di Luca Salomone

The body shop, la catena inglese di prodotti cosmetici e per la cura del corpo "cruelty free", molto ramificata a livello internazionale, ha dichiarato fallimento nel Regno Unito. Sono minacciati 200 punti vendita e un organico di 2.200 persone.

I focolai europei

Ma non è tutto, perché il marchio, in febbraio, ha chiesto l’amministrazione giudiziaria anche in Germania, dove sulle spine ci sono 60 negozi con un organico di 350 addetti.

Secondo la stampa franco-belga la crisi potrebbe estendersi all’Esagono (66 Pdv) e ai Paesi Bassi (28 insediamenti), dove sono state chiuse le piattaforme di commercio elettronico.

In Belgio (15 indirizzi) e Lussemburgo il retailer è passato, da pochissimo, al fondo tedesco Alma24, che, in qualche modo è riconducibile all'attuale proprietario, il private equity (sempre tedesco), Aurelius.

E in Italia? In Italia il brand ha dato un taglio alla rete fra il 2018 e la primavera del 2019, accontentandosi della sola piattaforma di commercio elettronico.

Per la cronaca la catena etica, fondato nel 1976 dall’imprenditrice ed ecologista inglese Anita Lucia Roddick, deceduta nel 2007, a soli 64 anni, dichiarava, nel 2019, anno del passaggio allo status di B-Corp, una presenza in 80 nazioni, con un perimetro di 2.500 punti vendita.

Unico indizio il Covid

Il marchio è oggi, controllato, come detto, dall'investitore germanico Aurelius – il quale fra l’altro possiede, dal 2022, anche le farmacie Lloyd’s - e che ha sedi, oltre che a Monaco di Baviera, a Düsseldorf, Londra, Stoccolma, Madrid, Milano, Amsterdam, Lussemburgo.

Il gruppo finanziario sarebbe intenzionato a rilanciare la catena, dopo una razionalizzazione che, secondo alcune fonti, dovrebbe comportare, in Gran Bretagna, il dimezzamento del network.

Alla base del crollo e dell’insolvenza si troverebbe, sostengono molti, la forte pressione del canale digitale. Ma, guardando le cifre, si scopre che l’indiziato numero uno è il Covid. Secondo Statista il giro d’affari ha imboccato una parabola discendente proprio in concomitanza della recessione pandemica: nel 2019 il fatturato era di 805 milioni di sterline, precipitati a 507 nel 2020. Poi, nel 2021, c’è stato un lieve assestamento, a 487 milioni, seguito, nel 2022, da una nuova flessione, a 408 milioni di lire sterline.

Ultimo venne Aurelius

Nella sua storia di 47 anni, l’insegna è passata più volte di mano, con transazioni che ne hanno confermato il pregio. Compratrice, in primis, è stata L’Oréal, che ha rilevato la catena nel 2006, per un equivalente di 940 milioni di euro.

Nel 2017 però la multinazionale francese ha venduto il tutto al gruppo brasiliano Natura Cosméticos, sulla base di una valutazione che, espressa in euro, era pari a un miliardo. Infine, a novembre 2023 è subentrato gruppo Aurelius, che ha pagato molto meno, tenuto conto che l’enterprise value era sceso a 207 milioni di sterline (237 milioni di euro). In sostanza è più che possibile che l’investitore sia già subentrato con l’intenzione di ridare slancio a un business oggi in caduta libera.

(Aggiornato il 19 febbraio alle ore 18)