Oltre il 25% dei prodotti alimentari venduti nella Gdo esibisce la propria italianità in etichetta: lo dice la terza edizione dell’Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy.

Dietro questi numeri non ci sono solo le norme che hanno introdotto l'indicazione obbligatoria dell'origine della materia prima per diversi cibi – tra gli ultimi le conserve di pomodoro, per cui l’obbligo entra in vigore lunedì 27 agosto 2018 –, ma anche i valori di rassicurazione, di qualità e di gusto che gli italiani riconoscono al made in Italy, nonché le scelte delle aziende di produzione, di enfatizzare questi aspetti sulle confezioni, per comunicarli in modo molto esplicito ai consumatori.

Sui 60.600 prodotti alimentari di largo consumo analizzati dalla ricerca è emerso che oltre 15.300 rivendicano la propria appartenenza nazionale e che, nel corso del 2017, le vendite sono cresciute del 4,5%, a un tasso quasi doppio rispetto al +2,3% del 2016.

Nel 2017 i beni che richiamano l’italianità in etichetta hanno generato oltre 6,3 miliardi di euro di fatturato alle casse, circa 274 milioni di euro più del 2016, un gap dovuto soprattutto alle vendite senza promozioni di molte novità.

L’Osservatorio nota che l'elemento più utilizzato è la bandiera tricolore, che svetta sul 14,3% dei prodotti: questa parte ha generato il 13,8% del giro d’affari totale dell’alimentare confezionato acquistato in Italia nel 2017. Rispetto all’anno precedente si registra una forbice del +4,9%, contro il +3,1% del 2015-2016.

Nella classifica dei trend di crescita – ed escludendo le indicazioni geografiche europee – in posizione di testa si piazza il claim “100% italiano”, che nel 2017 ha fatto un balzo del +7,8% sul 2016, grazie soprattutto a formaggi (in particolare mozzarelle e crescenze), avicunicoli e latte.

A presentarsi in etichetta come “100% italiano” sono 5,2 prodotti alimentari su 100 e le loro vendite raggiungono una quota del 7,4% del totale alimentare.

In chiaroscuro il claim “Prodotto in Italia”, con risultati che hanno cambiato direzione nel corso del 2017, passando da un'iniziale crescita a un finale in zona negativa, chiudendo l’anno con un -0,4 per cento.

Il 5% circa dei 60.600 prodotti riporta una delle quattro indicazioni geografiche riconosciute e tutelate dalla UE. Un mondo di alimenti e bevande tipici che continua a mietere successi, visto che tutti questi beni hanno archiviato l’anno con trend ampiamente positivi: Dop e Doc vanno decisamente più veloci (rispettivamente +6,9% e +8,1%), trainati dai formaggi per la Dop e dai vini e spumanti per la Doc.

Continua l’espansione di Igp e Docg, con andamenti ottimi (rispettivamente +7,8% e +8,7%), ma più contenuti rispetto al 2016. Il “motore” sono i salumi Igp e i vini e gli spumanti Docg.

Anche nella terza edizione l’Osservatorio Immagino ha misurato la presenza delle regioni italiane sulle etichette. Ne è emerso che sono circa 2.000 quelli che specificano quest’area locale di provenienza, pari a circa il 3,3% del totale delle proposte a scaffale.

Il numero dei prodotti è sostanzialmente stabile ma il giro d’affari è in crescita per tutte le 7 regioni più presenti sulla confezione. La più evidenziata resta il Trentino-Alto Adige, seguita da Piemonte, Toscana, Sicilia, Lombardia, Puglia e Campania.

Il Trentino-Alto Adige si conferma, in altre parole, la più valorizzata sui packaging alimentari, sia per numero di prodotti (672, circa l’1,1% del totale) sia per ricavi (241 milioni di euro, con un’incidenza dello 0,9%), in crescita annua del 4,8 per cento. Ma è la Puglia che ha messo a segno il dato più importante, registrando, alla vendita, un +17,7%, seguita da Toscana (+13,9%) e Piemonte (+11,6%).