Il consorzio senza scopo di lucro Fairtrade TransFair Italia dal 1994 gestisce nel nostro paese il marchio internazionale di certificazione Fairtrade, grazie al quale promuove nella grande distribuzione organizzata la presenza di prodotti del mercato equo solidale, realizzati nel rispetto dei principi di questo tipo di commercio. La redazione di DM ha chiesto a Paolo Pastore, direttore operativo di Fairtrade TransFair Italia, di tracciare una panoramica della situazione attuale e degli obiettivi futuri del consorzio.

Con i prodotti equo solidali certificati Fairtrade quali risultati avete raggiunto nel 2006, in termini di vendite a valore e a volume?
Le stime che abbiamo realizzato parlano di un fatturato mosso pari a quasi 35 milioni di euro (+15%) e di circa 7.000 tonnellate di prodotto commercializzato (+45%). Lo scorso anno è stata registrata una significativa crescita delle vendite della frutta fresca, in particolare dell’ananas che ha visto triplicare i consumi, passando da 582 a 1.738 tonnellate. Molto bene anche lo zucchero, che da 281 è arrivato a 375 tonnellate. E’ possibile quindi parlare di un 2006 assolutamente positivo, anche alla luce del fatto che i consumi in Italia sono rimasti pressoché stabili. Siamo comunque ancora lontani dall’aver raggiunto uno sviluppo paragonabile agli altri paesi europei, perché in Italia la presenza nella rete della distribuzione di prodotti equo solidali è ancora limitata alle regioni del Centro e del Nord. Ancora molti sono i progressi da fare, anche perchè noi riteniamo che il potenziale mercato di questi prodotti sia almeno il doppio di quello attuale.

Su quali leve di marketing avete puntato maggiormente per raggiungere questi risultati?
Noi investiamo molto sulla comunicazione continua con i media. Non disponiamo di ingenti risorse per realizzare vere e proprie campagne pubblicitarie, ma puntiamo a mantenere attivi i contatti con la distribuzione e i mezzi di comunicazione, fornendo continuamente aggiornamenti sui nuovi prodotti, la situazione attuale e le strategie di sviluppo. Inoltre, per il nostro consorzio la manifestazione Sana di Bologna e la settimana per il commercio equo solidale - che lo scorso ottobre ha fatto registrare circa 3 milioni di contatti – rappresentano importanti vetrine.

Quali sono i vostri obiettivi di sviluppo? A cosa puntate?
La campagna di comunicazione a cui stiamo lavorando per il 2007 è caratterizzata dall’equazione: prodotto di commercio equo = qualità. Il consumatore generalmente percepisce il prodotto equo solidale come povero, di categoria inferiore e di scarsa qualità, da acquistare solo come gesto di solidarietà. Invece non è così, tant’è vero che spesso equo e bio sono due qualità che vanno di pari passo. Per questo è indispensabile superare quest’ottica pauperistica e aiutare il consumatore a conoscere e percepire questi prodotti come i migliori possibili, perchè fanno bene sia a chi li acquista che a chi li produce.

Dopo Coop e Crai, che hanno introdotto prodotti equo solidali a marchio proprio certificati Fairtrade, avete in programma accordi con altre catene della distribuzione italiana?
Diverse sono le insegne che si stanno muovendo in questa direzione e con le quali abbiamo dei contatti.

Quanto pesa il canale delle gdo sulla vostra attività?
Attualmente il 90% dei prodotti Fairtrade viene veicolato nel normal trade e la grande distribuzione organizzata pesa per il 10%.

In gdo siete presenti con un centinaio di referenze, prevalentemente food. Nel 2006 però in alcuni supermercati e ipermercati sono stati inseriti articoli non food. Alla luce di queste considerazioni quali sono i vostri obiettivi per l’anno in corso, in termini di assortimento?
I prodotti non food rappresentano la nuova frontiera su cui stiamo lavorando, cercando di soddisfare al meglio le richieste sia dalle insegne della grande distribuzione organizzata che dei consumatori. In particolare stiamo investendo molto nell’abbigliamento e già registriamo risultati positivi: Postalmarket ha inserito una linea di maglieria estiva per donna realizzata totalmente con cotone equo solidale e Celio - la catena specializzata nell’abbigliamento maschile - ha introdotto nel proprio assortimento una decina di item equo solidali. Da segnalare il successo della linea di vestiti maschile e femminile Solidal di Coop, che conta 14 articoli - jeans, felpe, polo, t-shirt e camicie – e che per la stagione autunno-inverno verrà ampliata. Stiamo anche valutando alcune richieste avanzate da parte di alcune aziende del tessile che si sono dimostrate interessate a prodotti equo solidali. Tra gli altri articoli non food che distribuiamo, buoni sono stati i risultati ottenuti nel 2006 con i fiori - attualmente presenti solo in rete Pam -, che a partire dal mese di maggio sono venduti stabilmente anche nei punti vendita Coop. Per quanto riguarda il food stiamo estendendo l’assortimento di prodotti da colazione e inseriremo, nelle catene che lo richiederanno, le arance (principalmente sudafricane) che arriveranno in contro stagione. Saranno infatti distribuite da giugno a settembre-ottobre senza competere quindi con quelle italiane.

Qual è l’interesse dei consumatori italiani verso i prodotti equo solidali? Rispetto agli altri paesi europei qual è il livello di sviluppo del nostro mercato?

Nel nostro paese il consumo pro-capite dei prodotti equo solidali è il più basso d’Europa: circa 1,80 euro. La situazione attuale è strettamente legata al fatto che in Italia questi prodotti sono presenti solamente nei punti vendita del Nord e del Centro. Una recente analisi ha rilevato che una significativa percentuale (circa 65%) della popolazione italiana si lamenta della reperibilità di articoli fair trade e che solo il 9% acquista questa tipologia di prodotto regolarmente (una volta al mese).

Può spiegarmi in breve come si traduce concretamente la vostra attività di certificazione?

Fairtrade Italia è associata al consorzio internazionale Flo (Fairtrade Labelling Organizations) che dispone di Flo-Cert, una società che realizza i controlli e le certificazioni dei prodotti per tutte le altre aziende associate. Questa struttura si avvale di uno staff stabile di 40 persone nella sede di Bonn e di 65 ispettori dislocati in Africa, Asia e America Latina, che controllano le realtà produttive e verificano il rispetto dei criteri del commercio equo solidale. Le aziende italiane vengono sottoposte a verifica ogni tre mesi. In estrema sintesi, gli standard richiesti dalla certificazione Fairtrade assicurano ai piccoli produttori prezzi equi garantiti - specialmente nei periodi sfavorevoli di mercato -, prefinanziamenti agevolati e contratti d’acquisto di lunga durata.


Stefania Lorusso