Un Paese sempre più solidale e sensibile verso gli animali anche in fatto di dieta. Lo sottolinea il ‘Rapporto Italia’ di Eurispes, recentemente presentato a Roma. Il documento fotografa l’aumento dei vegani che salgono al 3% dall’1% dello scorso anno. E così oggi coloro che adottano questa scelta sono 1,8 milioni. “Un dato importante, ma non è una sorpresa: i segnali, infatti, sono evidenti, basta considerare l’aumentata offerta di prodotti vegani nella grande distribuzione, segno di un’accresciuta domanda e di un’opportunità di sviluppo per le imprese del food”, sottolinea la Lega Antivivisezione (Lav). Tant’è vero che il vegan food è entrato per la prima volta, il 3 febbraio, nel paniere Istat 2017, un fatto che ne consacra la rilevanza economica.

Il 7,6% del campione sondato da Eurispes segue un’alimentazione vegetariana o vegana. In particolare, il 4,6% degli intervistati si dichiara vegetariano (-2,5% rispetto al 2016). Il punto nuovo è rappresentato dalla diminuzione dei vegetariani (che scelgono semplicemente di non consumare carne e pesce) a favore dei vegani, che decidono di non consumare alcun tipo di alimento di origine animale, come latte, formaggi, uova e che ovviamente, come i più moderati vegetariani, perseguono lo stesso obiettivo nel non alimentare: dunque, per esempio, no alle scarpe e agli accessori in pelle e cuoio.

Rispetto alla motivazione il 31,7% del campione ha scelto di alimentarsi senza carne per rispetto degli animali, il 12% è mosso da ragioni di tutela ambientale e il 47,6% dei vegetariani/vegani ha preso questa decisione ritenendo più benefiche le proteine veg rispetto a quelle animali.

La conferma di questa tendenza arriva dal primo osservatorio sul settore, nato in collaborazione tra Veganok Network, che da oltre 15 anni si occupa del mondo vegan e della relativa certificazione europea, e la ricercatrice Paola Cane, specialista in analisi di mercato di alto profilo, che guida il progetto.

L’Osservatorio quantifica nel 2,6% le persone che si dichiarano vegane in Italia, di cui il 59% donne e il 41% uomini. Una fascia di oltre un milione e mezzo di consumatori – il dato è inferiore a quello del Censis perché non comprende i vegetariani -, che vengono profilati dal punto di vista del marketing e analizzati tramite le variabili sociodemografiche e geografiche.

Interessante rilevare come, a fronte di consumi calanti per molte grandi panieri del food, il carrello vegano sia - secondo i dati di Mia Solution - in crescita a doppia cifra: +37% per le zuppe, +21,7% per i sostituti della carne, +19% per i latti vegetali.

“Dalle prime evidenze – spiegano i responsabili di Veganok - si ha conferma di una popolazione consapevole e che, quando compera, vuole conoscere gli ingredienti di quello che acquista. Perché ambisce alla qualità e al valore del cruelty free. Persone virtuose che desiderano vivere in modo armonico, difendendo scelte di rispetto, non solo nei confronti dei propri simili, ma anche di tutte le specie animali e del Pianeta.

“I cittadini vegani, inoltre, non amano gli sprechi perché impattano sull’ambiente, ma hanno comunque stili di vita normali e quindi si nutrono, si vestono, lavorano con le tecnologie e acquistano in varia misura prodotti confezionati e di largo consumo, privilegiando quelli più vicini alle proprie necessità”.

Ma quanto spende ogni anno la comunità vegana? Un’elaborazione di Coldiretti su dati di Nielsen e Coop Italia quantifica il giro d’affari 2016 del solo alimentare, compresi i prodotti vegetariani, in 357 milioni di euro per il canale Gdo, in crescita del 18% sull’anno precedente. In sostanza ogni veg di questo Paese metterebbe nel carrello circa 200 euro l’anno di prodotti coerenti con la propria filosofia, un dato relativamente basso, ma che si spiega con il fatto che molti beni di largo consumo, dal sale, allo zucchero, all’olio, all’ortofrutta, son già conformi a logiche che non prevedono l’utilizzo di materie prime animali.

Altro fatto interessante è che la comunità scientifica sembra arrivata a un primo equilibrio, giustamente molto prudenziale, sulla delicatissima questione dell’alimentazione vegana per i bambini piccoli e piccolissimi.

‘La Stampa’ del 16 novembre scorso riporta, fra gli altri, il parere, ampiamente condiviso, di Annunziata Di Palma, Primario del reparto di Pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento: «La mancanza di vitamina B12 – ha avvertito Di Palma - è il danno più serio, perché coinvolge lo sviluppo del cervello provocando alterazioni neurologiche, fino all’atrofia cerebrale diffusa. Inoltre, le carenze di calcio che possono osservarsi in chi segue una dieta vegana portano al rachitismo, malattia che era scomparsa e che ora, proprio per il fenomeno delle diete incontrollate, ricompare nella nostra società. C’è la possibilità – continua Di Palma - che un bambino possa assumere una dieta vegana senza rischi per la salute, ma non può essere una dieta fai da te, bensì gestita da esperti, soprattutto nei primi anni di vita, che conoscono quali tipo di nutrienti devono essere supplementati. C’è anche un altro problema: la madre vegana che allatta un bambino deve essere supplementata in modo maggiore di quanto non faccia in altri momenti della vita». Insomma, chi vuol esser vegan sia...ma senza integralismi e con le debite cautele.