Si profila un altro annus horribilis?

Si profila un altro annus horribilis?
Si profila un altro annus horribilis?

Si profila un altro annus horribilis?

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Fabio Massi
Il 2012 fa segnare la più ampia contrazione dal dopoguerra (-4%) dei consumi delle famiglie e il  2013 si stima faccia segnare un ulteriore - 1,3%. Dopo sei anni di crisi,  i consumi degli italiani torneranno in media indietro di ben 17 anni: ai livelli del 1996. Rimarranno in grande difficoltà gli alimentari (la spesa deflazionata pro capite più bassa dagli anni ’60), l’auto (valori tornati al 1974), l’abbigliamento (1984). In arretramento anche i viaggi (1994) e la ristorazione (1999).

A causa del forte aumento dei prezzi non cambia invece significativamente la spesa per carburanti, utenze, mutui e affitti. Inattesa vitalità delle vendite della grande distribuzione sotto l’albero: dopo mesi di gelata dei consumi e di un inizio dicembre molto difficile, le famiglie hanno concentrato gli acquisti di cibo e regali in iper e discount nell’ultimissimo scorcio d’anno (+5% nelle ultime 2 settimane).

Questi i dati e le previsioni di Coop, la prima catena della grande distribuzione in Italia all’indomani delle festività,  desumibili dal Rapporto Coop “Consumi e distribuzione”, redatto in collaborazione con Ref Ricerche e Nielsen.

Francamente tanto buon umore natalizio non è per nulla condivisibile. Altre fonti, come Confcommercio, anzi sottolineano l’aumento della percentuale di coloro che non hanno fatto gli acquisti per i regali (dall’11,8% del 2011 al 13,7%). La maggior parte di chi ha comprato ha badato al risparmio, utilizzando il canale Internet (+15%) che ha garantito per tutto il mese di dicembre consegne gratuite e tagli di prezzo nell’ordine del 20-30%. Altrettanto deludenti i primi segnali che arrivano sui saldi invernali dalle grandi città. La stessa Confcommercio pronostica un taglio secco dell’8% rispetto allo scorso anno.

Il fatto è che il sentiment delle famiglie resta lugubre. Per il 48% la situazione economica è destinata a peggiorare nel 2013, per il 42% cento rimarrà la stessa mentre per appena il 10% migliorerà. Questo secondo l’analisi Coldiretti/Swg sulle prospettive economiche nel 2013.

L’ottimismo degli analisti economici con la discesa dello spread non sembra trovare riscontro nelle famiglie, che nel 51% dei casi dichiarano già adesso di riuscire a pagare appena le spese senza potersi permettere ulteriori lussi, mentre una quota dell’8% non ha un reddito sufficiente nemmeno per l’indispensabile.

Sul podio delle rinunce insieme ai vestiti si collocano anche i viaggi e le vacanze, che sono stati ridotti o annullati dal 51% degli italiani e la frequentazione di bar, discoteche o ristoranti nel tempo libero, dei quali ha fatto a meno ben il 48%.

Cia, confederazione italiana agricoltori, ribadisce che davanti alle difficoltà economiche e agli aumenti di tariffe e bollette, gli italiani hanno dovuto necessariamente “tagliare” e in molti casi la scelta è caduta anche su cibo e bevande. E i consumi hanno continuato a segnare il passo.    Le famiglie, insomma, sono costrette a mantenere “condotte” d’acquisto orientate alla prudenza e al massimo risparmio. Anche perché la pressione fiscale in un anno è salita al 44,7% (e nel 2013 è destinata a superare il 45%) e il potere d’acquisto si è, invece, ridotto ulteriormente.

Se il morso dell’inflazione si è un po’ ridotto verso fine anno, come sottolineato dalle ultime rilevazioni Istat, il 2012 si chiude comunque con un rincaro del carrello della spesa del 4,3%, dal 3,5% del 2011. Male anche sul versante del Pil, dove gli istituti di credito internazionali pronosticano una chiusura del 2013 sul -1,15%, in presenza di una disoccupazione giovanile che ha sfondato il tetto dei 35 punti e di una adulta che viaggia intorno all’11%.

Unica nota positiva viene dal commercio estero dove i prodotti agroalimentari italiani nel 2012 hanno raggiunto un record, superando quota 31 miliardi di euro. La maggior parte delle esportazioni interessa i Paesi dell’Unione Europea per un valore stimato di 23,3 miliardi (+3%) ma il Made in Italy cresce anche negli Stati Uniti con 2,6 miliardi (+10%) e nei mercati asiatici dove si è avuto l’incremento maggiore, con un +21.

Eppure alcune grandi banche d’affari, come Goldman Sachs, pronosticano una ripresa verso la fine di quest’anno, dovuta al surplus del settore privato rispetto al pubblico. L’analisi, alla quale ha aderito a fine dicembre anche Bankitalia, è quanto mai strampalata, in quanto non si vede come un privato, sia esso imprenditore o cittadino, fiaccato da tasse sempre più occhiute e capillari possa mai accumulare un surplus.

Una spallata potrebbe venire dall’insediarsi del prossimo esecutivo e dalle imminenti elezioni politiche, ma certamente i nuovi governanti non potranno fare un miracolo dall’oggi al domani, nonostante gli annunci smargiassi e tracotanti con cui molti dei nostri politici, tranquillamente al calduccio con i propri compensi a cinque zeri, hanno ritenuto di condire questo amaro Natale.
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