Le eccellenze dell’alimentare italiano continuano a essere apprezzate all’estero. Lo conferma Unione Italiana Food che, in occasione della seconda Giornata Nazionale del made in Italy ha reso noti i dati dell’export 2024 dei settori rappresentati dall’Associazione, che hanno registrato risultati rilevanti, sfiorando i 23 miliardi di euro, con una crescita superiore all'11% in valore. Un contributo significativo tenendo conto che nel gennaio/dicembre 2024 il settore alimentare ha esportato beni per circa 57 miliardi di euro, di cui 23, pari a oltre il 40%, sono delle aziende dei settori Unione Italiana Food. Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Spagna e Polonia, attratti dalla qualità e autenticità della tradizione gastronomica italiana, si confermano i principali mercati di destinazione.
Nel dettaglio, il 2024 ha visto brillare soprattutto l'export di: pasta (+4,8%, per un valore di 4,02 miliardi di euro); caffè (+ 8,9%, per un valore di 2,66 miliardi di euro); prodotti da forno (+13,3%, per un valore di 4,3 miliardi di euro); cacao e cioccolato (+17,2% per un valore di 2,88 miliardi di euro).
Ma performance brillanti si sono registrate anche per altri comparti: brodi, minestre, salse e sughi (+13,4%), cereali da prima colazione (+18,4%), chips e snack (+44,6%), confetteria (+20,5%), gelati (+10,8%) e integratori (+12,4%).
Dazi Usa: “necessario dialogo per proteggere l'export”
Sul futuro del made in Italy pesa l’incertezza determinata dalle misure daziarie stabilite dall’amministrazione americana, nonostante la sospensione di 90 giorni annunciata nelle ultime ore per i dazi “reciproci”, che comunque tiene fermo il dazio aggiuntivo di base del 10% fino alla scadenza del termine dei 90 giorni.
L’Associazione confida non solo nell’azione diplomatica dell’Ue per una positiva composizione della vicenda, ma anche nel ruolo incisivo della premier per scongiurare contromisure Ue che potrebbero rivelarsi per le imprese tanto dannose quanto le misure stesse.
La preoccupazione maggiore è quella legata alle variazioni dei mercati finanziari mondiali che rischia di travasarsi sull’economia reale, imprese e consumatori, rallentando i consumi a livello globale, in un contesto in cui il nostro mercato interno ha iniziato a flettere da inizio anno.