Orgogliosamente toscani, dal 1980 Bama progetta e produce articoli in plastica durevole. La passione è il motore che spinge il team a lavorare con entusiasmo per realizzare soluzioni nuove per il vivere quotidiano: funzionali, innovative e dal design accattivante. Forte di un know-how decennale, l’azienda dedica da sempre risorse ed energie all’innovazione e alla progettazione sostenibile. Con l’obiettivo di ridurre la propria impronta ecologica, utilizza resine completamente atossiche, interamente riciclabili alla fine del loro ciclo d’impiego che produce utilizzando macchinari a basso consumo energetico. Ne abbiamo parlato con Rossella Baiocchi, responsabile marketing e comunicazione di Bama Group.
Moltissimi oggetti di uso quotidiano vengono realizzati con la plastica. Perché viene impiegato così tanto questo materiale?
Non è un caso che numerosi oggetti di uso più comune contengano o siano fatti di plastica, perché la plastica, un termine molto generico con cui indichiamo una gran varietà di materie sintetiche a base di polimeri, è la materia prima che ha permesso di costruire la maggior parte delle cose che oggi conosciamo e utilizziamo quotidianamente. Le materie plastiche sono nate proprio per evitare di usare materiali più nobili, come il legno, il metallo o il vetro e per rendere possibili realizzazioni altrimenti impensabili. Il telefono, oggetto divenuto di uso comune indispensabile per le comunicazioni, è fatto in gran parte di materie plastiche; scolpito nel legno sarebbe dieci volte più grande, più pesante ma, soprattutto, quanti alberi verrebbero abbattuti per produrre tutti i cellulari presenti sul mercato? L’uso diffuso della materia plastica è dovuto alla duttilità, alla resistenza e alla sostanziale economicità che la caratterizzano, rendendola competitiva con qualsiasi altro materiale naturale.
Avrebbe senso oggi pensare di eliminare in modo diffuso l’uso della plastica?
Eliminarla oggi sarebbe non solo impossibile, ma anche antieconomico e probabilmente antiecologico. Se provassimo a realizzare tutto quanto facciamo con la plastica usando il legno, dovremmo abbattere tutti gli alberi esistenti; se usassimo il metallo costerebbe troppo e sarebbe troppo pesante, mentre se utilizzassimo il vetro sarebbe anche fragile oltre che pesante e costoso. La plastica è, contrariamente a quanto certa comunicazione vuole indurre a pensare, un materiale molto ecologico perché permette – e per questo è nato – di evitare lo sfruttamento di risorse naturali per l’abituale produzione di oggetti di uso comune.
E cosa ci dice dell’enorme quantità di plastica presente nei mari?
La guerra alla plastica nasce proprio dalla constatazione di quanta ve ne sia nei nostri mari. Si parla di un intero continente galleggiante. In realtà le “isole” sono cinque, estese a perdita d’occhio e pericolose. Pericolose per noi e per gli animali che sempre più spesso muoiono per l’ingestione di sacchetti o pezzi più o meno grandi di plastica. Il perché tanta plastica finisca in mare merita una serena riflessione. Perché un materiale tanto durevole finisce con l’essere gettato via? Troviamo la risposta più semplice nel sacchetto della plastica che periodicamente gettiamo nell’immondizia. In quel sacchetto, destinato al riciclo e quindi a dare una nuova vita a questo materiale, non esistono beni durevoli, ma solo prodotti plastici “usa e getta”. Per dare una quantità a questo materiale, ci basterà considerare come solo in Italia vengano usate, e di conseguenza gettate, ogni anno 8,4 miliardi di bottiglie di plastica. E i sacchetti di plastica, prima del loro divieto, non erano da meno.
Cosa impedisce alla plastica prodotta di essere riciclata?
Innanzitutto, la volontà dei Paesi a strutturare un sistema di raccolta e riciclo o di stoccaggio. Si calcola che, ad oggi, due quinti della popolazione mondiale, pur avvalendosi della plastica, non disponga di alcun sistema di riciclo o stoccaggio. A questo si aggiunge l’oggettiva difficoltà di applicare i vari sistemi di riciclo ai diversi materiali plastici esistenti. Se esistesse un solo tipo di “plastica” sarebbe tutto molto più facile. Invece, i polimeri utilizzati e la loro combinazione, funzionale all’utilizzo che se ne deve fare, ha creato una gran varietà di materiali a cui si dovrebbe dedicare una procedura diversa. Si parla di Pet, Pvc, Pp, Ps e delle numerose resine impiegate per le più diverse applicazioni. Non si tratta quindi di riciclare un materiale, ma molti, spesso con caratteristiche chimico-fisiche diverse e quindi con sistemi di riciclaggio diverso. La plastica può essere riciclata, può cioè avere una seconda vita e già oggi abbiamo brillanti applicazioni negli oggetti di tutti i giorni, dal mobile del televisore alle panchine del parco, dal carrello della spesa all’imbottitura delle giacche a vento.
Alla luce di quanto detto, il problema dell’inquinamento quindi non è generato dall’esistenza delle materie plastiche ma dal loro corretto uso?
Esattamente. Le plastiche sono prodotti durevoli e resistenti, che ci permettono di ottenere le forme più diverse al minor costo, risparmiando sostanze naturali preziose. Ma proprio per queste caratteristiche appare folle utilizzarle per prodotti “usa e getta”, un concetto consumistico che arricchisce solo chi li produce: non si usa un materiale durevole per qualcosa che deve essere gettato via subito dopo l’uso. In questa giusta direzione si muove la normativa europea che prescrive l’eliminazione dei prodotti “usa e getta” come le bottiglie, le posate, i piatti o i bicchieri, salvaguardando il concetto di monouso laddove l’igiene lo impone: le siringhe e i materiali sterili usati in medicina. Ognuno può peraltro muoversi nella direzione più corretta, osservando quanto gettato normalmente nel sacchetto della plastica e comportarsi di conseguenza per la riduzione sistematica di quel tipo di rifiuto, coscienti del fatto che ciò che oggi buttiamo nel sacchetto, molto probabilmente, purtroppo, e nonostante la nostra buona volontà, può finire in mare.
Qual è la missione di Bama in ottica sostenibilità e come si traduce concretamente questo impegno?
Sosteniamo la transizione energetica e per questo abbiamo intrapreso un percorso sulle forniture di energia elettrica, in piena coerenza con i principi di sostenibilità e responsabilità ambientale, con l’obiettivo di ridurre progressivamente l’impatto delle nostre attività sull’ambiente. Nello specifico, abbiamo avviato un programma strutturato che prevede l’aumento graduale della quota di energia acquistata da fonti rinnovabili, con l’intenzione di raggiungere il 100% dei consumi energetici da fonti sostenibili. Questo impegno si inserisce in una strategia aziendale più ampia, che non solo include la gestione efficiente delle risorse naturali, ma promuove anche l’adozione di tecnologie verdi all’interno dei nostri processi produttivi. Per garantire la trasparenza e la tracciabilità dell’energia utilizzata, abbiamo scelto di aderire alla Garanzia di Origine (GO), un certificato elettronico che attesta l’origine rinnovabile dell’energia che acquistiamo. Inoltre, abbiamo realizzato e messo in funzione un impianto fotovoltaico che oggi ricopre una superfice di 25mila mq grazie all’installazione di pannelli solari certificati, risultato di una tecnologia unica che ci garantisce il massimo della potenza sempre. Coerenti con questa politica, i 2.620 pannelli installati garantiscono all’azienda un minor impatto ambientale sopperendo circa il 70% del fabbisogno energetico. Il risparmio del petrolio annuale è pari a 225 tonnellate, il risparmio annuo di kwh è pari a 1.000.000, mentre il risparmio di Co2 è pari a 530 tonnellate, l’equivalente di 26.500 alberi.
Come riuscite a sensibilizzare e a coinvolgere il consumatore finale?
Coinvolgiamo in prima persona i consumatori organizzando diverse attività a sostegno. Ad esempio, insieme a Massimo Mercantini, esperto di giardinaggio e non solo, realizziamo giornate “green”, grazie alle quali i ragazzi mettono le mani nella terra, ne odorano il profumo e piantano aromatiche, fiori e verdure che poi vedono crescere e di cui possono raccogliere e gustare i frutti. Abbiamo inoltre lanciato una nuova campagna provocatoria “Non è la plastica. Sei tu!”, un appello alla responsabilità individuale, sul fare la differenza – partendo dal singolo – con una corretta raccolta differenziata. Si parte dalle piccole cose e, passo dopo passo, possiamo salire insieme un nuovo gradino per raggiungere un obiettivo comune e un mondo sostenibile per le future generazioni. La passione, la tenacia e la grinta sono molto contagiosi e vorremmo appassionare tutti al benessere del nostro mondo.