo) rapporto che Ismea ha dedicato al settore, sono leggermente cresciuti (+0,2%) e la spesa bio, nel circuito domestico ha sfiorato un valore di 3,9 miliardi di euro, con un incremento sul 2022 del 5,2%, che rafforza la tendenza già avviata l'anno precedente, dopo lo stop del 2021. E questo rispetto a un agroalimentare italiano che ha chiuso l'anno con un più 8,1% in valore e un -1,1% in volume.

Se gli acquisti hanno comunque registrato una crescita tenue, alcuni prodotti si sono distinti, almeno dal lato dei valori: in particolare oli e grassi vegetali (+20,4%), miele (+4,8) e vini (+6,9), mentre è stata negativa la dinamica della spesa bio relativa a carni e salumi.

A livello territoriale, gli acquisti bio di alimenti e bevande restano fortemente sbilanciati, mostrando un'incidenza del 61,4% nelle regioni del Nord Italia. Cresce, tuttavia, il ruolo del Mezzogiorno, con oltre il 12% di quota, grazie anche al rafforzamento e una migliore strutturazione dell'offerta da parte della grande distribuzione.

Iper e supermercati, infatti, restano, nel loro insieme, il canale numero uno, veicolando il 64,6% delle vendite bio, quasi un punto percentuale in più rispetto al 2022 a cui si aggiunge un altro 14,1% dei discount.

Perdono invece ancora terreno i negozi tradizionali, con due punti in meno rispetto al 2022 sia in volume sia in valore.