Dopo due anni di prezzi compressi per l’abbondanza di materia prima, la vendemmia 2011 è arrivata come un fulmine a ciel sereno con riduzioni generalizzate del raccolto a causa di condizioni meteo negative che finiranno per incidere pesantemente sui listini al consumo. Il fenomeno colpirà in particolare il vino destinato al consumo “largo”, veicolato attraverso la Gdo, dove una casa vinicola come Caldirola raccoglie il 65% del suo fatturato, 52 milioni di euro nel 2010. Abbiamo chiesto a Michele Radaelli, amministratore delegato dell’azienda di Missaglia (Lc) nota soprattutto per la linea “La Cacciatora”, di spiegarci che cosa sta succedendo

Quanta materia prima è mancata all’appuntamento con la vendemmia?

La pessima estate ha lasciato il segno. In alcune regioni s’è perso il 60% delle uve, un dato negativo che va visto insieme al fenomeno della vendemmia “verde”, con il quale ci si riferisce ai numerosi produttori che rinunciano al raccolto preferendo ricorrere agli indennizzi concessi dall’amministrazione pubblica. Combinandosi, raccolto scarso e vendemmia verde, hanno moltiplicato l’effetto negativo sul prezzo del vino.

Di che ordine si stima potranno essere gli aumenti?

Per quanto riguarda il vino che va in tavola tutti i giorni, cioè quello di fascia media e che fa il mercato in termini di volumi, gli aumenti al consumo saranno del 20% almeno.

Perché precisa quella fascia di consumo? Il vino di maggior prezzo non risentirà del fenomeno?

Sì, l’aumento colpirà anche le etichette di prestigio, ma con percentuali inferiori. In quei casi il prezzo finale è meno condizionato dal costo della materia prima e più influenzato da fattori come la comunicazione, la confezione e un insieme di altri elementi che non si riversano sui listini con un impatto analogo, attenuando di conseguenza il picco.

In passato, situazioni come queste venivano affrontate facendo ricorso alle scorte e acquistando vino da fornitori stranieri. Non si può seguire quella strada?

Quest’anno no. Le giacenze sono troppo scarse perché negli anni scorsi l’export del vino italiano è cresciuto a tassi record. Ne abbiamo tratto vantaggio pure noi. Gli stessi produttori spagnoli e greci, ai quali in passato ci si rivolgeva, hanno mangiato la foglia e hanno alzato i prezzi non dandoci altra via d’uscita che il ritocco dei listini su un mercato nazionale abituato a tutt’altro.

Che intende dire?

Mi riferisco alle annate precedenti, durante le quali la vendemmia era stata così generosa e abbondante da abbattere i prezzi per via di eccedenze produttive esagerate. In Gdo, ma non solo, tre anni fa si promuovevano le vendite con sconti reali del 30%. Come reagiranno i buyer della Gdo e i consumatori a listini così altalenanti? Un andamento così instabile dei prezzi non favorisce nessuno, ma noi il problema non lo stiamo inventando ad arte.

L’allarme da lei lanciato sorprende. Come mai i media, anche specializzati nel mondo del vino, non mostrano preoccupazione?

Perché riportano per lo più le opinioni dei produttori di fascia alta, che producono quantitativi limitati ma con prezzi alti. Essi ritengono anzi un aumento del prezzo del vino, magari moderato, un contributo alla crescita di valore delle loro bottiglie, con effetti benefici sui bilanci.

Invece nel vostro caso?

Noi, come altre aziende di medie e grandi dimensioni che producono quantitativi consistenti, dovremo accusare il colpo. Il rischio è che i consumatori più sensibili agli aumenti di prezzo siano costretti a ridurre la spesa sul vino di tutti i giorni.

Che effetti prevede per i conti Caldirola?
Dovremo rivedere le previsioni, molto positive ancora all’inizio di settembre. In ciascuno dei primi otto mesi dell’anno eravamo cresciuti del 23%. Nel solo agosto, rispetto allo stesso mese del 2010, addirittura del 44%. Per quanto le cose vadano ancora bene non riusciremo a mantenere quel ritmo.