Sei padiglioni per 33.000 metri quadrati, oltre 1.000 espositori, presenze da cinque Continenti (1 su 5 arriva dall’estero in rappresentanza di 30 Stati), oltre 350 buyer mondiali, 53 eventi tra workshop e meeting, 6.000 pernottamenti gestiti dalla fiera: queste le cifre chiave del 32° Macfrut, che si apre a Rimini, mercoledì 23 settembre.

Questa tre giorni è molto più grande e importante della precedente, che aveva a disposizione 20.000 mq e che ha contato 800 aziende espositrici.

Tutto questo in un settore cardine dell’economia italiana, con l’ortofrutta che rappresenta la seconda voce dell’export agroalimentare, con 4,1 miliardi di euro (meglio fa solo il vino).

A preoccupare sono però i consumi interni. Ismea, nel report congiunturale sugli acquisti, rilasciato lo scorso 16 settembre, evidenzia, tra il 2011 ed il 2014, una spesa per gli acquisti retail di ortofrutticoli freschi che si è ridotta del 2,2%, mentre i volumi sono diminuiti del 4,8.

La flessione in volume è stata più severa per frutta e agrumi (-6,7%) rispetto a ortaggi e patate (-2,5%). Di contro, alcuni aggregati hanno registrato un incremento degli acquisti: banane e frutta tropicale (+6,1%) e frutta in guscio (+2,3%). Anche altre specie di frutta hanno mostrato un trend opposto rispetto a quello dell’aggregato di appartenenza, come albicocche (+5,2%) e fragole (+11,3%).

Per quanto concerne la ripartizione degli acquisti, nel 2014 frutta e agrumi hanno rappresentato il 55,5% in volume di ortofrutticoli freschi, mentre ortaggi e patate il restante 44,5%.

Nel primo semestre 2015 il carrello degli ortofrutticoli freschi è diminuito del 3% rispetto al 2014, ma l’aumento generalizzato dei listini ha determinato un incremento della spesa complessiva dell’1,9%.

Le maggiori riduzioni dei quantitativi hanno riguardato agrumi (-6,8%), ortaggi (-4,6%), banane e frutta tropicale (-5,0%) e patate (-0,5%). Fra gli ortaggi, le flessioni più consistenti sono state registrate da zucchine, peperoni, pomodori e melanzane.

Di contro, sono aumentati in volume la frutta (+0,7%), la frutta in guscio (+11%) e i frutti di bosco (+15,4%). Tra le principali specie frutticole sono cresciuti soprattutto gli acquisti di mele, meloni, kiwi e ciliegie.

Spingendo l’analisi più a fondo, e considerando un arco di tempo molto lungo, si scopre che la contrazione della domanda è strutturale.

“Il progressivo calo dei consumi di frutta e verdura in Italia è un fenomeno in atto da oltre 10 anni – scrive Silvia Zucconi, coordinatrice area agroalimentare di Nomisma - e non può essere ricondotto esclusivamente all'effetto che la crisi ha avuto nella riconfigurazione del carrello della spesa degli italiani.

“I numeri parlano chiaro: dal 2000 a oggi – prosegue Nomisma - gli italiani hanno rinunciato a consumare quasi 1,7 milioni di tonnellate di frutta e verdura (-18% per cento). In termini pro capite significa che si sono persi per strada 17 chili, in media 1,5 kg in meno ogni anno, con un trend costante, sia prima che dopo il 2008, anno apicale della crisi.

“La fotografia relativa al 2014, che emerge dai dati elaborati da Nomisma, fa suonare un ulteriore campanello d'allarme: i consumi annui di prodotti ortofrutticoli freschi si sono fermati a 130,6 kg, che equivalgono a non più di 360 grammi al giorno, mentre nel 2000 le quantità consumate ogni giorno erano superiori ai 400 grammi”.

Come uscirne? Nomisma consiglia soprattutto di fare leva su una migliore educazione alimentare delle giovani generazioni, avvalendosi anche di intese con il sistema scolastico. Altri alleati possono essere i media, specialmente grazie al proliferare delle trasmissioni dedicate al cibo e alla cucina.