Ieri, domenica 15 febbraio, tutta la stampa, italiana ed estera, ha reso onore a Michele Ferrero, patron della più nota multinazionale italiana, scomparso sabato a Montecarlo, dove viveva ormai da tempo, alle soglie dei 90 anni, che avrebbe compiuto il 26 aprile.

L’azienda ora passa nelle mani di Giovanni Ferrero, classe 1964, dopo la prematura morte, a soli 48 anni, nel 2011, di Pietro Ferrero.

Michele, il cui funerale sarà celebrato mercoledì 18 alle 11, nella cattedrale San Lorenzo di Alba, aveva cominciato presto nell’azienda di famiglia cioè nel 1949 a soli vent’anni, per arrivare a conquistarsi, nel 2014, il titolo di uomo più ricco d’Italia e ventinovesimo al mondo: 23,4 miliardi di dollari, secondo Forbes.

L’azienda che lascia ha conti che fanno onore al made in Italy alimentare: quasi 35.000 addetti nel mondo, una ventina di stabilimenti, di cui 3 in Africa e Asia, un centinaio di nazioni coperte e 9 società agricole di proprietà.

Vediamola più da vicino la multinazionale che lascia in eredità. Il consolidato 2013 – 73 imprese - presenta un fatturato di 8,1 miliardi, con un tasso di crescita del 5,6% e un livello di investimenti pari a 525 milioni, di cui la larga maggioranza destinati all’estero: dall’Europa (Germania, Italia, Polonia, Turchia), all’America (Usa, Canada, Messico e Brasile).

In Italia Ferrero Spa ha chiuso i conti al 31 agosto, con un giro di affari di 2.547 milioni, in perdita del 5,6% e utili superiori ai 160 milioni. Un arretramento dovuto senza dubbio alla debolezza del mercato interno, ma ampiamente compensato dalle esportazioni, vicine agli 800 milioni di euro, e investimenti in beni materiali che hanno sfiorato, in 7 anni, 800 milioni. Non solo. Fra i traguardi del gruppo c’è stato, nel 2014, il progresso dell’occupazione: 187 assunzioni che hanno portato i dipendenti a 6.748 persone.

Fra i gol mesi a segno lo scorso anno va ricordata l’acquisizione della Turca Oltan, regina mondiale nel settore delle nocciole, con un giro di affari di oltre 500 milioni di dollari.